Banda larga, venerdi prossimo il Consiglio dei Ministri dovrebbe varare il Piano nazionale. Il nostro paese, che ha accumulato su questo tema un ritardo spaventoso, difficilmente però si avvicinerà agli obiettivi prefissati dall’Agenda digitale europea che vorrebbe, entro il 2020, l’intera popolazione nazionale coperta al 100% dalla banda larga con un collegamento a 30 mega e il 50% della popolazione coperta dal collegamento a 100 mega.

Come dimostra l’infografica, qui al lato il nostro paese è l’ultimo della classe in Europa.
Da oggi sino al 2020 sul capitolo banda larga ci sono a disposizione in totale 8,4 miliardi di euro, di questi 2 sono messi a disposizione dagli operatori ; 2,4 miliardi di euro sono fondi comunitari Fesr e Feasr; 4 miliardi sono fondi di coesione messi a disposizione dal governo. A questo si aggiungono gli aiuti fiscali previsti dallo Sblocca Italia, un credito di imposta fino al 50% degli investimenti fatti dagli operatori.
Queste facilitazioni fiscali escluderanno il cluster A, vale a dire la zona dove è economicamente conveniente investire, per un ritorno economico certo. Gli operatori infatti non sono convinti che investire in banda larga sia conveniente, i tempi di rientro degli investimenti sono incerti e i costi sono alti. Dopo il cluster A, sono previsti altri tre cluster: il cluster B con 1120 comuni definiti ad attrattività variabile, il cluster C dove investire è conveniente solo con aiuto pubblico e l’ultimo gruppo, quello D dove il fallimento del mercato è assicurato.