C’è già un effetto Trump nella Nato e sono le discussioni in corso per spendere almeno il 3% del Pil. È il Financial Times a rivelarci in esclusiva i colloqui confidenziali in corso tra i corridoi dell’Alleanza per andare ben oltre il target già fissato del 2%.
CHI SPENDE E QUANTO
I colloqui avvengono sullo sfondo di un quadro frastagliato dove, secondo i dati forniti dalla stessa Nato, abbiamo da un lato una maggioranza di membri che già oggi supera il 2% o addirittura il 3% (Polonia, Estonia, Lettonia, Grecia e Stati Uniti) e, dall’altro nove membri che ancora non raggiungono quella soglia.
COSA SI STA DECIDENDO
Secondo le fonti del Ft la discussione è stata avviata alla ministeriale Nato della settimana scorsa, ed è ancora in una fase del tutto preliminare.
Ma, a quanto pare, c’è chi propone un processo a due step, un primo che porterebbe la spesa di tutti i membri al 2,5% nel breve termine, e un secondo che la porterebbe al 3% entro il 2030.
La decisione verrebbe ratificata al prossimo summit Nato in programma nel 2025 in Olanda.
RUTTE SPINGE
Il nuovo Segretario Generale dell’Alleanza Marc Rutte sta esercitando le dovute pressioni.
Lo confermano le parole affidate precedentemente allo stesso Ft in cui ammette le discussioni sul nuovo target sottolineando che sarà “molto” più alto del 2%.
Rutte spera proprio di raggiungere questo obiettivo al summit dell’Aia malgrado le pressioni fiscali che in Europa stanno mettendo in difficoltà vari governi tra cui quello tedesco e quello francese.
È un concetto che ha ribadito anche ieri parlando in un evento a Bruxelles, in cui l’ex primo ministro olandese, con riferimento all’attuale target del 2%, ha detto che “molto di più” è necessario mentre le minacce si addensano all’orizzonte.
CONFERME TEDESCHE
Un funzionario tedesco ammette al Financial Times che stavolta si fa sul serio, ricordando che il suo Paese per la prima volta quest’anno ha raggiunto il target del 2%.
A detta dello stesso funzionario, chiudere il summit dell’anno prossimo con una intesa sul 3% sarebbe “un buon segnale per gli Usa e per Trump”.
LA GRAN BRETAGNA VERSO IL 2,5%
La Gran Bretagna è uno di quei Paesi che spende mediamente di più ma che avrebbe difficoltà ad aumentare gli investimenti. Attualmente Londra spende 60 miliardi di sterline pari al 2,3%. E il primo ministro Keir Starmer si è già impegnato a raggiungere il 2,5%.
E L’ITALIA?
Tra i Paesi messi peggio di tutti c’è l’Italia con il suo 1,49% che la pone al fanalino di coda della classifica Nato in compagnia di Canada, Belgio, Lussemburgo, Slovenia e Spagna.
Malgrado la promessa di Giorgia Meloni di raggiungere il fatidico target del 2% nel 2028, i piani di risanamento concordati con l’Ue mettono a serio rischio questo obiettivo.
LA POSIZIONE DI CROSETTO
Parlando col Foglio, il ministro della Difesa Crosetto, notoriamente favorevole all’incremento delle spese per la Nato come per l’intero comparto difesa, ha sostenuto la necessità di due “battaglie trasversali” da combattere dentro l’Europa.
La prima e più nota è quella che dovrebbe portare allo scorporo delle spese per la difesa dal Patto di Stabilità, nella convinzione che l’aumento della spesa militare può spingere la Commissione Ue ad evitare di aprire una procedura di infrazione per deficit eccessivo.
Il secondo punto dovrebbe riguardare invece la creazione di un meccanismo europeo di garantire tassi più bassi per tutti i Paesi che usano il debito pubblico per aumentare le spese militari.
L’IDEA DI GUERINI
Anche l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini condivide le due idee del suo successore, ma fa un passo in più invocando qualcosa che l’attuale esecutivo ritiene nocivo ossia gli Eurobond per la Difesa. In pratica l’Europa crea debito comune per investirlo nella Difesa.