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F-35, il Pentagono può limitare l’utilizzo dei jet europei?

Secondo Christophe Gomart, ex capo dell’intelligence francese, i jet F-35 sono dotati di "un sistema di blocco che impedirebbe il volo se il piano di volo non fosse approvato dal Pentagono". È veramente così? Il parere di Dottori (Limes) e Panero (Cesi)

Gli F-35 europei potrebbero non volare senza il permesso del Pentagono statunitense.

È quanto ha denunciato di recente l’eurodeputato francese Christophe Gomart, già capo dell’intelligence francese (DRM, Direction du Renseignement Militaire) in un’intervista al quotidiano Le Point. Secondo l’ex militare, la capacità operativa dei caccia europei F-35 dipende in larga parte dall’approvazione del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

Nonostante l’acquisto dei jet prodotti da Lockheed Martin da parte dei paesi europei (tra cui l’Italia), la loro operatività non è completamente autonoma. Gli Stati Uniti manterrebbero quindi il controllo su vari aspetti cruciali, tra cui l’accesso al software, la logistica e la manutenzione, ponendo le forze armate alleate sotto la potenziale influenza geopolitica di Washington.

Va da sé che in questo caso l’indipendenza operativa degli Stati del Vecchio Continente, partner del programma Jsf F-35, risulta limitata.

Ma è fatto noto e risaputo? “Certo che è noto”, ha commentato con Startmag il professore Germano Dottori, consigliere scientifico di Limes.

D’altronde, come spiega a Startmag l’analista Emmanuele Panero, responsabile del Desk Difesa e Sicurezza del CeSI, “l’acquisizione di sistemi d’arma da un qualsiasi Paese terzo, benché a seguito di un programma congiunto come quello del Joint Strike Fighter F-35 di Lockheed Martin, implica tipicamente che lo stesso mantenga un cosiddetto capacity edge, ma questo non stravolge l’operatività della piattaforma”.

Tutti i dettagli.

LA TESI DELL’EX DIRETTORE DELLA DRM FRANCESE

Secondo Christophe Gomart, ex capo dell’intelligence militare francese ed eurodeputato del Partito Popolare Europeo (Ppe), i paesi dotati di tecnologia militare statunitense non possono utilizzarla senza il permesso di Washington. Ciò vale in particolare per gli aerei F-35 acquistati o ordinati da Germania, Belgio, Polonia, Danimarca e altri paesi europei come l’Italia. Proprio il nostro paese comprerà altri 25 caccia multiruolo F-35: da 90 velivoli si passa così a 115 per una spesa aggiuntiva di 7 miliardi di euro. Inoltre, la struttura gestita da Leonardo a Cameri è l’unico sito di assemblaggio e checkout finale per gli F-35 in Europa. Si tratta di un sito tri-funzionale (produzione delle ali, assemblaggio velivoli – Final Assembly and Check out e MRO&U) dove si effettuano le attività di manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento degli F-35 della regione euro-mediterranea

E per spiegare la rilevanza della questione, Gomart riporta un’ipotesi pratica: «Se gli Stati Uniti attaccassero la Groenlandia, nessun Paese europeo potrebbe far decollare i suoi F-35 per difenderla, perché questi jet sono dotati di un sistema di blocco che impedirebbe il volo se il piano di volo non fosse approvato dal Pentagono».

Dunque uno scenario critico dal momento che gli F-35 europei non potrebbero operare senza il consenso del Pentagono.

IL PRECEDENTE DEL 2014

In questo contesto, l’ex ufficiale militare ha ricordato un incidente avvenuto nel 2014, quando gli Stati Uniti vietarono agli aerei F-16 egiziani di effettuare attacchi in Libia. Ciò ha spinto l’Egitto a passare ai caccia francesi Rafale, poiché non sono soggetti a tali restrizioni.

VINCOLO PER GARANTIRE INTEROPERABILITÀ

Secondo l’europarlamentare francese, «il vincolo si giustifica con la necessità di garantire l’interoperabilità delle forze armate» appartenenti alla Nato, «ma si tratta di un pretesto». L’obiettivo è di «permettere agli Stati Uniti di mantenere il controllo» ha spiegato al Sole 24 Ore.

Pertanto, ne scaturisce l’importanza di una difesa tecnologicamente indipendente.

GLI STATI UNITI POSSONO SPEGNERE I JET DA REMOTO?

“Secondo alcune indicazioni raccolte in Italia, tra addetti ai lavori e piloti, l’ipotesi che gli Stati Uniti decidano di lasciare a terra gli F-35 europei è possibile sulla carta, in quanto effettivamente gli americani hanno accesso ai codici software originali e, soprattutto, agli aggiornamenti del velivolo di quinta generazione ma, in concreto, di difficilissima realizzazione: una simile mossa, è facile prevedere, avrebbe delle ripercussioni sostanziali sul piano della sicurezza e nei rapporti tra alleati” scrive oggi il Sole 24 Ore.

Uno dei punti focali è l’Operational Data Integrated Network (Odin) del cacciabombardiere basato sul cloud, controllato dagli Stati Uniti. Senza aggiornamenti regolari da parte di questo sistema, le prestazioni dei jet europei F-35 potrebbero essere compromesse o addirittura perdere la loro capacità operativa.

L’ANALISI DI GERMANO DOTTORI

Dunque è risaputo che l’F35 può essere bloccato da remoto se usato per finalità non condivise dagli Stati Uniti?

“Certo che è noto. Ed è stato alla base dell’opposizione ‘di destra’ all’acquisto del caccia di quinta generazione americano”, fa notare a Startmag il professor Dottori. “Particolarmente attivo sul punto fu Gianandrea Gaiani, che ne scrisse molto. D’altra parte, chi invece era favorevole all’acquisto, come me, insisteva piuttosto sull’opportunità che la nostra aeronautica militare avesse il velivolo più performante. L’F35A ha provato di esserlo. Ed anche il B si è rivelato essenziale per la nostra Marina, che ne prevede l’imbarco sul Cavour e sul Trieste”, prosegue Dottori.

“In ogni caso, sembrava improbabile che l’Italia intraprendesse iniziative militari di maggiori proporzioni al di fuori di una concertazione con gli Stati Uniti. La situazione non pare essere cambiata. Dovremo fare di più nei casi in cui l’America preferisca rimanere defilata. Ma certamente in accordo con gli Stati Uniti, non contro”, conclude il consigliere scientifico di Limes.

IL COMMENTO DELL’ESPERTO DEL CESI

L’autonomia strategica dei paesi europei che operano gli F-35 è quindi a rischio?

“L’acquisizione di sistemi d’arma da un qualsiasi Paese terzo, benché a seguito di un programma congiunto come quello del Joint Strike Fighter F-35 di Lockheed Martin, implica tipicamente che lo stesso mantenga un cosiddetto capacity edge, ma questo non stravolge l’operatività della piattaforma. Nel dettaglio, quello che può variare sono i mode, ossia limitate differenze prestazionali nel radar e nella suite elettronica di bordo ovvero nella manovrabilità del velivolo, che garantiscono una superiorità capacitiva rispetto ai partner a cui l’assetto viene fornito, ma senza inficiarne le caratteristiche essenziali”, spiega a Startmag l’analista Emmanuele Panero del CeSI.

Pertanto “l’F-35 è un aereo estremamente avanzato, senza eguali in ambito euro-atlantico, e non solo, che rappresenta una scelta acquisitiva senza alternative, in considerazione del fatto che l’industria europea della difesa non ha sviluppato in autonomia una piattaforma di Quinta Generazione, come è ora divisa per un programma su un futuro velivolo di Sesta”, conclude Panero.

Si ricorda infatti che per il sistema di combattimento aereo di sesta generazione l’industria europea si sta dividendo, al momento, in due programmi: Global Combat Air Programme (Gcap) guidato dal Regno Unito, Italia e Giappone e il Future Combat Air System (Fcas), di Germania, Francia e Spagna.

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