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Tutte le novità nel disegno di legge di Bilancio per la Difesa

Le prime indicazioni per la Difesa dal Disegno di legge di Bilancio per il 2025, il solito bilancio in chiaroscuro. L'articolo di Giovanni Martinelli

Il nostro Paese ha una lunga (e poco onorevole) tradizione in termini di scarsa attenzione ai temi legati alla Difesa. E onestamente parlando, nonostante gli autentici sconvolgimenti che stiamo vivendo in questa fase storica e che pure ci riguardano da vicino (dall’invasione Russa dell’Ucraina al conflitto in Medio Oriente), questa tradizione non è stata granché scalfita.

Uno degli aspetti più evidenti di tale situazione è rappresentato dall’impegno di aumentare le spese militari fino al 2% del Pil; impegno come noto liberamente assunto con la Nato nel 2014 e che, al di là del “vincolo esterno”, dovrebbe comunque diventare un qualcosa di prioritario per qualsiasi Governo al fine di garantire un adeguato livello di difesa (e perché no, anche di deterrenza) al Paese stesso. Sennonché, come noto, proprio questo tema si è ormai trasformato in una sorta di simbolo della inadeguatezza dell’Italia di fronte a un mondo che cambia.

Il nostro Paese è infatti uno dei pochi tra quelli che fanno parte dell’Alleanza Atlantica a non rispettare il parametro del 2% e a non avere comunque una qualche traiettoria di crescita reale del proprio bilancio della Difesa; traiettoria a sua volta associata a un crono-programma credibile che indichi un dato momento futuro nel quale raggiungeremo quell’obbiettivo.

In questo quadro si inseriscono così le prime analisi sul Disegno di Legge di Bilancio 2025-2027 appena approdato in Parlamento; analisi che non lasciano intendere la presenza di passi avanti concreti.

COSA C’È NEL DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO 2025-2027 PER IL COMPARTO DIFESA

Una cosa è certa, per il comparto Difesa ci sono poche novità; alcune positive, altre negative.

Cominciamo da queste ultime, rappresentate in particolare dalla decisione di prorogare l’operazione “Strade Sicure” (e la sua costola “Stazioni Sicure”) fino al 31 dicembre 2027 con l’attuale contingente di 6.800 militari e una spesa di quasi 240 milioni di € annui. Una scelta che, detto senza mezzi termini, appare particolarmente grave; di fatto, anche per i prossimi 3 anni, ben 6.800 militari dell’Esercito saranno sottratti al pieno svolgimento dei loro compiti principali per essere “sprecati” in altri che invece non competono loro.

Concetto tutt’altro che soggettivo, dato che lo stesso Ministro della Difesa con riferimento a questa operazione aveva parlato di «un lusso che oggi, soprattutto alla luce dell’attuale contesto internazionale, l’Italia non può più permettersi». Mentre solo pochi mesi fa, il Capo di  Stato Maggiore dell’Esercito in Parlamento preannunciava una riflessione al fine di valutare «la sostenibilità dell’attuale impegno nell’operazione, affinché non rischi di compromettere l’operatività dello strumento militare nel suo complesso in relazione ai crescenti compiti connessi con le ulteriori missioni della Difesa». Una formula “soft” che non riesce però a nascondere la verità: “Strade Sicure” andrebbe terminata perché dannosa per le Forze Armate.

Piuttosto ricco poi il capitolo dei rifinanziamenti decisi con il Disegno di Legge di Bilancio. Si parte con quello tradizionale (iscritto peraltro nel bilancio del Ministero dell’Economia e delle Finanze) destinato al finanziamento delle missioni militari all’estero e grazie al quale le risorse disponibili per il 2025 arrivano a 1.345 milioni di €. Un calo deciso rispetto ai 1.570 milioni stanziati per il corrente anno, e tale da far ipotizzare l’esigenza di rivedere i nostri impegni internazionali.

Sempre in tema di rifinanziamenti, si segnalano 7,7 milioni annui per i prossimi 3 anni destinati al “Nato Innovation fund” e, soprattutto,  quelli per il “Fondo per la realizzazione di programmi di investimento pluriennale per esigenze di difesa nazionale” del Ministero della Difesa e per gli “Interventi in materia di Difesa nazionale” del Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy). Nel primo caso si tratta di 22,5 miliardi di € totali fino al 2039 e nel secondo di 12,6 miliardi sempre fino al 2039.

LA FUNZIONE DIFESA

Per l’ottavo anno consecutivo, la Funzione Difesa (cioè quanto arriva esattamente alle Forze Armate, depurato di voci accessorie) registra un segno “più”; e se nei primi 2 anni di questa sequenza gli aumenti sono stati modesti, dal 2020 tale crescita è stata ben più sensibile. In questo senso, anche il 2025 non farà eccezione dato che si stima che essa raggiungerà i 22.870 milioni di € circa; ovvero oltre 2 miliardi più rispetto a quest’anno (e quasi 10 in più rispetto ai picchi negativi di meno di un decennio fa). Un aumento dunque importante, il cui potere d’acquisto sarà poi salvaguardato dal raffreddamento di quella inflazione che invece in anni recenti avevano prodotto dei danni seri, erodendo il valore dei fondi disponibili.

LE (SOLITE) NOTE DOLENTI: PERSONALE ED ESERCIZIO

Note dolenti perché scomponendo la Funzione Difesa medesima nei suoi 3 capitoli di spesa principali, ci si accorge meglio di come essa soffra ancora di squilibri profondi. A partire dal capitolo del Personale che nel 2025 crescerà ancora fino a circa 11.340 milioni di € (intorno ai 215 milioni in più rispetto la 2024). Un aumento senza soluzione di continuità che, dato assurdo, si scontra con una costante diminuzione del Personale stesso (Militare e Civile). Ma c’è di più, per effetto di processi di revisione degli organici delle Forze Armate (concettualmente corretti ma mal declinati) e di altri fattori, questa voce di spesa continuerà a pesare molto sul bilancio della Difesa nel suo complesso anche in futuro; finendo con il divorare risorse che potrebbe trovare un’altra destinazione. L’altra nota dolente è rappresentata dall’Esercizio; un capitolo di spesa fondamentale perché da esso dipende in larga misura il livello di operatività dello Strumento Militare. Ebbene, se per il 2025 si profila una crescita rispetto all’anno in corso fino a 2.350 milioni di € circa (intorno ai +130 milioni), d’altro canto non si può non notare che il peso sempre più marginale di questa voce rappresenti una anomalia perfino macroscopica.

L’INVESTIMENTO ACCELERA NELLA SUA CORSA

Come accennato in precedenza, grazie ai nuovi rifinanziamenti dei diversi fondi (e a una serie di riprogrammazioni), il capitolo di spesa dell’Investimento conoscerà una notevole impennata in termini di risorse disponibili . Al netto della esigenza di comprendere in maniera puntuale quali saranno i fondi realmente stanziati (sopratutto con riferimento a quelli del Mimit, più complessi da determinare con esattezza) si può comunque provare a tracciare una prima ipotesi; nel dettaglio, i fondi allocati presso il Ministero della Difesa dovrebbero attestarsi intorno ai 9.180 milioni di € mentre quelli del Mimit potrebbero raggiungere (al netto della già ricordata verifica) i 2,9 miliardi di € circa. In totale dunque, si ipotizza che le risorse complessivamente disponibili per l’Investimento nel 2025 possano attestarsi intorno ai 12 miliardi di € circa, con un aumento 2.700 milioni rispetto ai 9.311,2 milioni di € messi a disposizione in questo 2024; con prospettive interessanti anche per gli anni a venire. Cifre dunque non solo (molto) rilevanti, ma che, di più, essendo anche distribuite su un orizzonte temporale lungo possono garantire un più efficiente  percorso di ammodernamento e rinnovamento delle dotazioni delle Forze Armate, in termini di mezzi nonché sistemi d’arma.

LE SPESE MILITARI IN RAPPORTO AL PIL

Al di là delle cifre in valore assoluto, si ricorda ancora che il principale parametro per stabilire lo “stato di salute” di un bilancio della Difesa è il rapporto percentuale tra quest’ultimo e il PIL. Il valore percentuale così ottenuto consente poi di operare un confronto omogeneo con i dati dei diversi Paesi e misurare la capacità di un Paese di rispettare determinati impegni assunti in ambito internazionale. Capire però allo stato attuale quale sarà l’esatta percentuale per l’Italia nel 2025 non è semplice.

Come già ricordato infatti, solo in un secondo momento sarà possibile conoscere i valori precisi degli stanziamenti da parte del Ministero della Difesa, del Mimit e quelli per le missioni militari all’estero. Oltre a questo, si evidenzia il “velo di opacità” steso dal Ministero della Difesa stesso sui dati comunicati alla Nato e poi utilizzati come riferimento del livello di spesa dei singoli Paesi.

A tal proposito si ricorda infatti che l’Alleanza Atlantica utilizza infatti criteri propri e specifici per la definizione di “spesa militare”, differenti dal formato con il quale essa viene rappresentata nel nostro Paese; ebbene ormai da qualche anno il Ministero della Difesa comunica tali dati privi dei necessari riferimenti per comprendere come essi si formino. Detto in maniera più chiara, le cifre fornite alla Nato stessa appaiono perfino “gonfiate” nella loro dimensione; al punto da alimentare seri dubbi sulla loro coerenza.

Difficile dunque sbilanciarsi in questo momento su eventuali aumenti o meno sul fronte del rapporto percentuale tra le spese per la Difesa e il PIL. Tenendo conto anche del fatto che l’aumento in termini monetari qui rappresentato può non essere sinonimo di un analogo aumento in termini reali. Ecco dunque che alla luce dell’attuale ritardo dell’Italia (“ufficialmente” infatti il nostro Paese spende in Difesa l’1,49% del Pil; ben lontano dunque dal 2% stabilito dalla Nato), la possibile crescita che si profila per il 2025 non sarà comunque in grado di farci compiere passi in avanti significativi.

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