Mentre sull’indagine europea sugli aiuti di Pechino alle auto elettriche cinesi che rischiano di falsare il gioco della concorrenza Bruxelles prende tempo, facendo intuire che si tratta di una inchiesta lunga e complessa su un dossier particolarmente delicato visti anche i rapporti in gioco (in primis, quelli industriali che legano da molti anni Cina e Germania), la Francia, stanca di attendere, ha deciso di correre da sola, proponendo una sua versione dell’Ira di Joe Biden. L’Ira di Emmanuel Macron.
L’IRA DI MACRON AVVANTAGGIA LE AUTO EV EUROPEE
Specifichiamo subito un dato: l’Ira di Biden è ben altra cosa. Le nuove norme francesi hanno l’effetto di comprimere il mercato, chiudendolo un po’ alle importazioni, è vero, ma si esauriscono con quell’obiettivo, mentre il piano predisposto dalla Casa Bianca mira ad attirare sul suolo americano investitori e capitali esteri, dietro uno slogan che potrebbe essere riassunto in “chi vuole vendere negli Usa deve creare valore negli Usa”.
Da questo punto di vista, assomiglia più all’Ira di Biden la recente novella turca che prevede per i marchi esteri che vogliono accedere a quel mercato la presa in carico della gestione pro quota dell’infrastruttura necessaria ad alimentare le auto elettriche. Si tratta di tecnicismi, certo, ma non di sottigliezze.
IL PUNTEGGIO AMBIENTALE
Chiarito questo punto, come preannunciato dall’Eliseo il governo francese ha escogitato un sistema che fa perno sul cosiddetto “punteggio ambientale”, ovvero un rating nazionale che tiene conto di fattori ecologici produttivi e logistici, e non solo delle emissioni allo scarico come avvenuto fino a oggi.

Il calcolo è complesso, ma la soluzione è semplice: applicandolo si escludono automaticamente dagli incentivi le Case cinesi, si favoriscono quelle europee e, a giudicare dall’immagine ufficiale che campeggia sul sito del ministero della Transizione ecologica, nell’iniziativa sul leasing a 100 euro al mese per esempio si privilegiano quelle prodotte nell’Hexagone.
Il governo di Élisabeth Borne crede peraltro molto nell’iniziativa del “leasing sociale” come sprone al passaggio all’auto elettrica e il ministro dell’Economia Bruno Le Maire era stato chiaro: “Riguarderà solo vetture con la minor impronta di carbonio possibile”. Si vuole valutare infatti l’impronta sull’ambiente di una vettura elettrica nel suo intero ciclo di vita. Questo vuol dire che se per portare le auto elettriche cinesi in Francia è necessario trasportarle per mezzo mondo sono automaticamente escluse. Idem pure per la Tesla Model 3. Esclusa però anche la Dacia Spring nonostante il marchio rumeno sia di Renault.
L’écologie à la française, c’est cela : dès janvier, les premiers modèles de voitures électriques en leasing seront disponibles à 100 euros par mois.
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— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) December 14, 2023
Si tratta di una vera e propria svolta per la Francia, il cui sistema di incentivi, 5mila euro sull’acquisto di veicoli 100% a batteria con un prezzo fino a 47mila euro e un peso inferiore alle 2,4 tonnellate secondo i calcoli dell’Eliseo con le vecchie norme finora ha riguardato per la massima parte (ovvero il 40%) vetture elettriche fabbricate in Cina. Se a questo si aggiunge che l’altro big del mercato è Tesla (che peraltro ha la propria struttura principale a Shanghai) si comprende perché Macron abbia voluto cambiare l’inclinazione del piano di gioco a favore dei marchi del Vecchio continente.
Anche perché dalla Francia sottolineano come, oltre ai fiumi di denaro che Pechino ha riversato nelle startup cinesi dell’auto elettrica e nelle sue Case storiche, mentre i brand cinesi oggi pagano il 10% per esportare le loro auto nel Vecchio Continente, le Case occidentali devono far fronte a tariffe comprese tra il 15% e il 25% per vendere laggiù auto costruite in Europa. Motivo per il quale negli anni passati chi ha voluto affacciarsi su quel mercato ha dovuto investire per aprire fabbriche in loco e, soprattutto, stringere jv con omologhi cinesi, in modo da esportare pure il know-how.
L’ASSOCIAZIONE COSTRUTTORI CHIEDE UNA IRA UE
Restando in Francia, arrivano dall’École Polytechnique di Parigi gli ultimi dati che alimentano un report in grado di allarmare ulteriormente l’Acea, la associazione costruttori del Vecchio continente secondo cui l’Europa si trova ad affrontare “sfide di immensa portata” nello sviluppare una propria supply chain nel campo delle auto elettriche. “Mentre altre regioni globali avanzano con ambiziose strategie industriali che stimolano le imprese nazionali, la competitività della produzione europea di veicoli elettrici rischia di essere distrutta” si legge nel rapporto.
Gli autori parigini puntano il dito proprio contro “l’approccio normativo frammentario” adottato dalla Ue, che ha preferito “regolare fasi specifiche della catena del valore” e sottolineano come gli Usa si siano tratti in salvo dal mare in tempesta rafforzando la propria posizione globale grazie ai “finanziamenti senza precedenti previsti dall’Inflation Reduction Act”.
“Troppo spesso l’Ue mette il ‘carro normativo’ davanti ai buoi”, è l’amaro commento del direttore generale dell’Acea, Sigrid de Vries che proprio sul piano normativo ribadisce come “a differenza della Cina e degli Stati Uniti, l’Ue non dispone di una solida strategia industriale per sostenere la produzione di veicoli elettrici”. “L’Europa vuole stabilire il ritmo globale per la decarbonizzazione, ma deve fare di più per sostenere, in modo sincronizzato e coerente, industrie critiche che sono parte della soluzione” al cambiamento climatico. Per questo De Vries chiede che l’Ue sviluppi “un quadro normativo e finanziario su misura per creare un ambiente imprenditoriale favorevole”.