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Perché l’Italia non addestrerà i piloti ucraini su F-16

Cosa è emerso dall'audizione del ministro della Difesa, Guido Crosetto, davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato sugli esiti del vertice della Nato svoltosi a Vilnius l’11 e il 12 luglio

“L’Italia non ha preso impegni di addestramento di piloti ucraini”.

È quanto ha confermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in audizione davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato sugli esiti del vertice della Nato svoltosi a Vilnius l’11 e il 12 luglio 2023, in particolare rispondendo alla domanda su un’eventuale ipotesi di addestramento nel nostro Paese di piloti ucraini.

In occasione del summit dell’Alleanza Atlantica nella capitale lituana a metà luglio, la coalizione di 11 paesi europei, guidata da Danimarca e Paesi Bassi, ha formalmente accettato di addestrare gli ucraini a pilotare F-16 e potenzialmente altri aerei da combattimento. Nel frattempo, l’amministrazione Biden ha autorizzato l’addestramento in Europa dei piloti ucraini all’impiego di cacciabombardieri di fabbricazione statunitense, via libera necessario affinché il training abbia inizio.

Ma l’Italia non era annoverata tra i paesi membri di questa coalizione.

Il titolare della Difesa ha spiegato infatti che “non abbiamo F-16 e non abbiamo l’intenzione di comprarli per addestrare nessuno. L’Italia fino adesso ha contribuito notevolmente alla difesa ucraina, non è questo uno dei modi in cui contribuiremo”.

Dopodiché il ministro Crosetto ha affrontato il tema dell’obiettivo Nato del 2% Difesa-Pil (“l’Italia è indietro”), attenzione al fianco sud (“risultato importante per l’Italia”) e dell’esclusione spese della Difesa da Patto Stabilità.

Tutti i dettagli.

AFFERMAZIONE DELLA POSTURA NEL FIANCO SUD AL PARI DEL FIANCO EST RISULTATO DELL’ITALIA

“Quello di Vilnius è stato un vertice importante e strategico per la Nato per le prospettive d’adesione dell’Ucraina e il parere positivo fornito al futuro ingresso della Svezia” ha esordito il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in audizione. Importante, inoltre, la partecipazione “dei partner dell’Indo-Pacifico”, ha precisato Crosetto.

Allo stesso tempo “l’affermazione di una postura in grado di intervenire sul fianco sud alla pari con quanto accade il Fianco est è un risultato importante per l’Italia” ha evidenziato il titolare della Difesa. Un risultato importante per l’Italia “data la posizione dei Paesi del fianco orientale”, ha ribadito il ministro.

LA NATO E L’IMPEGNO DEL 2% SPESA DIFESA/PIL

Passando agli investimenti nel settore militare, “l’Italia è riuscita a impedire la richiesta di molti alleati della Nato di rendere obbligatoria la spesa del 2% del Pil” ha fatto presente il ministro Guido Crosetto.

“Nel comunicato finale si parla di impegno a spendere il 2%, senza obblighi temporali”, ha precisato Crosetto, sottolineando di essere stato “l’unico ministro che ha posto in modo problematico la possibilità del nostro Paese di raggiungere il 2%” aggiungendo che “Per la prima volta questo governo ha fatto chiarezza sulla possibilità di dare il nostro contributo”.

Il ministro ha spiegato alle commissioni riunite per l’audizione sugli esiti del vertice dell’Alleanza atlantica di Vilnius che “La Nato ha invitato gli alleati ad investire almeno il 2% del rapporto tra spese della Difesa e Pil, in quanto questo parametro sarà considerato in futuro come base di partenza per le rinnovate esigenze dell’Alleanza. In alcuni casi sarà importante spendere anche oltre il 2%, considerando gli anni precedenti di sotto investimenti”.

LA POSIZIONE DEL NOSTRO PAESE

A questo proposito, Crosetto ha illustrato che quest’anno l’obiettivo del 2% “verrà raggiunto da undici Paesi a cui se ne aggiungeranno nel 2024 altri otto” e altri negli anni successivi.

“Al momento i nostri piani nazionali prevedono che l’Italia si attesterà nel 2023 all’1,46% per poi scendere all’1,43% nel 2024: una tendenza in negativo e come si può constatare siamo molto lontani dal 2%” ha messo in chiaro il ministro della Difesa precisando che “In un’ipotetica graduatoria, l’Italia si candida al 24esimo posto per le spese per la Difesa”.

“Il 2% è un obiettivo che noi continuiamo a disattendere. È giusto chiedersi se ci serve, ma il 2% lo decide il Parlamento approvando gli stanziamenti di bilancio, che sono una scelta politica, affidata al passaggio parlamentare. Poi ognuno di noi potrà fare una riflessione se ci serve o meno un’alleanza atlantica. Ad oggi lo stato dello cose ci dice che l’Italia non può raggiungerlo il prossimo anno e nemmeno quello successivo. È difficile identificare una data. Io mi auguro, perché penso che ce ne sia necessità, che noi riusciremo a rispettare il patto perché altrimenti ci ritroveremmo ad essere l’ultimo Paese come investimento in questo senso” ha ribadito Crosetto.

 NECESSITÀ DI ESCLUDERE SPESA DELLA DIFESA DAL PATTO DI STABILITÀ

Alla luce delle difficoltà del nostro paese di raggiungere l’impegno di destinare il 2% del Pil alle spese per la Difesa, il ministro Crosetto ha ricordato una questione già posta a inizio anno in sede europea: l’esclusione degli investimenti per la Difesa dal Patto di stabilità.

“La mia proposta di scorporo delle spese militari dal patto di Stabilità nasce perché l’unico modo per non togliere risorse da destinare ad interventi sociali è proprio quello di escludere le spese vincoli di bilancio” aveva spiegato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in audizione parlamentare già a inizio anno.

“Rimuovere la difesa dal vincolo delle spese previste nel Patto di stabilità dell’Ue non toglie soldi ma consentirebbe di investirne in settori specifici” ha ribadito ancora il ministro Crosetto.

 

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