Alla fine Cummins, produttore americano di motori diesel, ha accettato di sborsare 2 miliardi di dollari (i dettagli li vedremo dopo, a spanne il mega assegno sarà di 1,67 miliardi di dollari per la sanzione, cui si aggiungono altri 325 milioni a titolo di risarcimento per i danni ambientali) per chiudere la causa promossa dal Dipartimento di Giustizia e dalla California che l’aveva accusato di aver installato circa un milione di dispositivi e software illegali per la manipolazione delle emissioni.
DIESELGATE, FINE PENA MAI
Sembra insomma non aver fine il grande libro degli scandali del dieselgate, con capitoli che hanno toccato le industrie europee (dove il bubbone è esploso, con Volkswagen), come pure quelle giapponesi (ha creato non pochi imbarazzi a Toyota il recente caso Hino) e produttori statunitensi, tra cui Cummins, appunto, che secondo l’accusa californiana avrebbe “taroccato” 960 mila propulsori forniti al marchio Ram per i pick-up 2500 e 3500 prodotti negli ultimi dieci anni, dal 2013 al 2023.
COSA C’ENTRA STELLANTIS CON IL DIESELGATE DI CUMMINS
Nato coi pick-up “Heavy Duty” prodotti col marchio Dodge, divenuti presto popolari in tutti gli Usa per essere utilizzati come carroattrezzi, nel 2009 il marchio Ram è diventato un brand indipendente focalizzato sulla produzione di veicoli col cassone, che in America, è noto, vanno per la maggiore.
Oggi è uno dei marchi che compongono la variegata galassia Stellantis. Sotto il cofano dei modelli 2500 e 3500 rombano i potenti motori diesel di Cummins che, secondo le autorità americane, avrebbero presentato meccanismi non dichiarati analoghi a quelli che hanno scatenato lo scandalo Dieselgate, in quanto finalizzati alla alterazione delle emissioni di NOx durante i test, non corrispondenti a quelle (superiori) nell’uso quotidiano.
LA POSIZIONE DI CUMMINS
Cummins da parte sua, contrariamente a quanto accaduto recentemente in Giappone con Hino che a seguito delle indagini delle autorità nipponiche si è scusata pubblicamente senza attendere il giudicato, ha respinto ogni accusa, sostenendo di non aver commesso illeciti.
Tuttavia, anche per evitare gli strascichi pubblicitari derivanti dal protrarsi della causa che potrebbero ledere il suo rapporto coi partner commerciali, ha voluto raggiungere un accordo con le autorità giudiziarie dello Stato della California.
UNA MULTA DA RECORD
Non si può di certo dire che il patteggiamento abbia indotto le autorità americane ad alleggerire la contravvenzione. Si tratta infatti della multa più consistente mai comminata per una violazione del Clean Air Act: la sanzione da 1,675 miliardi di dollari (superiore agli 1,5 miliardi di euro) include 1,48 miliardi che andranno al governo federale, 164 milioni a favore del California Air Resources Board e 33 milioni di dollari per l’ufficio del procuratore generale della California.
Inoltre, come già anticipato, l’azienda dovrà sborsare altri 325 milioni di dollari a titolo di risarcimento, impegnandosi anche in varie opere ambientali. Soddisfatto il procuratore generale della California Rob Bonta che ai giornali statunitensi ha così commentato: “Lasciate che questo accordo sia una lezione: non permetteremo che le multinazionali avide imbroglino travolgendo la salute e il benessere dei consumatori e del nostro ambiente”.
Nel medesimo periodo, probabilmente nel tentativo di smorzare la pubblicità negativa del patteggiamento, Cummins ha annunciato un progetto da 580 milioni di dollari per stimolare la crescita economica e occupazionale nella comunità della contea di Nash, North Carolina mediante l’installazione di nuove attrezzature per il futuro della produzione e l’aggiornamento della catena di montaggio per i prodotti di prossima generazione a basso impatto ambientale.
E Stellantis? Al momento non risultano commenti. La multinazionale dell’auto sarà comunque interessata dalla pronuncia in quanto dovrà richiamare un numero imprecisato di pick-up a marchio Ram distribuiti negli ultimi dieci anni per disinstallare eventuali dispositivi e consentire i test di rito. ll procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, ha dichiarato che “le stime preliminari suggeriscono che i dispositivi di manipolazione su alcuni motori Cummins hanno prodotto migliaia di tonnellate di emissioni in eccesso di ossidi di azoto”.