Le numerose declinazioni del Dieselgate che hanno riguardato la trasparenza con cui le Case automobilistiche dichiarano i dati sulle emissioni nocive dei mezzi tallonano e tamponano ancora General Motors. Il gruppo guidato da Mary Barra ha sborsato, circa un anno fa, 128,2 milioni di dollari per non aver soddisfatto i limiti con i Model Year 2016 e 2017 e ora la National highway traffic safety administration (Nhtsa) degli Stati Uniti ha elevato una nuova contravvenzione, da circa 146 milioni.
GENERAL MOTORS E QUELLE EMISSIONI OTTIMISTICHE
L’accusa che l’ente federale statunitense preposto alla sicurezza del traffico muove nuovamente a General Motors è di aver sottostimato il livello di emissioni di quasi 6 milioni di veicoli prodotti tra il 2012 e il 2018, pick-up e SUV attualmente in circolazione. General Motors dal canto suo afferma di “aver sempre rispettato e applicato tutte le leggi e i regolamenti nelle certificazioni dei consumi in merito ai veicoli in questione”.
Le indagini, che hanno visto un filone parallelo avviato da un altro ente statunitense, l’Environmental protection agency (Epa), si sono basate su nuovi test condotti su alcuni dei modelli in circolazione e hanno dimostrato che le emissioni di anidride carbonica erano, in media, più del 10% superiori ai livelli dichiarati da General Motors. Rispetto ai tempi del Dieselgate, però, non sono stati trovati dispositivi atti a falsare le emissioni.
LA CANCELLAZIONE DEI CREDITI DI CARBONIO
Questa seconda indagine ha portato alla cancellazione dei crediti di carbonio equivalenti a circa 50 milioni di tonnellate di CO2, ovvero la rinuncia a diverse centinaia di milioni di dollari. Si tratta di misure punitive di fatto contrattate tra il Costruttore statunitense e gli enti responsabili delle indagini sulle emissioni, una sorta di patteggiamento per chiudere la questione, come dice la stessa General Motors che parla della contravvenzione come “della strada più rapida per risolvere rapidamente questi problemi con il governo federale”.