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Ecco come pure Stellantis trumpeggia

Tutte le ultime mosse pro Trump di Stellantis negli Stati Uniti

Il rischio di trovarsi con un presidente che appoggi gli operai, come già avvenuto con Joe Biden che si schierò senza se e senza ma con l’Uaw, il potente sindacato di riferimento per i lavoratori dell’automotive, sembra aver spinto Stellantis a mettersi in fila assieme ad altre realtà (da Microsoft a Google, passando per Uber al Ceo di OpenAI, Sam Altman fino a Boeing, Amazon e Meta) per versare l’obolo milionario di benvenuto a favore del prossimo presidente Donald Trump.

TUTTI ALLA CORTE DI TRUMP

Una epifania in grande stile, quella del prossimo 20 gennaio a Washington, in cui il tycoon riceverà più che tre Re Magi una nutrita schiera di paperoni carichi di regalucci milionari. E il mondo dell’auto americano, che evidentemente si aspetta dal prossimo inquilino della Casa Bianca una seria protezione dall’avversario cinese ma anche clemenza sul fronte ambientale per non disperdere i miliardi investiti nelle propulsioni elettriche, si inserisce nella processione. Con diversi marchi esteri interessati probabilmente a disinnescare i dazi minacciati in campagna elettorale.

LA PRIMA VOLTA DI STELLANTIS

Stellantis secondo i media americani ripresi anche dalla nostrana Ansa, donerà un milione di dollari al fondo per le cerimonie inaugurali del presidente eletto Donald Trump. Esattamente la medesima cifra che hanno messo sul piattino delle offerte anche le autoctone Detroit, Ford e General Motors.

Nelle ultime ore donazioni milionarie sarebbero pervenute anche dalla coreana Hyundai Motor, dalla giapponese Toyota e da Delta Air Lines. Si tratta però – sottolinea MilanoFinanza – della prima volta per Stellantis, che non avrebbe mai scucito un dollaro né per Trump nel ’17 né per Biden nel 2021.

ELKANN SALE A BORDO DI META

Se la finalità è quella di tessere stretti rapporti col volitivo e umorale prossimo inquilino della Casa Bianca, Stellantis (che nell’ultimo periodo ha nuovamente avuto numerose fibrillazioni coi sindacati statunitensi che l’accusano di non aver rispettato i patti siglati nel ’23 per porre fine allo sciopero senza pari che aveva paralizzato Detroit) è in pole position, potendo anche contare sul recente ingresso di John Elkann – amministratore delegato di Exor e presidente di Stellantis e Ferrari- nell’ormai riposizionata Meta.

A proposito di riposizionamento di Menlo Park in ottica trumpiana, si ricordi che mentre qui in Italia anche con un po’ di sciovinismo ci si concentrava sulla figura di John Elkann, il vero nome da tenere d’occhio nel CdA di Meta era quello di Dana White, Ceo e presidente della Ultimate Fight Championship (gli incontri che si tengono nelle gabbie), manifestazione sportiva trasmessa in 170 Paesi dal fatturato di 1,3 miliardi di dollari. White è un fedelissimo di Donald Trump ed è apparso spesso alle sue cene e sul palco in campagna elettorale assieme al tycoon.

Un peso massimo che fa tendere ancora più a destra gli equilibri in quel di Menlo Park, specie dopo che in precedenza il Gruppo che ha nel portafogli Facebook, Threads, Instagram e WhatsApp aveva nominato come manager agli Affari Globali Joe Kaplan, ex consigliere senior del presidente George W. Bush sicuramente gradito ai conservatori ma evidentemente troppo moderato per piacere a chi, senza nemmeno essere ancora tornato alla Casa Bianca, già minaccia di rivoluzionare gli atlanti ridisegnando i confini statunitensi.

L’ALTRA STRADA PASSA DA TESLA?

La ragnatela che Stellantis potrebbe voler tessere insomma avvilupperebbe anche Meta. E poi c’è Elon Musk. Sulla carta in campo automobilistico Stellantis e Tesla sono rivali, ergo se il mondo fosse bidimensionale il Ceo della casa texana e il presidente del gruppo italo-franco-statunitense non dovrebbero starsi troppo simpatici.

Non si dimentichi però che nemmeno una settimana fa Stellantis (assieme a Toyota, Ford, Mazda e Subaru) ha stretto accordi qua in Europa con Tesla per creare un pool comune di emissioni. Si sarebbe potuto siglare il medesimo accordo con un altro marchio elettrico come Polestar (opzione perseguita da Mercedes-Benz), invece la scelta è ricaduta sul produttore nelle mani di Musk, prossimo “doge” del gabinetto trumpiano.

Un’alleanza cara all’imprenditore sudafricano che ha finanziato la campagna di Trump. Scrive Il Sole 24 Ore: “Per la casa di Elon Musk la vendita di crediti di carbonio rappresenta una fonte di guadagno niente male: nei primi nove mesi del 2024, circa il 3% del suo fatturato totale di 72 miliardi, ovvero 2,16 miliardi, è arrivato da queste operazioni.”

L’ALLEATO ITALIANO DI ELKANN?

Per alcuni un possibile puntello proverrebbe infine dall’informatico romano Andrea Stroppa, advisor di SpaceX e Starlink in Italia, che molti giornali italiani ultimamente punzecchiano (in particolare il Corriere della sera, querelato da Stroppa). Con l’eccezione di Repubblica che fin dal 2022 titolava: “Andrea Stroppa, l’hacker buono che potrebbe salvare Musk” e che su Musk e su Starlink nei mesi scorsi ha tenuto una linea meno intransigente del previsto che non è passata inosservata. Il legame tra l’italiano e Musk è un dato di fatto.

Mentre, come scrisse l’Espresso già diverse settimane fa, “il legame” con gli Elkann, nel caso di specie “Lapo e Stroppa è confermato dall’organigramma della Laps Foundation, la fondazione a scopo benefico del nipote di Gianni Agnelli. Stroppa – sottolineava il settimanale – è fra i consiglieri”.

fondazione laps

“E ancora, il giovane ex hacker è stato reclutato dagli Elkann per lo sviluppo di Whoopsee.it, una piattaforma digitale che pubblica notizie di gossip, che fa capo a Gedi, cioè l’editore di Repubblica, di proprietà degli Elkann. Il sito Whoopsee è di proprietà della società Unaluna, attiva dal 2021, in perdita costante per circa mezzo milione di euro l’anno. […] Tra gli azionisti c’è Gedi, seguita da un cospicuo gruppo di fiduciarie. Resta comunque – veniva evidenziato dall’Espresso – un ragazzo dai molti impegni”. E dalle amicizie eclatanti, come ricordato da Piazzapulita di La7 che ha insistito sulle connessioni tra l’informatico della periferia Sud di Roma e la ricca dinastia torinese. Chissà allora che non riesca a mettere una buona parola con Trump, passando da Musk, per Stellantis.

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