Pochi giorni fa il Canada ha ufficialmente lanciato il programma finalizzato all’acquisto di (ben) 12 sottomarini a propulsione convenzionale destinati a rinnovare e, soprattutto, potenziare le capacità subacquee della Royal Canadian Navy. Un impegno dunque di una notevole importanza per i suoi prevedibili riflessi operativi, economici e, infine, per quelli industriali.
È infatti del tutto evidente che i numeri di questo programma (denominato Canadian Patrol Submarine Project o CPSP) non sono così comuni ma, al tempo stesso, va anche evidenziato che se da una parte esso sembra davvero (molto) ambizioso, dall’altra non si può negare che nel complesso poggi su requisiti operativi oggettivamente razionali. Anche se, come vedremo, i punti interrogativi sono già molti oggi; nonostante si sia solo nelle primissime fasi.
PERCHÉ QUESTI NUOVI SOTTOMARINI PER IL CANADA
L’esigenza, di fatto, è doppia. Da un lato infatti ci sono da sostituire i 4 battelli della classe Victoria attualmente in servizio; sottomarini di certo non nuovissimi, essendo stati costruiti tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 nel Regno Unito per entrare poi in linea proprio nella Marina di quel Paese. Un servizio a dire il vero brevissimo il loro, dato che di lì a poco Londra decise di puntare esclusivamente su battelli a propulsione nucleare.
E così gli Upholder (questo era il loro nome originale nella Royal Navy) furono ritirati nel 1994; con la speranza però di poter trovare un acquirente che fu poi trovato 4 anni dopo quando, per l’appunto, il Canada decise di acquistarli. Una decisione che, peraltro, si è rivelata non proprio felice dato che i problemi con queste unità sono stati numerosi, al punto da condizionarne pesantemente l’attività operativa.
Dall’altro lato, a influenzare questa scelta ci sono anche significativi aspetti geografici; prima di tutto, il fatto che il Canada abbia la linea costiera più lunga del mondo che si affaccia a sua volta su ben 3 Oceani diversi (Atlantico, Pacifico e Glaciale Artico). E proprio l’Artico è stato indicato come una specifica considerazione che ha influito ancora di più nella scelta del Governo Canadese.
A causa del riscaldamento globale infatti, le navi che lo attraversano stanno già aumentando ed entro il 2050 questo stesso Oceano potrebbe diventare la rotta più efficiente per le navi che si muovono tra l’Europa e l’Asia. Di fatto dunque, questa regione sta diventando più accessibile, suscitando così una crescente attenzione (se non veri e propri appetiti) non solo per il traffico marittimo in aumento ma, anche, per la possibilità di accedere a risorse naturali.
Di fronte dunque a queste sfide strategiche, è del tutto evidente che l’attuale flotta di (soli e “vecchi”) 4 sottomarini della classe Victoria risulta totalmente inadeguata, necessitando perciò non solo di un semplice ricambio ma anche di un drastico potenziamento; nei numeri così come nelle capacità.
COME SARANNO I FUTURI SOTTOMARINI DEL CANADA
Come facilmente comprensibile, le informazioni sulle caratteristiche di questi (futuri) battelli sono estremamente scarse; quasi nulle. Del resto, si sta parlando di un programma al quale è stato appena dato il via. Occorrerà perciò attendere ancora alcuni mesi per capirci qualcosa di più; nell’autunno prossimo è infatti prevista la pubblicazione di una Request For Information (o RFI), attraverso la quale il Canada comincerà raccogliere le prime informazioni dai soggetti che saranno interessati a partecipare alla competizione; ricevendo così anche i primi “feedback” da utilizzare al fine di articolare meglio le proprie richieste nonché a precisare i vari aspetti tecnici (ma anche economico- industriali) del programma CPSP stesso.
Si accennava alle caratteristiche, con il Dipartimento alla Difesa Canadese che ha offerto solo una sorta di identikit di massima, neanche particolarmente originale; questi sottomarini dovranno essere “discreti”, letali e dovranno avere un’elevata persistenza in zona di operazioni. Zona di operazioni che, comunque, dovrà comprendere anche l’Artico. Da queste brevi note emerge quindi un dato: quelli in questione saranno battelli dotati di un elevato raggio di azione e di una grande autonomia operativa.
In altri termini, dovranno essere di dimensioni significative e con apparati di propulsione sì diesel-elettrici ma supportati comunque anche da sistemi AIP (Air Indipendent Propulsion) nonché dotati di moderne batterie agli ioni di litio; con entrambi questi elementi funzionali (insieme alle dimensioni) a raggiungere il requisito della grande autonomia.
CHI POTREBBE ESSERE DELLA COMPETIZIONE
Ma chi potrebbe partecipare dunque a questa competizione? In alcuni casi, la risposta è semplice perché ci sono cantieri che hanno già manifestato la loro intenzione di essere presenti, allacciando anche i primi contatti con aziende locali o immaginando la firma di partnership strategica tra Paesi. In altri casi ancora, si può parlare solo di voci.
In ogni caso, emerge subito un dato; tutti i cantieri che hanno mostrato interesse presentano progetti di battelli di oltre 3.000 tonnellate di dislocamento. Thyssen Krupp Marine Systems (TKMS) con il proprio Type 212 CD E, Navantia con una proposta basata sugli S-80 Plus, Saab con i C-71 Expeditionary e, infine, Hanwha Ocean Systems con i propri KSS-III. Un altro possibile competitor dovrebbe essere Naval Group con una versione a propulsione convenzionale della piattaforma Barracuda mentre c’è chi pensa che anche il Giappone potrebbe essere parte della competizione con una proposta basata sui sottomarini della classe Taigei.
Laddove comunque, a parere di chi scrive, la Sudcoreana Hanwha Ocean Systems e la Francese Naval Group potrebbero avere (sulla base di una serie di considerazioni di varia natura) qualche chance in più rispetto alle altre.
MA NON MANCANO DUBBI E CRITICITÀ
Il primo elemento da mettere subito in evidenza è quello legato ai costi; premesso che, con tutta evidenza, fare delle stime a oggi appare un esercizio poco realistico, proprio in Canada c’è comunque chi ha già provato a formularle al fine di avere un primo riferimento di massima: 60 miliardi di dollari Canadesi, pari a circa 40 miliardi di €.
Una cifra dunque davvero enorme, che alcuni critici peraltro giudicano addirittura stimata per difetto e la cui sostenibilità andrà attentamente valutata; nonostante lo stesso Canada abbia di recente pubblicato un documento strategico per la propria difesa che delinea un quadro di 73 miliardi di dollari di nuovi investimenti nei prossimi 20 anni, le risorse potrebbero non essere comunque garantite.
Ma non è finita perché altri fattori critici saranno i tempi di realizzazione/completamento del programma e il coinvolgimento dell’industria cantieristica locale. Per quanto riguarda il primo aspetto, si tenga presente che già di per sé la costruzione di un sottomarino richiede tempi lunghi; se dunque non si organizzerà al meglio la produzione, il rischio è quello di prolungare “all’infinito” il completamento di questo stesso programma. Anche in virtù del fatto che il processo di “procurement” di Ottawa solitamente è piuttosto farraginoso.
L’altro tema cruciale sarà rappresentato dal coinvolgimento dell’industria locale; anche il Canada, quando affronta grandi programmi di investimento rivolgendosi all’estero, punta a ottenere il massimo ritorno economico possibile attraverso un ampio coinvolgimento industriale. Qui però la situazione è diversa, perché i cantieri locali non hanno alcuna esperienza nella realizzazione di sottomarini; forzare dunque la mano in questo senso diventerebbe dunque controproducente. Altrimenti detto, logica vorrebbe che in questo caso, Ottawa puntasse a forme alternative di compensazione; soprattutto in termini di infrastrutture destinate a ospitare e sostenere sia operativamente che logisticamente questi futuri sottomarini.
Sullo sfondo poi, inevitabilmente aleggerà per chissà quanto tempo una sorta di “fantasma”; sulla falsariga di quanto già successo in Australia, ovvero la cancellazione di un simile programma per 12 sottomarini a propulsione convenzionale che ha portato alla nascita del programma Aukus per battelli invece a propulsione nucleare, anche per il Canada già emergono spinte perché percorra la stessa strada (unendosi dunque a Stati Uniti, Regno Unito e all’Australia stessa in questo patto). Tanto che è facile prevedere come queste spinte continueranno, per l’appunto, ad aleggiare anche in futuro.