«Sono due gli elementi che non vanno bene: il rischio traffico che verrebbe trasferito allo Stato e il pedaggio unico. Si potrebbe creare un buco finanziario enorme per lo Stato. Né si può pensare di ristatalizzare la rete autostradale. Del resto, chi aveva il pedaggio unico, la Francia, è tornato indietro, non ce l’ha più». Con queste parole oggi al Sole 24 ore Nicola Zaccheo (nella foto), presidente dell’Autorità di regolazione dei trasporti, stronca di fatto progetto di riforma messo a punto dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.
Il piano di Salvini ha due punti chiave, come riassume il quotidiano confindustriale: alla scadenza delle concessioni in vigore i pedaggi futuri verrebbero riscossi dallo Stato, che poi trasferirebbe la quota spettante ai gestori come canone, e un pedaggio unico nazionale, identico per tutte le tratte.
ECCO COME ZACCHEO STRONCA LA RIFORMA SALVINI DELLE CONCESSIONI AUTOSTRADALI
Una proposta di riforma, con l’idea che sia lo Stato a incassare i pedaggi, che Zaccheo critica: “C’è un rischio elevatissimo, perché si trasferirebbe il rischio traffico allo Stato. E invece è essenziale che il rischio traffico rimanga al concessionario. Del resto su questo abbiamo un esempio non particolarmente efficiente che è la Pedemontana Veneta: lo dice anche la Corte dei conti in tre diverse delibere, nel 2020, ’21 e ’22. Lì si sono fatte previsioni di traffico eccessivamente ottimistiche, quando invece a fronte di un impegno, contrattuale della Regione Veneto, per 12 miliardi di euro da riconoscere al gestore nell’arco della concessione fino al 2059, i ricavi da pedaggio saranno enormemente inferiori. C’è un buco finanziario enorme che ricade sulle casse pubbliche. Con la riforma proposta, anziché cercare di risolvere questo caso, si estenderebbe il modello a tutto il sistema”.
IL FUTURO DELLE CONCESSIONI AUTOSTRADALI SECONDO L’AUTORITA’
Zaccheo poi ricorda che “l’Art ha messo a punto un sistema tariffario equilibrato che garantisce da un lato il rientro degli investimenti previsti assicurando la sostenibilità dei pedaggi per gli utenti, dall’altro garantisce l’efficientamento delle gestioni da parte dei concessionari, sempre a tutela del consumatore. Ebbene su 28 concessionari solo sei a oggi hanno adottato quel sistema di calcolo pronto già dal 2019”. Perché? “Le motivazioni – secondo il presidente dell’Autorità – risiedono prevalentemente nei ritardi di approvazione dei Piani economico finanziari (Pef) da parte del concedente che richiederebbe una riflessione sulla semplificazione. Comunque, a legislazione vigente, i Pef dovranno essere tutti approvati entro il 31 dicembre di quest’anno. In questa ottica, considerando gli epocali cambiamenti che sono accaduti negli ultimi anni, abbiamo avviato nei mesi scorsi una verifica di impatto della regolazione che ci ha portato ad adottare, subito, alcune «indicazioni operative» per applicare i modelli regolatori in maniera corretta, e ad avviare, proprio la scorsa settimana, un procedimento di aggiornamento del quadro regolatorio complessivo. Le indicazioni operative si sono rese necessarie perché, in alcuni casi, c’erano dei margini di interpretazione nell’applicazione dei modelli che potevano portare a distorsioni del sistema”.
IL CAPITOLO TARIFFA UNICA
Quanto alla tariffa unica, Zaccheo ribadisce che “il pedaggio unico non lo ritengo corretto perché c’è un principio fondamentale tra l’altro fortemente voluto dalla Commissione europea che è quello del pay-per-use. Esiste un problema di pedaggi molto diversi tra loro ma dipende dai costi di realizzazione: se un’infrastruttura costa di più, purtroppo è giusto che l’utenza paghi un po’ di più. Il problema vero, lo vado dicendo anche in Parlamento da tempo, è riuscire a fare un’analisi di sostenibilità economica degli investimenti prima di realizzarli”.
IL PROJECT FINANCING PER LA PEDEMONTANA VENETA
Ma come funziona la Pedemontana Veneta evoca dal presidente dell’0Art? La Pedemontana è una superstrada che si sviluppa per complessivi 162 km di cui 94 di viabilità principale e 68 di viabilità secondaria. L’arteria collega le province di Vicenza e Treviso, interessa 114 Comuni, 37 dei quali sono direttamente toccati dal tracciato, 22 nella Provincia di Vicenza e 14 nella Provincia di Treviso. La tecnica di finanziamento utilizzata per l’individuazione del soggetto incaricato alla progettazione, esecuzione e gestione dell’opera è la finanza di progetto. A seguito di tale procedura è stato sottoscritto un contratto di concessione tra la Regione del Veneto e la SPV S.p.A. regolato dal Terzo Atto Convenzionale (TAC). Come si può leggere tra le Faq della Regione Veneto, il Terzo Atto Convenzionale, l’ultimo atto di concessione sottoscritto dalla Regione del Veneto con i costruttori della Pedemontana, il consorzio Sis di Matterino Dogliani e degli spagnoli di Sacyr, ha previsto un “aumento del contributo pubblico in conto costruzione per un importo di euro 300 milioni, che si aggiungono ai 614 milioni già deliberati dallo Stato, per un totale di euro 914 milioni, a fronte di un investimento complessivo del Concessionario di euro 2.258 milioni”.
LA PEDEMONTANA VENETA È COSTATA 2,3 MILIARDI A PIÙ UN CANONE DI 300 MILIONI ALL’ANNO PER 39 ANNI
Quindi la realizzazione dell’opera è costata 2,258 miliardi di euro. Basta così? Non proprio perché oltre a questo contributo la regione Veneto pagherà alla Sis, che gestirà la Pedemontana per 39 anni, un canone di disponibilità. Le cifre di questo contributo cambiano di anno in anno ma la media è di circa 300 milioni all’anno. Nelle intenzioni della Giunta regionale veneta quei soldi dovrebbero arrivare dai pedaggi. A contestare queste previsioni è il consigliere regionale dem Andrea Zanoni che, dati alla mano, ha dimostrato che dai pedaggi non riusciranno ad arrivare più di 80 milioni all’anno. “La Pedemontana si conferma un pozzo senza fondo. – ha detto Zanoni – A gennaio le entrate da pedaggio sono state pari inferiori di poco ai 7 milioni al mese, a febbraio ancora meno, 6,2 milioni di euro. In totale fanno 13 milioni 128 mila euro. Il che significa nemmeno 80 milioni di euro all’anno, quando ne dovranno essere versati a Sis in media 300 all’anno. Se la tendenza si confermerà nei prossimi mesi, il buco creato dalla Pedemontana annualmente per i prossimi 39 anni ammonterà a 220 milioni, più di 8 miliardi di euro in totale”.