La Commissione europea è troppo lenta nella preparazione delle decisioni di autorizzazione relative alle sostanze chimiche pericolose. A riprendere Bruxelles è Emily O’Reilly, la mediatrice civica dell’Unione europea, che dal 2013 raccoglie le lamentele di cittadini e aziende nei confronti delle istituzioni comunitarie.
L’ACCUSA DI O’REILLY
O’Reilly, in seguito a una consultazione pubblica che aveva tenuto sulla trasparenza del processo decisionale dell’Unione europea in relazione alle questioni ambientali, ha avviato un’indagine nel maggio dell’anno scorso.
Ora, a distanza di oltre un anno, ha accusato la Commissione europea di non rispettare sistematicamente le scadenze sulle norme progettate per limitare l’esposizione a sostanze chimiche pericolose.
I ritardi accumulati da Bruxelles, secondo O’Reilly, rappresentano “una minaccia per la salute umana e l’ambiente” perché intanto le aziende, come denunciato da ClientEarth e dall’European Environmental Bureau (Eeb), possono continuare a utilizzare “migliaia di sostanze chimiche pericolose in modi che i funzionari hanno stabilito potrebbero influire sulla fertilità, causare il cancro e avere altri gravi impatti sulla salute umana e sull’ambiente”.
I RITARDI
“Alla Commissione occorrono in media 14,5 mesi per preparare le bozze di decisioni, nonostante il termine sia di 3. In alcuni casi, sono stati necessari diversi anni”, ha dichiarato la mediatrice.
Per il regolamento sulla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (Reach), infatti, le imprese che intendono a utilizzare sostanze chimiche considerate “molto preoccupanti” devono chiedere l’autorizzazione alla Commissione europea, che presenta un progetto di decisione a un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri.
La colpa, tuttavia, non ricade solo sulla Commissione. I ritardi sono dovuti anche alla mancanza di informazioni da parte dei richiedenti e per questo O’Reilly ha esortato la Commissione a garantire che le aziende vengano correttamente informate su come procedere in modo da presentare domande migliori.
MANCANZA DI TRASPARENZA
A questa “cattiva amministrazione”, come l’ha definita O’Reilly, si aggiunge anche una mancanza di trasparenza riguardo alle informazioni pubblicate per giustificare i ritardi. Per esempio, è capitato che le motivazioni indicate fossero semplicemente “disaccordi tra gli Stati membri” o “mancanza di sale riunioni“.
Il suggerimento è quello di pubblicare “tempestivamente riassunti più esaustivi delle riunioni del comitato, sottolineando che ciò aiuterebbe il pubblico a verificare la causa dei ritardi eccessivi e a responsabilizzare i decisori”.
La mediatrice ha quindi raccomandato alla Commissione di rivedere le proprie procedure interne affinché garantisca che le decisioni vengano prese più rapidamente.
LE DENUNCE DELLE ONG AMBIENTALI
Il richiamo di O’Reilly arriva dopo che le Ong ambientali hanno denunciato varie volte che la Commissione superava regolarmente le scadenze fissate dal regolamento Reach per decidere sui divieti e le restrizioni. Queste, inoltre, ricorda Euractiv, “hanno presentato alcuni casi studio, tra cui uno sul Bisfenolo A, identificato come sostanza chimica prioritaria per l’eliminazione già più di 20 anni fa e che non è ancora stato inserito nell’elenco di autorizzazione del Reach”.
Secondo l’esperta legale di ClientEarth, Hélène Duguy, l’indagine di O’Reilly “dimostra quanto la Commissione europea sia stata sconsiderata con le norme sulle sostanze chimiche” e “questo comportamento inaccettabile mina lo stato di diritto e la fiducia delle persone nelle istituzioni dell’Ue”.
Tatiana Santos, responsabile della politica chimica di Eeb, ha invece sottolineato che “ogni giorno di ritardo della Commissione permette alle sostanze chimiche pericolose di entrare nei prodotti e di avvelenare il pubblico” e “l’Europa dovrebbe dimostrare un maggiore senso di urgenza e andare incontro alle aziende che innovano una chimica più sicura e verde”.
LA RISPOSTA DELLA COMMISSIONE
In merito ai ritardi, secondo quanto riferito dalla newsletter Il mattinale europeo, “la Commissione si è giustificata con la necessità di trovare un consenso tra gli Stati membri prima di fare la proposta di decisione”.
E Johanna Bernsel, portavoce della Commissione, ha spiegato: “Alcune delle tempistiche non sono sotto il controllo della Commissione”, tuttavia ha garantito la collaborazione di Bruxelles per esaminare “come migliorare le procedure interne affinché il processo decisionale diventi più efficiente”.
Infine, Bernsel ha aggiunto che il Reach è una legislazione “molto ambiziosa” ma che la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che intende trovare dei modi per semplificarla.