Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) è sottofinanziato ma nonostante questo ha una lunga storia di successi eccezionali: quali meraviglie potrebbe raggiungere con finanziamenti adeguati? È la domanda posta da Giorgio Parisi (nella foto), premio Nobel per la fisica nel 2021 e presidente della Classe di Scienze Fisiche e Naturali dei Lincei, in occasione di un convegno organizzato ieri proprio nella sede dell’Accademia a Roma per celebrare i 100 anni dalla nascita del Cnr. Oggi per le conclusioni dei lavori è attesa il ministro vigilante, Anna Maria Bernini.
IL CNR È SOTTOFINANZIATO, DICE PARISI
“Quella del Cnr è una storia di successi eccezionali ma nonostante questi successi il Cnr, come tutto il comparto della ricerca, è sottofinanziato”, ha detto Parisi. Il fisico italiano ha spiegato che i finanziamenti diretti dello Stato coprono gli stipendi e poco più, mentre la quasi totalità delle ricerche vengono fatte con i fondi ottenuti mediante grant, italiani ed europei, contratti con amministrazioni pubbliche e con privati. Il che impedisce al Cnr di articolare sia una direzione strategica della ricerca, in quanto i fondi disponibili interni sono scarsissimi, sia un adeguato finanziamento alla ricerca di base per chi non è in grado di attrarre fondi esterni. Un fatto che si traduce anche nell’incapacità di attirare ricercatori stranieri, tranne poche eccezioni. “Il messaggio da portare a casa non è tanto: grandissimi risultati, va tutto bene”, ha concluso Parisi. “Piuttosto se abbiamo ottenuto tutto questo con finanziamenti scarsi per la ricerca, quali meraviglie saremmo in grado di ottenere con finanziamenti adeguati?”.
GLI ISTITUTI AGILI E LA PESANTEZZA DEL CNR
Il 17 e il 18 ottobre, presso Palazzo Corsini, si tiene il convegno “Lincei – CNR. Cento anni di collaborazione per il progresso delle scienze”. Le due istituzioni sono in continua sinergia da quando, nel 1923, Vito Volterra fondò il CNR e stabilì la sua prima sede proprio presso quella dell’Accademia di cui era allora presidente. Volterra subito dopo assunse anche l’incarico di primo Presidente del neonato Ente di ricerca. Che oggi è pur sempre il più grande centro scientifico pubblico italiano, uno dei principali al mondo per personale e budget. Ma dopo cento anni – festeggiati a suon di convegni, mostre, eventi vari – il modello multidisciplinare e diffuso in centinaia di sedi appare invecchiato. Anche se ci sono altri esempi a livello internazionale, ormai si tende sempre verso istituti agili, tematizzati su progetti e obiettivi, per i quali si raccolgono le risorse umane e finanziarie mirate a uno specifico risultato, così da avere un maggiore controllo del rapporto costi benefici.
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche intanto assomma scienze fisiche, matematiche e naturali, e discipline sociali e umanistiche. Sin dall’inizio si registrarono al suo interno divergenze sulla realizzazione di un grande laboratorio sperimentale nazionale, poi fu travolto dalla guerra, impegnato nella ricostruzione post-bellica, organizzato per autogoverno della comunità scientifica, con i comitati disciplinari. Non meno controverso e complicato il contatto con le università. Ebbe quindi il compito di predisporre una relazione annuale sulla ricerca scientifica. Si è occupato di energia ma poi è nata l’ENEA, di spazio ma poi è venuto l’ASI. Oggi le maggiori risorse sono destinate a studi su cambiamento climatico e bio-medicina. “Abbiamo davanti a noi importanti questioni scientifiche di vasta portata”, ha detto indicativamente la presidente Maria Chiara Carrozza, le cui defaillance Start Magazine ha raccontato in più articoli. “Uno dei grandi temi attuali è quello del futuro dell’umanità e più in generale il dover rivedere il rapporto tra l’uomo e il pianeta”. Ma anche sulle tematiche ambientali ci sono molti altri enti e atenei concorrenti. Ogni tanto si parla di riordinare il comparto, ma non se ne fa nulla.
LE LAMENTELE DI PARISI SONO GIUSTIFICATE? SOLO IN PARTE
“Il centenario che si avvia a conclusione può quindi essere l’inizio di una nuova fase, nella quale sarà di certo utile anche la consapevolezza della traiettoria storica”, scrivono i Lincei. Osservando che, dopo anni di scarsi finanziamenti, un’inversione di tendenza si è avuta negli anni più recenti, ulteriormente accresciuta dalle risorse del PNRR. Le lamentele di Parisi sono quindi giustificate solo in parte.
Il Cnr è stato agenzia di finanziamento dello Stato per progetti finalizzati, funzione che non svolge più. Anzi, è esso stesso in famelica caccia di finanziamenti, poiché i circa 500 milioni annui ricevuti direttamente, come accennato, garantiscono a malapena stipendi, affitti e bollette. Il fatto che l’altra metà del budget arrivi dalla rete scientifica determina la competitività degli istituti, e questo è positivo. Ma fa sì che gli istituti, procacciandosi finanziamenti che servono all’Ente per sopravvivere, assumano la prevalenza rispetto all’amministrazione centrale; inoltre, ovviamente, rende difficoltoso coordinare la ricerca. Si va dove portano i soldi, in qualche misura. E poi ci sono problemi di trasparenza, di valutazione della ricerca, come evidenzia il sito “Il nostro Cnr” che, non a caso, chiede di passare dal modello “verticistico” a uno “circolare”.
IL RUOLO DI PISTELLA
Il Cnr si è insomma costituito per progressiva stratificazione, la sua programmazione strategica è cambiata nel tempo. A questa sorta di federalismo provò a mettere mano anni fa il presidente Fabio Pistella, l’ultimo nominato da un governo di centro-destra, creando l’attuale organizzazione basata su Dipartimenti, che coordinano macroaree scientifiche. La riduzione dello strapotere dei direttori degli istituti, anche imponendo il limite anagrafico all’attività, all’epoca provocò un’autentica rivolta: Pistella, forse non a caso, fu oggetto di attacchi feroci e si dimise anticipatamente.
Un altro elemento critico è il controllo talvolta insufficiente degli istituti. Lo ricordano in particolare alcuni scandali. All’Istituto di fisiologia clinica di Pisa un amministrativo (poi licenziato) creò delle fatturazioni false con le quali otteneva anticipi finanziari; l’Istituto ambiente marino costiero di Napoli ha visto invece stornare fondi di ricerca sull’acquisto di materiali per un parco giochi. Ma il caso più famoso, oggetto di servizi della trasmissione Report, è avvenuto – sempre all’Istituto per l’ambiente marino costiero – a Capo Granitola, sottoutilizzata struttura dove si sospetta sia stato latitante Matteo Messina Denaro. La cosa è stata detta in una conversazione riservata (ma registrata) tra l’attuale direttore dell’Istituto e l’allora responsabile, nipote del famoso poliziotto Boris Giuliano.
IL RAPPORTO TRA PERSONALE PRECARIO E A TEMPO INDETERMINATO
Un ultimo elemento di criticità permanente è il rapporto tra personale precario e a tempo indeterminato. Il Cnr avrebbe dovuto sanare la situazione con l’ultima stabilizzazione di circa 2.000 persone su 8.500 unità complessive, nel 2021. Da allora, però, pare si sia tornati a un utilizzo permanente del precariato.
LE PAROLE DI ORLANDINI
Nel suo programma Andrea Orlandini, ricercatore candidato come membro del cda, scrive che “il Cnr raccoglie ingenti finanziamenti su bandi competitivi bilanciando parzialmente la carenza del Foe [il Fondo ordinario per gli enti di ricerca, ndr]. Questo a fronte di un costo che il personale paga impegnandosi in attività di redazione e sviluppo progettuale. È importante favorire le attività di raccolta di finanziamenti esterni, evitando prelievi ingiustificati, e facilitando il lavoro di gestione e rendicontazione”.
“È importante”, aggiunge Orlandini, “creare delle riserve di fondi di ricerca liberi da offrire alla rete per garantire una indipendenza economica.
LA RISPOSTA DEL CNR SULLE CRITICITÀ NEL PERSONALE
Ecco la risposta integrale e ufficiale dell’amministrazione del Cnr: “Con la presente nota, l’Amministrazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche intende trasmettere un breve aggiornamento su temi che hanno impatto importante sulle prospettive professionali di tante persone e, quindi, sulla vita dell’Ente, offrendo una corretta e puntuale informazione.
Le procedure selettive per le progressioni del personale ricercatore e tecnologo rappresentano certamente l’attività più importante in questo momento, per l’ampiezza e validità delle misure che l’attuale Consiglio di Amministrazione ha voluto varare, con una prospettiva di crescita di livello per oltre 2.500 ricercatori e ricercatrici, tecnologi e tecnologhe, con oltre 800 progressioni già effettuate.
A queste si aggiungono le azioni – attraverso diversi strumenti – che riguardano anche il personale tecnico e amministrativo a conclusione delle quali si avrà una crescita professionale per circa 1.300 colleghe e colleghi.
La selezione per il passaggio dal II al I livello di ricercatore e tecnologo è una misura ampiamente condivisa con l’intera comunità CNR quale elemento qualificante della strategia di questa Amministrazione volta alla valorizzazione delle risorse umane. Tale misura non è legata ad alcuna linea di finanziamento ministeriale, ma frutto di una precisa volontà del CNR. Tale iniziativa è stata caratterizzata da una serie di ricorsi, alcuni favorevoli alle procedure avviate altri di segno contrario, che hanno causato il conseguente rallentamento di un percorso intrapreso con grande impegno da parte di tutti gli interlocutori coinvolti.
È importante specificare che in questo momento non è stato adottato alcun provvedimento di revoca o di sospensione relativamente ai bandi per la progressione a dirigente di ricerca e dirigente tecnologo.
Proseguono senza soluzione di continuità tutte le azioni possibili per il superamento delle criticità sollevate da alcuni ricorsi, anche con un ampio confronto a tutti i livelli fra il CNR, le organizzazioni sindacali firmatarie il CCNL e l’ARAN al fine di pervenire ad una interpretazione autentica dell’art. 15. L’Amministrazione ha inoltre avviato le dovute interlocuzioni con i massimi livelli dell’Avvocatura Generale dello Stato anche al fine di supportare gli Organi decisionali del CNR in materia di valorizzazione del personale dell’Ente.
Non meno importante, in questa fase, è la responsabilità che ricade sull’intera comunità scientifica del CNR: quella di riconoscersi, individualmente, come parte di un tutto, e focalizzare il grande apporto che, ciascuno può offrire, collaborando, per potenziare e qualificare l’operato dell’Ente.
Il Paese ha estremamente bisogno di un Ente multidisciplinare forte e competitivo che sia punto di riferimento su temi di grande impatto sulla società. Sta al CNR decidere se essere o meno tale Ente, se guardare al futuro con ambizione oppure no, se crescere e migliorare tutti insieme grazie alle risorse e alle energie che possono rappresentare il suo principale punto di forza”.