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Arrestiamo la stupidità degli adolescenti?

Il ministro Valditara contro la stupidità degli adolescenti? Anche meno. Il corsivo di Battista Falconi

Il ministro Valditara che tuona, promettendo sanzioni esemplari contro gli studenti rei di aver fischiato e sbeffeggiato il film loro somministrato, con l’intento di sensibilizzarli su un tremendo caso di omofobia, cerca di unire due atteggiamenti opposti. Da un lato c’è il cosiddetto “panpenalismo”, che il titolare dell’Istruzione e del merito interpreta impeccabilmente, col piglio da preside severo che non lo abbandona mai (non se ne ricordano una postura spigliata, né un’espressione spontanea). Dall’altro, il moralismo progressista, convinto che basti affermare in modo stentoreo una cosa buona e bella perché questo messaggio converta magicamente il destinatario.

Il primo approccio è tipicamente di “destra”, impregna in modo trasversale, ancorché con gradazioni diverse, tutti i partiti della maggioranza: Fratelli d’Italia e Lega, che poggiano su un elettorato tendenzialmente forcaiolo, ma anche Forza Italia, il cui garantismo è molto più rivolto verso i reati da colletti bianchi che non alla micro o macro criminalità. Diciamo che, in questo senso, l’esecutivo conserva il borghesismo cantato da Claudio Lolli: “Sei contenta se un ladro muore, se si arresta una puttana” (il primo verso ha trovato nei giorni scorsi un’avvilente conferma in un’infelicissima battuta del ministro Salvini).

Il secondo approccio, più che essere “di” sinistra, è ormai “la” sinistra che, avendo gettato alle ortiche l’idea del miglioramento sociale e ridotto a poche prese di posizione formali la difesa dei lavoratori, pensa che il woke sia l’unica tattica da seguire, o almeno la più comoda. Un po’ di ambientalismo, molto multiculturalismo, aperture alla fluidità di genere e di sesso. Quanto questi princìpi tradiscano la storia del socialismo dalla quale un piddino odierno dovrebbe almeno in misura minima provenire è evidente, ma dettagliare tale degrado ci porterebbe via troppo tempo.

Entrambi gli atteggiamenti, in generale e nel caso specifico, cozzano contro una realtà: o, per meglio dire, contro la “realtà”, contro il senso di realtà al quale pretendono di sovrapporre la “verità”, o per meglio dire la sua asserzione teorica. Ti minaccio di sanzione perché tu non infranga le norme, oppure ti dico cosa è bene perché tu lo faccia, sono due stilemi privi di senso, perché chi commette il male ha qualche ragione per farlo e colpire l’effetto non è la soluzione, al massimo un tampone temporaneo.

Gli adolescenti di cui tanto piace parlare, tagliando con l’accetta, sono tendenzialmente scemi. Lo sappiamo per esperienza diretta, chiunque di noi da bambino, giovanissimo e giovane ha commesso fesserie di gravità diversa: sottrarre senza permesso i soldi dai portafogli genitoriali, rispondere male a un professore, aggredire un coetaneo, mettersi col muso storto davanti a una finestra, partecipare a un furtarello, ubriacarsi, farsi una canna. Pochi, per fortuna, procedono fino a commettere reati gravi, pochissimi crescono senza inciampare in queste stupidaggini.

Sul piano pedagogico, questa voglia di andare “contro” si spiega come un inevitabile processo di superamento dei limiti, come un’evoluzione simile a quella per la quale i nostri primordiali antenati rischiavano di trovarsi contro una fiera affamata. Nessun sistema sociale può condizionare il nostro cervello nella sua fase plastica e annullare certe pulsioni di curiosità e ostilità. Questo non vuol dire tollerare che, davanti a un film che parla di un ragazzo suicida perché bullizzato come omosessuale, si rida, strepiti, urli “fr… di me…” e “ma quanno mori?”. Ma nemmeno farne un caso da portare sulle prime pagine dei giornali, che i ragazzi comunque non leggono, con l’intervento del ministro di competenza. Il rischio che quella stupidità trovi in tanta enfasi un incentivo, e non un dissuasivo, è evidente.

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