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Trump coccola India e Brasile per spaccare i Brics?

Che cosa sta succedendo in materia di commercio e tariffe tra gli Stati Uniti e alcuni Paesi Brics come India e Brasile

Nelle ultime ore l’attenzione della Casa Bianca si è concentrata soprattutto sul rapporto con la Cina, contro cui ha iniziato la guerra commerciale. Le ultime dichiarazioni provenienti dall’amministrazione di Donald Trump sono state, forse per la prima volta da mesi, più calme. Ma oltre alle relazioni con Pechino, gli Stati Uniti guardano anche ad altri due paesi principali dei Brics, cioè Brasile e India. “Grazie all’accordo con l’India e all’imposizione di dazi per appena il 10% nei confronti del Brasile, Washington ha di fatto spaccato il blocco dei Brics”, ha scritto su X Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, spiegando cosa si celerebbe dietro le tattiche Usa.

SARÀ VERA DE-ESCALATION CON LA CINA?

Prima di tutto, però, la Cina. I segnali distensivi degli Usa verso Pechino sono arrivati sia dal presidente Trump sia dal segretario al Tesoro Bessent. Trump ha fatto capire che, alla fine dei futuri negoziati, i dazi verso la Cina non saranno “nemmeno lontanamente” vicini alla percentuale del 145%. “Saremo molto gentili”, “loro saranno molto gentili e vedremo cosa succederà. Ma alla fine dovranno raggiungere un accordo, perché altrimenti non potranno trattare negli Usa”, ha detto il presidente. Ipotizzando quindi una rilevante diminuzione delle tariffe.

La posizione di Bessent è, ovviamente, simile. Con le rispettive soglie del 145% e del 125%, la situazione commerciale tra Stati Uniti e Cina non è sostenibile, quindi bisogna allentare la tensione. Una de-escalation che giungerà nel prossimo futuro, ha detto lo stesso segretario al Tesoro in un evento di JP Morgan a Washington. I tempi, tuttavia, non saranno brevi. I negoziati con Pechino non sono ancora iniziati e secondo Bessent si potrebbe arrivare a un accordo con la Cina entro due o tre anni. Ennesimo dietrofront americano? La Casa Bianca si è accorta dei contraccolpi economici e finanziari dettati dalla guerra commerciale? Ad ogni modo sono messaggi benevoli.

L’ACCORDO CON L’INDIA

Messaggi al miele sono stati lanciati contemporaneamente verso l’India, dove il vicepresidente degli Usa JD Vance è in viaggio. Dopo aver incontrato il premier Narendra Modi, lo ha lodato, definendolo “un leader serio che ha riflettuto a fondo sulla futura prosperità e sicurezza dell’India”, ma anche “un negoziatore molto tenace”. “India e Usa hanno concordato i termini per la negoziazione di un accordo bilaterale” ha scritto il Financial Times, e l’obiettivo dei due paesi è trovare un accordo entro l’autunno.

Secondo la tabella presentata da Trump settimane fa, l’India rischiava dazi al 26%. In concomitanza della visita di Modi di febbraio negli Usa, Nuova Delhi aveva tagliato alcune tariffe, per lo più simboliche, come quelle sul bourbon e sulle auto e moto di lusso. Poi è arrivata la revoca delle restrizioni sulle importazioni di piccoli reattori modulari made in Usa. E per ridurre il surplus commerciale indiano con gli Stati Uniti, Modi ha promesso di acquistare maggiori quantità di petrolio e gas da Washington. Tutti piccoli grandi assist che sono serviti all’India per ammorbidire la posizione degli Usa.

D’altronde, la Casa Bianca ha tutto l’interesse nel trovare un’intesa con Nuova Delhi sia per la portata economica sia per quella geopolitica. L’asse con l’India in funzione anti-cinese è fondamentale per gli Usa, che mira così a frammentare i paesi Brics, già molto divisi su interessi e intenti vista la composizione variegata dell’organizzazione. Non lo ha dichiarato esplicitamente, ma conoscendo l’obiettivo degli Stati Uniti di prepararsi al meglio a una tensione sempre crescente con la Cina, le parole di Vance assumono un significato preciso: “Credo fermamente che il futuro del 21° secolo sarà determinato dalla forza del partenariato tra Stati Uniti e India”. “Credo anche che se non riusciremo a lavorare insieme con successo, il 21° secolo potrebbe essere un periodo molto buio per tutta l’umanità”, ha aggiunto il vicepresidente Usa.

IL RUOLO DEL BRASILE

Tra i paesi che possono avere un ruolo decisivo nelle tensioni tra Usa e Cina c’è anche il Brasile. Non per distenderle, ma per sfruttarle. Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, durante un evento di ieri con il presidente cileno Gabriel Boric, ha espresso l’interesse del proprio paese di rimanere in equilibrio tra le due grandi potenze: “Non voglio una guerra fredda. Non voglio scegliere tra Stati Uniti e Cina”. “Voglio avere un rapporto con entrambi. Non voglio avere preferenze per un uno rispetto all’altro. Voglio commerciare con tutti”, ha aggiunto Lula.

Come ricorda Bloomberg, il commercio tra Brasile e Cina negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente e vale ben 158 miliardi di dollari (dati del 2024), quasi il doppio del valore degli scambi tra Brasile e Stati Uniti. Lula ha criticato la politica dei dazi statunitensi, nonostante al Brasile sia ‘toccata’ una soglia bassa del 10%. Una soglia che potrebbe essere stata decisa, anche qui, per spaccare il fronte dei Brics, ma che ad ogni modo è stata fondamentale per far emergere il Brasile come uno dei vincitori dalla guerra commerciale in atto.

Sia attirando flussi di capitali che si allontanano dagli Usa, sia soprattutto per i guadagni derivanti dal commercio delle sue ingenti materie prime. Le esportazioni brasiliane di prodotti agricoli, come soia e carne bovina, verso la Cina sono in aumento. Ma anche le esportazioni di Brasilia verso gli Stati Uniti sono cresciute, sfruttando proprio gli scambi in diminuzione tra Pechino e Washington a causa dei dazi.

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