Il rapporto tra Donald Trump e uno dei suoi consiglieri più importanti, Elon Musk, potrebbe essere già arrivato al punto di rottura: c’entrano i nuovi dazi, molti dei quali altissimi, imposti la settimana scorsa dal presidente degli Stati Uniti verso un gran numero di paesi.
MUSK ATTACCA NAVARRO
Su X, la piattaforma di social network di sua proprietà, Musk ha commentato un video di Peter Navarro, consigliere per il Commercio di Trump, nel quale spiegava le ragioni delle nuove tariffe commerciali. “Un dottorato in Economia ad Harvard è una cosa negativa, non positiva”, ha scritto Musk, riferendosi al dottorato di ricerca conseguito da Navarro, appunto, all’università di Harvard. Dopodiché, ha postato sul suo video un video dell’economista statunitense Milton Friedman, premio Nobel, in difesa del libero scambio.
LA RISPOSTA DI NAVARRO SU FOX NEWS
In risposta, lunedì Navarro è andato su Fox News e ha detto che Musk è un “assemblatore di auto” che ha interesse a tenere bassi i suoi costi di produzione. Tesla, la casa automobilistica di cui Musk è amministratore delegato, assembla i suoi modelli negli Stati Uniti ma importa comunque componenti dall’estero (dal Messico, ad esempio). In una lettera non firmata inviata il mese scorso alla Casa Bianca, l’azienda affermava che “anche con una localizzazione aggressiva della catena di fornitura […] alcune parti e componenti sono difficili o impossibili da reperire negli Stati Uniti”. In sostanza, i dazi rischiano di far aumentare i costi di manifattura dei veicoli elettrici e di renderli meno competitivi sui mercati esteri.
“Quando si parla di di dazi e di commercio, alla Casa Bianca comprendiamo tutti – e il popolo americano lo comprende – che Elon è un produttore di automobili… è un assemblatore di automobili”, ha detto Navarro a Fox News, forse anche con l’intenzione di ricucire lo strappo tra Musk e l’amministrazione Trump. Musk, ha aggiunto, “è una persona che si occupa di automobili. Questo è ciò che fa, e vuole i pezzi stranieri a basso costo”.
Il consigliere del presidente ha poi fatto notare che molti dei componenti dei veicoli di Tesla arrivano dal Messico, dal Giappone, dalla Cina e da Taiwan, tutti paesi soggetti a tariffe pesanti. “Musk sta semplicemente proteggendo i propri interessi, come farebbe qualsiasi uomo d’affari”, ha proseguito. “Siamo più preoccupati che Detroit costruisca Cadillac con motori americani”.
Da quando Trump ha annunciato i nuovi dazi, le azioni di Tesla hanno perso quasi il 20 per cento, peraltro dopo mesi di difficoltà in borsa.
NO ALL’AREA DI LIBERO SCAMBIO EUROPA-AMERICA
Navarro ha anche respinto la proposta di Musk – l’ha presentata nei giorni scorsi durante il suo intervento al congresso della Lega – per la creazione di un’area di libero scambio tra gli Stati Uniti e l’Europa. Al contrario, i paesi membri dell’Unione europea saranno soggetti a un dazio del 20 per cento.
Navarro, infine, ha garantito che lui e Musk sono in buoni rapporti e che gli attacchi via social di quest’ultimo non sono “niente di che”. Musk non è solo un imprenditore, ma ha un ruolo nell’amministrazione Trump: guida il dipartimento per l’Efficienza governativa (Doge), che si occupa di tagliare le spese delle agenzie federali.
NAVARRO CONTRO IL WTO
Oltre a difendere i dazi dalle critiche di Musk su Fox News, Navarro ha anche pubblicato un articolo sul Financial Times nel quale afferma che “il sistema commerciale internazionale è rotto, e la dottrina delle tariffe reciproche di Donald Trump lo aggiusterà”.
Il consigliere di Trump attacca subito l’Organizzazione mondiale del commercio, una delle più importanti istituzioni economiche multilaterali create dopo la fine della Seconda guerra mondiale, assieme alla Banca mondiale e al Fondo monetario internazionale. “Per decenni”, scrive Navarro, “sotto le regole distorte dell’Organizzazione mondiale del commercio, gli Stati Uniti hanno dovuto affrontare tariffe sistematicamente più alte da parte dei loro principali partner commerciali e barriere non tariffarie molto più punitive. Il risultato è un’emergenza nazionale che minaccia la nostra prosperità economica e la nostra sicurezza nazionale”.
L’amministrazione Trump sostiene, in sostanza, che i deficit commerciali abbiano permesso un trasferimento di ricchezza in mani straniere e che le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio sfavoriscano gli Stati Uniti sia per quanto riguarda le barriere commerciali (l’America ne subisce di più alte rispetto agli altri paesi) che per quanto riguarda la risoluzione delle dispute. “Sebbene l’Organizzazione mondiale del commercio permetta tecnicamente di presentare ricorsi, il suo sistema di risoluzione delle controversie è rotto in termini funzionali, e le conseguenze sono state catastrofiche. Gli Stati Uniti hanno portato all’Omc diverse controversie commerciali di alto profilo in materia di agricoltura, che hanno preso di mira i divieti stranieri sul pollame, sulla carne bovina trattata con ormoni e sulle colture geneticamente modificate. In quasi tutti i casi gli Stati Uniti hanno prevalso. Ma le vittorie non hanno avuto importanza. Il divieto dell’Unione europea sulla carne bovina statunitense trattata con ormoni è stato contestato nel 1996 e dichiarato illegale nel 1998, ma l’Ue non lo ha ancora revocato”.
“La dottrina tariffaria reciproca di Trump fa esattamente ciò che l’Omc non è riuscita a fare: responsabilizza i paesi stranieri”, scrive Navarro. “Gli Stati Uniti ora si adegueranno ai dazi sostanzialmente più alti e alle barriere non tariffarie schiaccianti imposti a noi da altre nazioni. Si tratta di una questione di equità, e su questo nessuno può discutere”.
Gli Stati Uniti contribuiscono da soli all’11,4 per cento del bilancio dell’Organizzazione mondiale del commercio, più di ogni altro paese (la Cina è all’11,1 per cento), ma ritengono che l’ente non difenda i loro interessi.