I sondaggi non sono scienza, misurano la temperatura in un certo momento ma non forniscono alcuna indicazione sullo stato di salute del paziente, né tantomeno una diagnosi per curarlo laddove fosse malato. Sono però fonti interessanti, specie se non ci si ferma al day by day.
Oggi, per esempio, spiccano i numeri forniti da Ipsos sul Corriere della Sera, assunti in genere come indicatori di una certa serietà, nei quali colpisce il calo di quattro punti di gradimento, rispetto a maggio, non soltanto del governo (che scende al 42 dal 46%, con un indice che va dal 51 al 47%) ma anche quello di Giorgia Meloni (dal 48 al 44%, con un indice dal 53 al 49%). La premier viene infatti considerata una campionessa di popolarità. Ma va detto che lo stesso sondaggio assegna a Fratelli d’Italia un’intenzione di voto molto alta del 30,2%, con Lega all’8,1 e Forza Italia al 6,6, mentre restano sotto il 20% (a proposito di “soglia psicologica”, come si dice in questi casi) sia il PD al 19,5%, sia il Movimento 5 Stelle al 16,4.
Non può non venire in mente la gaffe commessa e non riparata da Nicola Zingaretti, che dopo avere elogiato Elly Schlein in pubblico avrebbe confidato i suoi timori che con l’attuale segretaria il Partito Democratico possa scendere addirittura sotto il 17%. Ricordiamo che Zingaretti ne era il leader alle precedenti elezioni europee del 2019 e aveva ottenuto il 22,7%.
Altri sondaggi sulle intenzioni di voto dei giorni scorsi riportano scenari similari e una situazione molto chiara: l’esecutivo e anche il Presidente del Consiglio possono pure subire qualche incrinatura ma, come è noto ed evidente, le opposizioni non sono minimamente in grado di approfittarne. Anzi, la guerra tra le due formazioni principali prevarrà rispetto alla capacità di coalizzarsi. Lo confermano i dati forniti da Libero il 3 settembre sugli elettori Dem che, pure assegnando un non disprezzabile 58% di favore a Schlein, registrano il 65% di contrarietà ad un’altra alleanza con i 5 stelle.
Riportiamo poi gli altri sondaggi dei giorni scorsi, da cui si vede come le cifre ballino troppo per essere anche solo minimamente affidabili e, comunque, le variazioni non spostino significativamente i ragionamenti che se ne possono far conseguire. In ordine (SWG, You Trend, Dire Tecnè, Euromedia): Fratelli d’Italia 28,2, 31,2, 28,5, 26,5%; Lega 9,4, 8,3, 8,9, 10,5%; Forza Italia 6,4, 5,8, 10,2, 7,4%; PD 20,1, 19,5, 20,3, 20,3%; Cinque Stelle 16,9, 15,2, 15,5, 16,5%. A margine, ricordiamo la querelle sull’abbassamento della soglia dal 4 al 3%, che favorendo i partiti minori potrebbe danneggiare soprattutto il centro-sinistra.
Più indicativi gli atteggiamenti rispetto a Giorgia Meloni e al governo, cui Dire Tecnè assegna una fiducia rispettivamente del 48,2 e 42,8%, mentre Euromedia registra una previsione che il governo sia stabile nell’arco della legislatura al 45,2% (contro il 53,3 di luglio), molto distante da quella di Lab 21 secondo cui la stabilità per l’intera legislatura è sostenuta dal 73,4%. Se effettivamente alle europee si dovessero riscontrare più o meno le percentuali previste, è molto probabile che questo accada e si capisce bene che, se quello di Meloni fosse davvero il primo governo a reggere per un quinquennio, il successo interno e la soddisfazione internazionale sarebbero tali che il successivo voto darebbe una conferma quasi certa al governo uscente.
Lo potremmo chiamare il processo autoavverante della stabilità, lo stesso che ha portato Mattarella, secondo dati Demos pubblicati il primo settembre, a salire addirittura al 73% di apprezzamento contro il 49% del 2015, con percentuali plebiscitarie da parte degli elettori di sinistra ma altissimo consenso anche nel centrodestra. Il bisogno di solidità, in un periodo per tante ragioni così disorientante, prevale su qualunque altra valutazione, ce lo dicono anche gli industriali a Cernobbio, dando un 69% di valutazione soddisfatta o sufficiente al governo nonostante i molti segnali economici non positivi e le incertezze per il futuro. Specie con le opposizioni del tutto incapaci di approfittare delle défaillance della maggioranza. Non ci si meravigli pertanto se, come informava SWG il 30 agosto, in un confronto sull’apprezzamento dopo un anno Meloni straccia i precedenti premier, pareggia con Draghi ed è un filo soltanto sotto Berlusconi.
Gli ultimi dati da tenere presenti sono che, ci informava Libero il 26 agosto, la leadership di Giorgia Meloni conta nel voto per Fratelli d’Italia per il 39 degli elettori (contro il 34 del 2022), mentre SWG pochi giorni dopo ci diceva che Meloni viene considerata di destra dal 15% di persone in meno rispetto al precedente sondaggio, con un riconoscimento di validità personale del 55%, cioè la maggioranza, anche tra coloro che non la votano. Di nuovo: più si rimane al proprio posto e più si diventa credibili. Infine, ce lo riferisce la Verità del 3 settembre riguardo alle affermazioni di Giambruno: Tecnè rileva il 95% d’accordo che non bisogna dare confidenza o perdere controllo per ridurre il rischio di stupro, il 67% concorda anche sul non vestirsi in modo vistoso. Quelli che si chiamano sentimenti di pancia o buon senso sono nella quasi totalità delle persone e formano la base culturale, sociale, l’umore profondo da cui il Governo e Meloni traggono forza.