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Zuckerberg è più potente di Trump? Parla Amenduni

Conversazione di Policy Maker con Dino Amenduni, strategic thinker, curatore del corso di Comunicazione politica elettorale all’Università di Perugia nonché socio dell’agenzia di comunicazione Proforma, sulla decisione di Zuckerberg che ha sospeso Trump da Facebook

 

Con un lungo post è stato Mark Zuckerberg in persona, patron di Facebook, e non un grigio e anonimo dipendente dell’azienda di Menlo Park (o un algoritmo) a decretare la sospensione di Donald Trump dall’ultimo social che gli era rimasto. Dopo il blocco temporaneo di Twitter, è arrivata la condanna, inappellabile, di Facebook: “La sua decisione di utilizzare la piattaforma per condonare piuttosto che condannare le azioni dei suoi sostenitori al Campidoglio ha giustamente disturbato le persone negli Stati Uniti e nel mondo. Abbiamo rimosso queste affermazioni ieri perché abbiamo giudicato che il loro effetto – e probabilmente il loro intento – sarebbe stato provocare ulteriori violenze”.

“Crediamo – ha proseguito Zuckerberg – che i rischi di consentire al Presidente di continuare a utilizzare il nostro servizio in questo periodo siano semplicemente troppo grandi. Pertanto, stiamo estendendo il blocco che abbiamo inserito sui suoi account Facebook e Instagram a tempo indeterminato e per almeno le prossime due settimane fino al completamento della transizione pacifica del potere”. Sembra concludersi così l’ultimo capitolo della relazione “odi et amo” tra Trump e i social.

RISPETTO DELLE REGOLE O CENSURA?

Decisione giusta o sbagliata? E Zuckerberg è dunque più potente di Trump? Risponde Dino Amenduni, strategic thinker, curatore del corso di Comunicazione politica elettorale all’Università di Perugia nonché socio dell’agenzia di comunicazione Proforma, che si interessa da sempre di questi argomenti e di come vengono declinati via social: “Se noi andiamo a leggere i termini e le condizioni di utilizzo che qualsiasi utente, Trump incluso, ha dovuto firmare al momento della registrazione su Facebook possiamo vedere come la decisione presa ieri sia perfettamente coerente con quel contratto”.

Niente censure, insomma, dalle parti di Menlo Park, ma solo il rispetto delle regole imposte a tutti gli utenti, in nome della democrazia orizzontale. Ma siamo sicuri che il social di Mark Zuckerberg sia così orizzontale ed egualitario? “No, possiamo fondatamente nutrire più di un dubbio – risponde l’esperto di comunicazione – Dovremmo per esempio chiederci come mai Facebook abbia chiuso l’account presidenziale soltanto ora, visto che Trump violava quelle regole da parecchio tempo”.

FACEBOOK SUCCUBE DI TRUMP?

“Viene da chiedersi se l’account di Trump sarebbe stato silenziato anche nel caso in cui avesse vinto le elezioni o se il provvedimento sia giunto soltanto ora perché ormai il tycoon è in fase calante”, aggiunge Amenduni. “Quel che è certo – osserva l’esperto di comunicazione elettorale -, è che per molto tempo le regole non sono state uguali per tutti. Ad alcuni è stato permesso di reiterare le violazioni dei termini di utilizzo, altri si sono visti sospendere il proprio account al primo sgarro”.

CHE COSA FARA’ FACEBOOK NEGLI ALTRI PAESI?

“Bisognerà valutare – si chiede ancora Amenduni – se Facebook agirà ovunque con la stessa sensibilità o se per esempio la Facebook italiana continuerà a fare le sue valutazioni: prendiamo il caso di quando Matteo Salvini pubblicò il video con la fake news del Covid-19 scappato dai laboratori cinesi… fosse accaduto oggi, dopo il ban temporaneo di Trump, come si sarebbe comportata Facebook Italia di fronte a una violazione tanto palese delle condizioni di utilizzo del social?”.

 

(Estratto di un articolo pubblicato su policymakermag.it, qui la versione integrale)

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