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La Cina sfrutta il Vietnam per aggirare i dazi di Trump

Il Vietnam sta ricevendo tanti investimenti da aziende in Cina, mosse dall'obiettivo di aggirare i dazi americani. Il paese, però, rischia di essere preso di mira da Trump. Ecco i fatti, i numeri e le possibili contromisure di Hanoi

Per aggirare i dazi del 10 per cento imposti da Donald Trump su tutte le importazioni dalla Cina, le aziende cinesi stanno aumentando gli investimenti in Vietnam e spostando lì una parte delle loro operazioni: come ha scritto il Financial Times, quasi uno ogni tre investimenti effettuati dalle società cinesi è in Vietnam.

IL SURPLUS COMMERCIALE DEL VIETNAM CON GLI STATI UNITI

Il paese beneficia di questo flusso di capitali cinesi ma rischia di venire preso di mira dall’amministrazione Trump, che utilizza i dazi per riequilibrare i rapporti con quelle nazioni che hanno un grosso surplus commerciale con gli Stati Uniti. E proprio l’anno scorso, peraltro, il surplus vietnamita con l’America ha raggiunto la cifra record di 123,5 miliardi di dollari: è stato il terzo più grande dopo quelli di Cina e Messico.

GLI INVESTIMENTI CINESI

Una parte di questo surplus commerciale è dovuto all’aumento delle esportazioni di aziende americane come Apple e Intel, che hanno rilocalizzato in Vietnam una parte dei processi manifatturieri che si trovavano in Cina con l’obiettivo di rendere le loro filiere meno vulnerabili alle tensioni geopolitiche. Poi, però, ci sono le società cinesi, sempre più presenti in Vietnam: nel 2024 queste aziende hanno rappresentato il 28 per cento dei nuovi progetti nel paese, rispetto al 22 per cento nel 2023; a gennaio 2025 sono valse il 30 per cento.

Una buona parte degli investimenti manifatturieri cinesi in Vietnam – che non arrivano soltanto dalla Cina o da Hong Kong, ma anche da Singapore – sono il prodotto delle pressioni dei clienti negli Stati Uniti e in Europa, che non vogliono che sui certificati d’origine dei prodotti che importano compaia la dicitura made in China.

La filiera manifatturiera vietnamita, comunque, è molto dipendente dalle materie prime cinesi.

I DAZI DI TRUMP

Questa dipendenza dalle materie prime cinesi, unita alla crescita degli investimenti provenienti dalla Repubblica popolare, potrebbe spingere l’amministrazione Trump a mettere dazi sul Vietnam sia per riequilibrare la bilancia degli scambi, sia per “punire” le triangolazioni delle merci cinesi: sarebbe un duro colpo per il paese, visto che il mercato statunitense vale quasi il 30 per cento delle sue esportazioni.

Il Vietnam, peraltro, è già minacciato dai dazi al 25 per cento sull’acciaio annunciati da Trump una decina di giorni fa, essendo uno dei principali esportatori di questa lega negli Stati Uniti.

LE CONTROMISURE DEL VIETNAM

Per prevenire l’applicazione di dazi sulle sue esportazioni, il Vietnam ha già detto di voler aumentare le importazioni di prodotti agricoli statunitensi. Il primo ministro Pham Minh Chinh, inoltre, ha annunciato l’intenzione di acquistare fino a cento aerei di Boeing e tante apparecchiature tecnologiche di vario tipo.

Il governo vietnamita, inoltre, potrebbe inasprire le regole sui requisiti di contenuto locale per forzare le aziende cinesi a sviluppare una filiera interna per i loro prodotti, anziché trattare il Vietnam come una postazione di assemblaggio (è così per i pannelli solari, ad esempio) o di ri-esportazione. “Una piccola percentuale di merci cinesi vengono […] rietichettate come ‘made in Vietnam’ senza alcun valore aggiunto e dirottate verso gli Stati Uniti, una pratica illegale”, ha scritto il Financial Times.

IL PROTAGONISMO DEL SUD-EST ASIATICO

Al di là del Vietnam, la regione del Sud-est asiatico è diventata ormai centralissima per la manifattura, specialmente quella tecnologica. L’area, inoltre, viene considerata ad potenziale di domanda di servizi digitali: ecco perché Google, Microsoft e Amazon – e non solo loro – stanno spendendo cifre miliardarie per la realizzazione di centri dati e strutture simili in Thailandia, Indonesia, Singapore e Malaysia.

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