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Vi racconto la storia dei rapporti fra Zelensky e Papa Francesco

Zelensky ha incontrato per la terza volta il Papa. Se una visita al pontefice è dovuta per ogni capo di Stato che passa per Roma, tre segnalano che c’è qualcosa che bolle in pentola. L’analisi di Ugo Poletti

 

Il presidente ucraino ha incontrato per la terza volta il Papa, pochi giorni fa a Roma. La prima udienza era avvenuta a maggio del 2023 in un clima di freddezza. Poi al G7 di luglio in Puglia.

Se una visita al Papa è dovuta per ogni capo di Stato che passa per Roma, tre segnalano che c’è qualcosa che bolle in pentola. Soprattutto se si pensa che l’Ucraina non è un paese cattolico e Zelensky, oltre ad essere ebreo, non ha mai mostrato interesse per la religione (a differenza del suo predecessore Poroshenko).

L’Ucraina è un paese a maggioranza cristiano, circa l’86% (ricerca dal Centro Razumkov, 2019), con i cattolici che rappresentano l’11% della popolazione. Di questi, la componente maggiore è quella  greco-cattolica (9%), che gestisce anche l’Università Cattolica di Leopoli, un’istituzione molto prestigiosa in Ucraina.

Quindi non esiste una ragione elettorale per Zelensky nell’incontrare Papa Francesco. Inoltre, il rapporto tra il pontefice e l’Ucraina è stato spesso caratterizzato da incidenti diplomatici e incomprensioni. Per esempio la condanna da parte del Vaticano della morte di Daria Dugina, giornalista russa uccisa a Mosca da una bomba nella sua macchina, definita vittima della guerra in Ucraina. Una affermazione che tecnicamente puntava un dito accusatore verso gli ucraini, come responsabili dell’attentato, nonostante le smentite ufficiali. La diplomazia ucraina per voce del ministro degli esteri Kuleba reagì in modo offeso. Uno strana gaffe da un punto di vista diplomatico.

Un secondo incidente fu la proposta di alzare la “bandiera bianca” per arrivare alla risoluzione del conflitto. Peccato che anche qui gli ucraini si sentirono destinatari di questa richiesta di resa. Del resto nessuno trovò plausibile che Papa Francesco chiedesse a Putin di sventolare una bandiera bianca.

Però ci furono anche le visite degli emissari del Papa, come gesti di buona volontà. Prima il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, che venne due volte nel 2022 e una terza nel 2023, in missione umanitaria.

Poi il presidente della CEI, cardinale Matteo Zuppi, in una missione diplomatica, prima in Ucraina e poi in Russia. Una visita strana, se si considera che non ha un ruolo nella diplomazia vaticana. Ma Zuppi è anche il punto di riferimento della Comunità di Sant’Egidio, la cosiddetta “ONU di Trastevere”, che contribuì in modo decisivo alla pace in Mozambico. Forse il Papa sperava in un altro miracolo. Purtroppo, non c’è stato.

Eppure Zelensky incontra ancora il Papa. Certamente il Santo Padre è il leader spirituale più influente del mondo e la sua figura è sinonimo di pace. Naturalmente la sua voce ha più presa in Paesi dove la comunità cattolica è più forte. Per esempio, quando Papa Wojtyla si scagliò contro la guerra in Iraq, creò qualche grattacapo agli Stati Uniti, dove i cattolici sono ancora la comunità più grande tra le varie confessioni cristiane.

Peccato che l’attuale Papa americano, nel senso di nato in Sudamerica, si è rivelato anche il Papa “anti-americano”. E questo ha creato una situazione paradossale. Certamente Zelensky è tra i due leader dei paesi belligeranti, quello che ha un dialogo frequente con Francesco. Putin invece non può parlare di pace con il capo della Chiesa cattolica, perché offenderebbe il Patriarca di Mosca, che ha santificato la sua invasione dell’Ucraina. Tuttavia, se con Zelensky il Papa può parlare, con gli americani, alleati indispensabili dell’Ucraina, non ci vuole parlare.

Però, questa terza visita mostra che il Vaticano può ancora esercitare un ruolo. Certamente, il primato delle associazioni umanitarie di ispirazione cristiana, molte delle quali presenti in Ucraina, rappresentano una carta diplomatica importante, in coordinamento con la diplomazia italiana. Infatti, i volontari italiani all’estero trovano diplomatici nazionali abituati a supportare le organizzazioni umanitarie.

Ma un altro punto di forza è il potere di influenza del Vaticano sull’opinione pubblica mondiale. Infatti, il cattolicesimo è l’unica religione con una presenza organizzata di fedeli in tutti i continenti. Ecco l’importanza comunicazionale della foto dell’uomo vestito di bianco che dialoga sorridente con quello in tuta verde militare. Propaga l’immagine di un leader di un paese aggredito in cerca di pace. In questo incontro in particolare, c’è stata la richiesta ufficiale di mediazione della diplomazia vaticana per il rientro dei prigionieri ucraini e dei giornalisti nelle prigioni russe.

I due leader hanno quindi una strategia convergente: la ricerca della pace. Per il Papa è un dovere d’ufficio. Per Zelensky è una disperata necessità. Una pace oggi è probabilmente migliore di quella offerta tra un anno. Anche Putin comincia a parlare di pace, ma ha bisogno di una vittoria indiscutibile, per rimanere al potere.

Zelensky ha bisogno di fare marketing della sua soluzione di pace, la meno sfavorevole all’Ucraina. Ecco che il soft power del Papa lo può aiutare a convincere i suoi cattolici ucraini, pochi ma influenti, e molti paesi del mondo. Anche quelli antiamericani, ma sensibili alla figura del Santo Padre.

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