La compattezza delle opposizioni contro la presa di distanza di Giorgia Meloni dal Manifesto di Ventotene del 1941(“Non è la mia Europa”), che bloccano i lavori di Montecitorio, lanciando al premier l’eterna accusa di “fascismo”, dura giusto l’attimo della protesta. Perché a sera, a Montecitorio si replica, nel dibattito sulle comunicazioni del premier in vista del Consiglio Europeo di oggi e domani sul piano di Difesa, lo stesso “film” del Senato. Approvata con 188 sì la risoluzione della maggioranza che vota compatta. Respinte le ben 6 risoluzioni presentate dalle opposizioni. “E non ce ne è una dove sono riusciti a votare tutti insieme. Hanno votato sempre sparpagliati”, chiosa la giornata il deputato leghista Stefano Candiani.
Insomma, anche il dibattito a Montecitorio, contrariamente a una certa rappresentazione mediatica che aveva messo sullo stesso piano le differenze nella maggioranza e quelle nelle opposizioni, certifica che la maggioranza è compatta e che se c’è un filo rosso che unisce le opposizioni non sono le proposte da fronte alternativo ma temi logori, fuori tempo, come l’eterno ricorso all’accusa di fascismo e un certo anti-americanismo di ritorno come conseguenza dall’anti-trumpismo.
A Elly Schlein che continua a chiedere a Meloni di dichiararsi antifascista e andando all’attualità di scegliere tra Europa e “il berretto di Trump”, Meloni replica secca con interrogativi dirimenti che riguardano la posizione del Pd sull’Ucraina rispetto ai partner europei e quella dei rapporti con gli Usa. Interrogativi che attengono a questioni di politica estera sulle quali il Pd è diviso. Chiede Meloni: “Quando si dice che l’Italia deve stare con la Ue che significa? Che poiché la proposta di mandare truppe in Ucraina è stata fatta da Macron e Starmer, noi dovremmo adeguarci e mandare i soldati in Ucraina? Perché su questo non sono d’accordo”. E ancora Meloni a Schlein sui rapporti con gli Usa: ” Quando dice che Trump non sarà mai niente di simile a un alleato, cosa vuol dire che dobbiamo uscire dalla Nato, dal G7 e che non dobbiamo avere rapporti?”. Avverte Meloni, di fronte all’abnormità che si possa solo ipotizzare il rallentamento o di fare a meno dell’Alleanza atlantica: “I Paesi alleati non cambiano in base a chi vince le elezioni, ma mi pare che voi la pensiate in maniera diversa”.
E traccia il solco tra la sua idea di Europa e quella del Manifesto di Ventotene del 1941 degli antifascisti messi al confino, distribuito nella piazza per l’Europa dalla sinistra a piazza del Popolo, che parla di “rivoluzione socialista” e afferma, cita Meloni, che “la proprietà privata dovrà essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso”. Meloni poi da Bruxelles in serata sottolinea di essersi limitata a leggere un testo, “senza offendere nessuno”. La difende Forza Italia che con il portavoce nazionale e vicecapogruppo vicario, Raffaele Nevi, afferma che “il Manifesto di Ventotene non è i 10 comandamenti”. E il leader azzurro, vicepremier, ministro degli Esteri, Antonio Tajani afferma che lui crede nell’Europa di “De Gasperi, Adenauer, Schumann” e che Meloni “non ha offeso Altiero Spinelli”.
Le opposizioni vedono crepe nella maggioranza sul fatto che Matteo Salvini sottolinei che il premier ha il mandato pieno a rappresentare l’interesse nazionale che non è, ribadisce la Lega, nel piano del “Riarmo”, mentre FI sottolinea il pieno mandato a Meloni sul piano sicurezza Europa. La sostanza alla prova dei fatti è che la maggioranza vota compatta come al Senato. Mentre le opposizioni non riescono a votare tutte insieme neppure una delle 6 risoluzioni da loro presentate.