Non capita quasi mai di definire un libro assolutamente imperdibile. Anzi è sempre meglio evitarlo per non scadere nell’enfasi e correre il rischio di non essere creduti. Però qualche volta la tentazione c’è e tanto vale avere la sincerità di confessarlo. “V13. Cronaca giudiziaria” di Emmanuel Carrère (Adelphi, 267 pagine, 20 euro) meriterebbe la definizione di imperdibile perché in realtà non è soltanto un libro ma un esempio di perfetto giornalismo. Se ci fosse la possibilità di insegnare il mestiere, potrebbe essere usato come manuale su come andrebbero scritti gli articoli di cronaca raccontando in maniera puntuale fatti e protagonisti.
“V13” è a tutti gli effetti il resoconto di un processo. Ma soprattutto è il racconto di una vicenda tragica e delle sue dolorose conseguenze che verrà ricordata come la notte dell’orrore. E’ il 13 novembre del 2015 quando Parigi viene sconvolta da una raffica di attentati da parte di terroristi islamici che si fanno saltare in aria. I kamikaze hanno scelto i loro obiettivi in modo da fare il maggior numero possibile di vittime: un teatro affollato come il Bataclan, lo Stade de France, i bistrot. I morti sono centotrenta, i feriti più di trecentocinquanta. Degli attentatori ne sopravvive soltanto uno che per ragioni misteriose non si è fatto saltare in aria. Si chiama Salah Abdeslam e ovviamente diventa la figura centrale del processo. Gli altri imputati sono i complici che hanno contribuito a preparare gli attentati. In tutti gli interrogatori che hanno preceduto le udienze Salah non ha mai voluto rispondere alle domande degli inquirenti. Né ha confessato se sia stata una sua scelta quella di non morire come gli altri kamikaze o se più banalmente la sua cintura esplosiva si sia inceppata. Un silenzio lungo sei anni perché tanto è durata l’istruttoria. In aula Salah si presenta come un duro e Carrère riesce a descrivere con efficacia il personaggio anche riportando testualmente le sue dichiarazioni. Va detto però che il terrorista trova chi sa contrastarlo: quando lui si dichiara di professione “combattente dello stato islamico”, il presidente del tribunale senza scomporsi guarda i documenti e replica “io, qui, vedo lavoratore interinale…”.
Quanto accade in aula è solo una parte del racconto di Carrère. In qualche modo è il pretesto per ricordare tutta la tragedia. La notte dell’orrore ha lasciato lutti e cicatrici che resteranno per sempre. C’è chi ha perso moglie e figlio. Ci sono genitori che hanno sentito l’esplosione che ha ucciso la figlia che era scesa a mangiare al bistrot sotto casa. L’abilità di Carrère, dello scrittore o, se si preferisce, del cronista, sta proprio nel raccontare le sofferenze delle persone. Quelle che troppo spesso negli articoli dei giornali vengono trattate solo come numeri di morti di feriti e in “V13” invece emergono in tutta la loro umanità.