Una volta, non troppo tempo fa altrimenti mi sentirei vecchia più del dovuto, un famoso cantante cercava con le sue parole “un senso a questa vita” e con ottimismo guardava al domani, sicuro di trovarlo.
Io, al contrario suo, fatico a guardare con speranza al domani.
È notizia di questi giorni che in Iran, stato apertamente schierato con il gruppo terroristico Hamas e vicino alla Russia di Putin, il rapper Toomaj Salehi è stato condannato a morte per aver appoggiato con le sue canzoni chi quotidianamente lotta per la libertà e la fine della Repubblica islamica. Una speranza di salvargli la vita potrebbe arrivare dalla mobilitazione dell’opinione pubblica internazionale e delle tante organizzazioni a difesa dei diritti umani, di cui però ancora non se ne vede traccia.
Come se non fosse sufficiente, ieri i giornali riportavano anche la notizia, trapelata dalla Bbc, dell’uccisione per mano dei guardiani della rivoluzione della giovane iraniana Nika Shakarami. Ci sono voluti due anni per arrivare alla verità, rinchiusa nel segreto di un regime del terrore.
Oggi, infine, ancora su un quotidiano leggo che nel Regno Unito è stato il Ministero degli Interni ha diffuso un video in cui la polizia preleva dalle loro case i migranti destinati a essere deportati in Ruanda. Si tratta di persone che non hanno superato la procedura di asilo e pertanto, secondo la legge da poco in vigore, sottoposte a espatrio forzato. Per arrivare all’uso completamente distorto degli insegnamenti della Shoah, che avrebbero dovuto segnare la nostra società, al ribaltamento del significato della parola “genocidio”, oggi usata contro lo Stato d’Israele e il suo diritto di autodifesa, mancava ancora il concetto di deportazione, lacuna colmata.
Sembra dunque vana la speranza di vedere tra i manifestanti che stanno devastando le università americane ed europee un appoggio incondizionato a chi davvero lotta per la libertà e per la vita. Se è così, in questione allora non ci sono i diritti che qualcuno pensa di difendere dichiarandosi pro Hamas, ma solo antisemitismo mascherato da antisionismo, in un’epoca post sionista dove ogni l’ebreo è potenzialmente un’israeliano.
Dove sono i giovani europei e americani? Qual è il senso da loro attribuito alla parola libertà?
Poiché ci avviciniamo al 9 maggio e all’anniversario dell’uccisione di Aldo Moro, mi consolo ricordando alcune parole da lui pronunciate a Trieste il 12 settembre 1959: «lo Stato democratico, lo Stato del valore umano, lo Stato fondato sul prestigio di ogni uomo e che garantisce il prestigio di ogni uomo, è uno Stato nel quale ogni azione è sottratta all’arbitrio e alla prepotenza, in cui ogni sfera di interesse e di potere obbedisce ad una rigida delimitazione di giustizia, ad un criterio obiettivo e per sua natura liberatore».