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Teorie e idee di Navarro, Lighthizer e Miran, gli ideologi dei dazi trumpiani

Navarro, Lighthizer e Miran: chi sono e cosa pensano gli economisti che ispirano i dazi trumpiani.

“There will be blood”, cioè “ci sarà sangue”. È il titolo di una nota con cui Jp Morgan ha aumentato la possibilità di recessione negli Stati Uniti dal 40 al 60%. La causa, neanche a dirlo, è stato l’annuncio dei dazi su tutto il mondo da parte di Donald Trump che in questi giorni ha posto le Borse in fibrillazione. Il presidente Usa, che poi ha fatto retromarcia sospendendo le tariffe a parte per la Cina, è da decenni favorevole all’introduzione di dazi e affini, ma dietro a lui ci sono personaggi – in particolare tre – che lo influenzano o gli danno man forte su questo dossier.

CHI È PETER NAVARRO, IL CONSIGLIERE TROVATO PER CASO E LO SCONTRO CON MUSK

Tra questi c’è Peter Navarro (nella foto), classe 1949, economista, con un dottorato ad Harvard. Professore di Economia e politiche pubbliche in California, tra le sue pubblicazioni particolare attenzione è stata data alla Cina. Specie con i due saggi ‘The coming China wars’ del 2006 e ‘Death by China’ del 2011. Proprio a quest’ultimo libro deve il suo ruolo nell’amministrazione Trump. Jared Kushner, genero del presidente Usa, infatti, nel 2016 fu incaricato dal tycoon di trovare un esperto di economia e geopolitica. Kushner, smanettando online, trovò su Amazon proprio il libro di Navarro e si convinse a chiamarlo per coinvolgerlo nella prima campagna presidenziale di Trump. Da allora è diventato il consigliere economico del repubblicano sia nel primo che nel secondo mandato alla Casa Bianca. Un fedelissimo di Trump, tanto da essere condannato nel 2024 a quattro mesi di carcere per essersi rifiutato di testimoniare sull’assalto a Capitol Hill.

Nel 2019 fu svelato un piccolo caso attorno a ‘Death by China’. Nel testo, infatti, Navarro cita un non meglio specificato esperto di Harvard dal nome Ron Vara. I media, però, dopo aver scandagliato invano per cercare notizie su questo Vara, hanno costretto Navarro ad ammettere che fosse in realtà l’anagramma del suo nome. E quindi un personaggio inventato da Navarro per corroborare le sue tesi. Ad ogni modo, per il consigliere di Trump gli Stati Uniti potranno guadagnare con i dazi circa 6000 miliardi di dollari. Ma negli ultimi giorni è salito alle cronache anche per lo scontro interno all’amministrazione Usa con Elon Musk. Quest’ultimo lo ha definito “un vero idiota” dopo che Navarro aveva parlato del fondatore di Tesla come “un assemblatore di auto” e non un vero e proprio produttore.

CHI È ROBERT LIGHTHIZER, L’UOMO DIETRO AI DAZI DI TRUMP

Poi c’è Robert Lighthizer, 77 anni, un avvocato dell’Ohio. Durante il primo mandato presidenziale di Trump, ha servito come Rappresentante per il Commercio degli Usa. Ma non è stato il suo primo incarico pubblico. Ai tempi di Ronald Reagan, infatti, era stato il vice rappresentante del Commercio statunitense, tra il 1983 e il 1985. Oggi, al secondo giro di Trump alla Casa Bianca, Lighthizer non ricopre nessun ruolo ma ciò non sembra aver tolto il suo potere di influenzare i decisori, pur rimanendo dietro le quinte.

Anche perché, come sottolineato su Foreign Policy, “per quasi un decennio la politica commerciale degli Stati Uniti è stata rifatta a immagine di un solo uomo: Robert Lighthizer”. Tra il 2017 e il 2021 “ha allontanato gli Stati Uniti da sei decenni di sostegno a un sistema commerciale multilaterale basato su regole e lo ha indirizzato verso un approccio fortemente nazionalista”. E “il successore di Lighthizer sotto il presidente Joe Biden, Katherine Tai, ha continuato sulla strada da lui tracciata”.

LE IDEE DI LIGHTHIZER SU DEFICIT COMMERCIALE, IVA E CINA

Secondo quanto riportato dai media americani, è lui l’uomo dietro le proposte di dazi che già nella campagna presidenziale erano stati promessi da Trump. Tanto che era uno dei nomi in lizza per la carica di segretario al Tesoro. Ma non era l’unica idea di Lighthizer. Riteneva possibile, infatti, svalutare il dollaro, in modo da rendere le esportazioni statunitensi più economiche a livello internazionale e così diminuire il deficit commerciale di Washington. I deficit negli ultimi 20 anni, per Lighthizer, hanno trasferito “circa 20 trilioni della nostra ricchezza (sotto forma di azioni nelle nostre aziende, debiti e immobili) ai governi e ai cittadini dei paesi sfruttatori”.

Nel 2023 ha pubblicato un libro emblematico già dal titolo, ‘No Trade is Free: Changing Course, Taking on China, and Helping America’s Workers’. Un testo che sembra aver ispirato Trump, visto che le mosse del presidente Usa vi si possono sostanzialmente ritrovare. Come, per esempio, la visione americana sulle imposte europee sul valore aggiunto. In un passaggio del libro, spiega: “Una macchina che un’azienda americana potrebbe vendere in patria per 100 dollari, verrebbe venduta a 125 euro in Francia” per via dell’Iva. “Una macchina che un’azienda francese potrebbe vendere in patria per 100 dollari potrebbe venderla negli Usa per 75 dollari”, sempre per via dell’Iva e dei rimborsi per le aziende europee.

LIGHTHIZER E IL LIBERO SCAMBIO

In un suo lungo articolo sul New York Times, risalente a febbraio, dal titolo “Vuoi il libero scambio? Posso presentarti delle tariffe”. Lighthizer ha sostenuto che “ciò che ha fatto crollare l’ordine commerciale del dopoguerra è stata l’ascesa in molti paesi di politiche industriali perniciose”. Per l’avvocato americano, sono i paesi che hanno ampi surplus commerciali “i veri cattivi”. Come la Cina, “che ha recentemente annunciato un surplus di quasi 1 trilione di dollari per il 2024, ha demolito il sistema. Ma anche altri paesi con surplus commerciale cronico, come Germania e Vietnam”. L’idea di Lighthizer è che i paesi “con governi democratici e per lo più economie libere dovrebbero unirsi e creare un nuovo regime commerciale. Questo nuovo sistema, formalizzato da un accordo, si concentrerebbe sul principio chiave dell’equilibrio tra le parti coinvolte nello scambio”.

E ancora. Secondo l’ex rappresentante commerciale, “i dazi attirano molta attenzione” ma “non sono l’elemento principale” della destabilizzazione delle politiche industriali. Come invece sono “i sussidi governativi, limiti di accesso al mercato, gli standard di salute e sicurezza truccati, i sistemi bancari diretti che prestano ai produttori a tassi inferiori a quelli di mercato, leggi sul lavoro che mantengono bassi i salari” e altre misure presenti in altri paesi. Di fatto, afferma Lighthizer nel suo articolo “gli Stati Uniti sono diventati vittime perché hanno creduto nel mito del libero scambio o perché non sono stati bravi a difendersi da queste strategie aggressive”.

CHI È STEPHEN MIRAN, CAPO DEI CONSIGLIERI ECONOMICI DI TRUMP

Se Lighthizer ora rimane più nell’ombra, è un altro personaggio che pubblicamente è chiamato a spiegare e difendere la visione dietro le iniziative economiche trumpiane. Si tratta di Stephen Miran, oggi a capo del Consiglio dei consiglieri economici della Casa Bianca. Miran, studi alla Boston University e poi un dottorato ad Harvard in economia, ha lavorato in alcuni fondi di investimento, come Hudson Bay Capital, ed è un ricercatore associato presso il think tank conservatore Manhattan Institute.

Prima della seconda elezione di Trump non era tuttavia un economista molto conosciuto. È salito alla ribalta grazie a un libro/documento pubblicato pochi giorni dopo la vittoria del repubblicano. Il titolo è ‘A User’s Guide to Restructuring the Global Trade System’, ed è una sorta di ricettario per trasformare il sistema del commercio globale. E ovviamente i dazi ne rappresentano una parte fondamentale.

L’ACCORDO DI MAR A LAGO E GLI EFFETTI DEI DAZI

La tesi principale è che la sopravvalutazione del dollaro americano sia la causa del deficit commerciale Usa, specie per gli effetti sul settore manifatturiero statunitense. Per far fronte a ciò, secondo Miran, una possibilità è stringere un cosiddetto “accordo di Mar A Lago”. Un agreement, dal nome della residenza di Trump, che ricalchi l’Accordo del Plaza del 1985 in cui il dollaro fu svalutato. In questo caso, le principali economie mondiali si dovrebbero impegnare a scambiare titoli del Tesoro Usa a breve termine con obbligazioni a 100 anni. Per avere una leva negoziale, gli Usa devono usare i dazi per fare pressione. E le tariffe annunciate e poi rimangiate sembrano far presagire che la strategia Usa sia proprio quella sostenuta dall’economista. Andando verso una svalutazione del dollaro ma anche a una revisione quasi completa del debito statunitense.

Miran negli ultimi giorni è intervenuto su tv e radio per sostenere i dazi, ammettendo anche che “ci saranno degli scossoni nel breve termine”. “Ma ciò su cui si concentra il presidente è una trasformazione a lungo termine e un miglioramento della sostenibilità e dell’equità dell’economia americana rispetto al resto del mondo”, ha sottolineato Miran.

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