Caro direttore,
non sono sicuro che la collaborazione di Dagospia con Striscia la notizia possa avere una lettura “politica”, come adombra il tuo post su X questa mattina.
Voi giornalisti di base a Roma vi trastullate spesso – troppo spesso – con queste suggestioni. Per carità, gli aspetti per una interpretazione politica della mossa della trasmissione di Canale 5 non mancano, rafforzando l’idea di una Mediaset sempre più lontana dal melonismo per diverse ragioni, che però sono poco politiche e molto economiche (la famiglia Berlusconi è sempre stata molto attenta a conto economico e stato patrimoniale, dunque poco interessata a ideali e impostazioni culturali, anche se i Berluschini vogliono darsi un tono fighetto che il papà non aveva).
D’altronde, la trasmissione di Antonio Ricci vanta un’autonomia editoriale di sicuro maggiore di tutte le trasmissioni di Mediaset, quindi le dietrologie politiche o meglio partitiche lasciano il tempo che trovano.
Certo, fa specie che il sito fondato e diretto da Roberto D’Agostino fornirà contenuti esclusivi a Striscia la notizia, che riprende dal 23 settembre su Canale 5. Questo perché, come tu sovente rimarchi maliziosamente su X, Dagospia è ormai l’organo-principe dell’antimelonismo in quanto più efficace e più letto dei pezzi anti-Meloni di Repubblica, Fatto quotidiano e Domani quotidiano che D’Agostino riprende, rilancia e titola polemicamente. Perché francamente di contenuti davvero esclusivi in materia politica Dagospia ne sforna ben pochi. Certo, c’è stato il caso Boccia-Sangiuliano, che prima o poi sarebbe comunque divampato. Ma c’è anche il recente scoop della morte di Umberto Bossi; scoop rivelatosi falso.
Piuttosto, Dagospia ha un tasso di notiziosità maggiore su sport, spettacoli, tv e altre amenità, che sono d’altronde quelle che fanno più click. Ma i numeri e il peso “politico” di Dagospia affascinano da tempo grandi e grandissime aziende, comunicatori scafati di lungo corso, lobbisti vari e avariati. Un mondo che perlopiù sopporta o detesta il governo, come ho potuto verificare in questi mesi fra cene, apericene e aperitivi.
Per questo a Palazzo Chigi si compulsa quotidianamente, con un misto di irritazione e apprensione, Dagospia, anche per vedere se e quante società pubbliche foraggiano il sito. E c’è chi assicura che alla presidenza del Consiglio si auspica la progressiva chiusura dei rubinetti pubblicitari a favore delle casse aziendali di D’Agostino. Ma nello stesso governo c’è chi ritiene che una tale strategia, se davvero attuata, possa ulteriormente aggravare i rapporti con l’esecutivo e a cascata con le medesime società a controllo statale.
Ma in verità – come mi hanno detto alcuni giornalisti che in passato hanno scritto su Dagospia – la politica solitamente non comprende che D’Agostino non ha alcuna passione politica e civile: mira solo e soltanto a cercare di “far casino” per essere al centro dell’attenzione mediatica, giornalistica e politica. Come è riuscito a fare sempre più negli ultimi anni. Lui – mi dicono – gode come un riccio per essere considerato un esempio del giornalismo doc, visto che viene rincorso dalle maggiori testate per interviste fluviali ed è ospitato in pompa magna dai talk di La7 come Piazza Pulita e Otto e Mezzo, in particolare.
Che la posizione anti Meloni non sia pregiudiziale è provato anche dal fatto, come fai notare tu sovente, che un filo-Meloni doc come il direttore del Tg1, Gianmarco Chiocci, viene risparmiato dagli strali riservati in maniera massiccia agli altri meloniani, e che lobbisti che frequentano Palazzo Chigi – si presume con reciproca soddisfazione – sono al centro di iniziative imprenditoriali coccolate dal sito di D’Agostino con tanto di reportage fotografico.
La collaborazione con Striscia la notizia sarà dunque un’altra ciliegina sulla torta. Anche per il conto economico di Dagospia? I ricavi – se la collaborazione con Mediaset non sarà gratuita – potranno così aumentare per stare dietro ai costi che stanno crescendo. Infatti, dal bilancio 2023 di Dagospia emerge un incremento dei costi (1,9 milioni rispetto a 1,5 milioni dell’anno 2022) ben maggiore dell’aumento dei ricavi (2,6 milioni, in leggerissima crescita rispetto all’anno precedente). Ai contabili colpisce in particolare che i costi per i servizi (729mila euro) siano quasi sullo stesso livello dei costi per il personale (759mila euro). Importi e un numero di dipendenti (8) che stridono rispetto a contenuti essenzialmente ripresi da altre testate.
Come dici tu, caro direttore: salutoni.
Francis Walsingham