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Ustica, tutti gli errori di Giletti su Rai3

Cosa non torna nello speciale su Ustica condotto da Massimo Giletti andato in onda su Rai3. Conversazione con Gregory Alegi, storico e giornalista, autore del libro “Ustica: un’ingiustizia civile“

“Prof, mi dicono che le farmacie del suo quartiere hanno finito il Maalox”

“C’è poco da scherzare, Colombo”.

Non si è alzato di buon umore Gregory Alegi. Tutta colpa dello speciale Ustica, condotto da Massimo Giletti, andato in onda ieri sera su Rai Tre, che con la suggestiva ambientazione del relitto del DC-9 conservato a Bologna ha proposto scenari di guerra aerea e rivelazioni politiche.

“Più che proposto, direi riproposto. Abbiamo assistito al revival di temi e argomentazioni tratte dall’ordinanza di rinvio a giudizio e smontati uno ad uno in dibattimento oltre 20 anni fa. La rimozione sistematica dei risultati sgraditi. La chiami, se vuole, Cancel culture alla bolognese”.

Professore, la devo correggere. C’è stata la novità assoluta del maresciallo Dioguardi con Spadolini in vestaglia rossa.

Dovrebbe studiare di più. I presunti inediti di Dioguardi erano usciti nel 2013 e sono da anni in internet.

Per carità, liberi di riproporli. Ma allora bisognerebbe spiegare se il sostituto procuratore Erminio Amelio, che dal 2008 indaga sulla pista francese additatagli da Cossiga, non sia riuscito a corroborare quanto il sottufficiale racconta o se più semplicemente non lo abbia ritenuto attendibile. E poi…

Un sospiro profondo.

E poi un po’ di fact-checking. Mi rendo conto che non siamo né al New York Times né al Washington Post, ma non sarebbe stato difficile accertare che nel 1980 sulla portaerei americana Saratoga non c’erano gli F-14 Tomcat ma gli F-4 Phantom. Da dove sarebbe venuto il Tomcat? Chissà, forse ce lo dirà il prossimo usato sicuro.

Lo stesso vale per il casco suggestivamente collocato nella scenografia. Come ha detto subito il generale Tricarico, non è un casco da pilota di jet. Qualcuno nella redazione si è dato pena di verificarlo? Bastava un qualunque collezionista per dirlo. Non sapevano a chi chiedere o preferivano non sapere? Peraltro è il secondo casco che si cerca di collegare alla vicenda. Il primo, con tanto di nome, risultò anch’esso non essere di pilota di jet. Le coincidenze!

Sembra la storia del radar di Solenzara che ha descritto sul quotidiano Il Tempo.

Quella è quasi peggio. Per motivi tecnici legati alla chiusura dei giornali di carta, ho avuto poco tempo per verificare al 100% il tipo di radar della base corsa. Poi in trasmissione è stato mostrato un documento secondo cui ‘la portata di questi radar […]  è limitata nei dintorni del litorale orientale della Corsica’. Capisco i tempi stretti e la voglia di scoop, ma mi sembra un’autosmentita in diretta.

Però c’era il serbatoio PAVCO.

Altro sempreverde delle leggende. Fin dal suo recupero, le condizioni di conservazione sembravano indicare una permanenza in mare molto maggiore del DC-9. Furono trovate tracce di colore rosso, che subito furono messi in relazione con i settori rossi della livrea Itavia ma che dopo prove sperimentale risultarono diverse. La difesa del generale Ferri segnalò che la US Navy aveva accertato lo sgancio in emergenza del serbatoio nel 1977, ma che Priore aveva considerato l’informazione irricevibile perché giunta in ritardo. E, a proposito di Priore, nell’ordinanza riferisce che quando chiese ai francesi se quel serbatoio fosse loro, le autorità francesi esclusero di averne mai acquistati, costruiti su licenza o usati di quel modello.

Però le nuove tecnologie informatiche del Politecnico di Milano hanno trovato sui radar civili la traccia della rotta di attacco …

Ennesimo sempreverde. Questa presunta traccia fu smentita nella seconda metà degli anni Ottanta da radaristi Galati, Giaccari e Pardini, attraverso una complicata analisi dei settaggi dell’estrattore dei dati del radar Marconi. Una questione molto tecnica, della quale credo non si sia tenuto nella fretta di imbastire il programma. Aggiungo: in dibattimento il prof. Dalle Mese fu messo a confronto con il consulente radaristico delle difese, l’ing. Marco Giubbolini. Fu uno scontro molto duro, che spiega perché la sentenza escluda la presenza di caccia per circa 100 km attorno al DC-9. Anche di questo, non una parola.

E il caporale Di Benedetto, che dice di aver montato la guardia al MiG libico il 28 giugno anziché il 18 luglio?

Fu tra i primi sentiti dal giudice istruttore Priore quando prese il caso nel 1990. Non mi risulta che sia stato chiamato a deporre in dibattimento. Anche qui, prima di mandarlo in onda, forse sarebbe stato opportuno chiedersi perché. In compenso, il mattino, durante il convegno bolognese dell’Associazione per la Verità sul Disastro Aereo di Ustica, abbiamo mostrato il libretto di volo del pilota che portò a Lamezia la squadra del SISMI per ispezionare il MiG. Il volo avvenne alle 6 del mattino del 19 luglio. Questo documento era stato reso disponibile alla RAI, insieme alla testimonianza del pilota libico Al-Bajini.

Perché non le abbiamo viste, professore?

Questo dovrebbe chiederlo ai redattori dello speciale.

Potrei dirle, con Andreotti, che a pensar male…

Potrei risponderle con le parole del pubblicitario americano Roy Durstine, “Ho già deciso. Non confondermi con i fatti”.

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