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Chi consiglia il ritiro degli italiani dal Libano

Giornali con un orientamento non collimante come Libero e Foglio chiedono al governo la fine della missione militare italiana in Libano. I Graffi di Damato.

Fra le cose che Giorgia Meloni non poteva prevedere arrivando quasi due anni fa a Palazzo Chigi, e ricevendo le consegne da un Mario Draghi visibilmente soddisfatto di dargliele in un clima di fiducia, a dispetto dell’opposizione praticatagli per un anno e mezzo, era sicuramente quella di ricevere, sia pure metaforicamente, la famosa telefonata di Alberto Sordi nel film Tutti a casa di Luigi Comencini, nel 1960.

In quella telefonata, rimodulata oggi nella cattiveria di giornata del Fatto Quotidiano immaginando il ministro della Difesa Guido Crosetto come unico o principale destinatario, Alberto Sordi informava il comando, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, che americani e tedeschi si erano alleati fra loro sparando insieme contro i militari italiani.

Ora in Libano terroristi di Hezbollah, cui i caschi blu avrebbero dovuto impedire di installare e sparare missili contro gli ebrei al di là dei confini, minacciano insieme e colpiscono con gli israeliani le postazioni e gli uomini e donne delle Nazioni Unite.

Al redivivo Sordi che chiama per comunicare l’imprevisto e chiedere istruzioni si risponde sia da New York, cioè dalla sede dell’Onu, sia da Roma di restare al proprio posto e di considerare “inaccettabile” la richiesta degli israeliani di allontanarsi per lasciare loro il terreno libero nelle operazioni di guerra avviate per neutralizzare le postazioni di Hezbollah sorte e sviluppatesi, ripeto, senza che l’Unifil, come si chiama la missione internazionale, glielo avesse impedito.

La Meloni in persona si è incaricata di comunicare al premier israeliano il carattere inaccettabile della sua richiesta, pur avendo collezionato nei due anni alla guida di governo un bel po’ di fotografie di incontri con lui certificativi di eccellenti rapporti. Come possono cambiare rapidamente le cose, le situazioni, le impressioni e, diciamo pure, le convenienze politiche o d’altro tipo. Che per la premier italiana sono ora quelle di condividere le posizioni critiche degli alleati, al di là e al di qua dell’Atlantico, nei riguardi degli israeliani arrivati, nelle loro azioni difensive dalla vecchia pretesa dei nemici di ricacciarli in mare, se non nelle camere a gas, a “sparare contro il mondo”, ha detto inorridito Romano Prodi. E ha condiviso il ministro della Difesa Guido Crosetto nella sua imponenza anche fisica.

Il prodotto di questa drammatica situazione è quello degli “italiani tra due fuochi” gridato nel titolo di Libero. Che pur da posizioni di sostegno al governo, e al pari del Foglio di Giuliano Ferrara distante dallo stesso governo secondo i giorni e le occasioni, ha suggerito il ritiro degli italiani dal Libano. Se non la fine della missione Unifil decisa dall’Onu nel lontano 1978: l’anno dell’uccisione di Aldo Moro in Italia e del governo monocolore democristiano di Giulio Andreotti appena riconfermato col voto di fiducia, e non più con l’astensione, del Pci di Enrico Berlinguer. Preistoria, direi.

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