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Le sfide del Piano Mattei

Obiettivi, numeri e incognite del Piano Mattei per l'Africa presentato da Giorgia Meloni. La nota di Paola Sacchi

 

A Palazzo Madama c’è il Continente africano con i leader di 25 Paesi, ben 57 delegazioni, prende il via il “Piano Mattei”, con il premier Giorgia Meloni, che lo ha fortemente voluto, e i vertici europei, rappresentati dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola. Un evento di grande portata con il quale il governo di centrodestra rimette l’Italia al centro della politica di partenariato tra Europa e Africa, come riconosce von der Leyen. Un modello per affrontare le nuove emergenze migratorie con una politica non predatoria, ma di sviluppo e crescita per i Paesi africani. Un modello che, dice Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia in Senato, “costituisce un patrimonio per l’umanità”.

La dimensione dell’evento e la concretezza delle proposte emerse fanno apparire quasi surreale la dimensione del tutto aprioristica delle critiche che vengono dalle opposizioni. “Fuffa”, “propaganda”: attaccano esponenti del Pd e dei Cinque Stelle. Critiche anche dal leader di Iv Matteo Renzi, che nel tentativo di sminuire il significativo evento dice che Meloni “dovrebbe ringraziare Claudio Descalzi (amministratore delegato di Eni ndr) se il vertice non è naufragato”. Nessuna vera critica nel merito, nessuna proposta da parte di opposizioni su una delle più grandi sfide del nostro tempo per la quale il governo Meloni riceve per il Piano Mattei l’apprezzamento dei vertici della UE.

Cinque miliardi e mezzo. È la dotazione iniziale del Piano Mattei per l’Africa, il progetto a cui lavora il governo Meloni sin dal suo insediamento. Di questi, “circa 3 miliardi” arriveranno “dal fondo italiano per il clima e 2,5 miliardi e mezzo dal fondo per la Cooperazione allo sviluppo”, e poi altre risorse “tra crediti, operazioni a dono e garanzie”.

Giorgia Meloni ufficializza il Piano ispirato a Enrico Mattei nell’Aula del Senato, l’emiciclo di Palazzo Madama che si colora d’Africa. La presidente del Consiglio, al fianco dei vertici europei, punta ad accendere i riflettori su Roma segnando un “cambio di passo”, contro un “modello di cooperazione da estendere” per consentire all’Africa “di competere ad armi pari”.

Meloni traccia la rotta del Piano a cui il governo lavora illustrando all’emiciclo alcuni dei progetti pilota, tasselli da mettere insieme in un puzzle che “seguirò personalmente”, assicura. Tra questi un grande centro di formazione professionale sull’energia rinnovabile in Marocco, progetti sull’istruzione in Tunisia, iniziative per promuovere e migliorare la sanità in Costa d’Avorio. E ancora progetti in Algeria, Mozambico, Egitto, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya. Le missioni “partiranno già dalle prossime settimane”, e si snoderanno lungo 5 traiettorie: istruzione e formazione, agricoltura, salute energia e acqua. Ma non si tratta di un progetto “calato dall’alto”, una “scatola chiusa” – tiene a puntualizzare Meloni – è “aperto alla condivisione” per permettere davvero il cambio di passo a cui aspira, necessario anche per frenare ondate migratorie senza precedenti: “bisogna garantire il diritto a non dover essere costretti a emigrare”, ribadisce ancora una volta Meloni.

Eppure il presidente della Commissione dell’Unione africana a cui passa la parola inizialmente esprime una critica. “Avremmo auspicato di essere consultati”, dice Moussa Faki invitando a “passare dalle parole ai fatti: non ci possiamo più accontentare di promesse, spesso non mantenute”. Poco prima, accogliendo tra gli altri Faki, la premier gli aveva stretto la mano a favore di fotografi e cameramen con una battuta: ‘È quello vero’, aveva sorriso ironizzando sulla telefonata fake di settembre scorso, con cui il duo comico russo aveva bucato la sicurezza di Palazzo Chigi.

I lavori vanno avanti per l’intera giornata, tra sessioni e serrati bilaterali. Al termine, con Azali Assoumani, presidente dell’Unione Africana, al suo fianco, la presidente del Consiglio si dice convinta che il vertice “è una scommessa vinta, lo dico senza timore di smentita”. E il leader dell’Ua conferma: “Mi congratulo con il primo ministro e le autorità italiane per il successo del vertice, sia nella forma che nel contenuto. Ora non resta che renderlo concreto”. Le parole di totale apprezzamento del presidente dell’Ua correggono l’iniziale perplessità di Faki, ma per l’opposizione è subito “Incidente africano”, come titola oggi La Repubblica.

Di concretezza e pragmatismo parla a più riprese Meloni. “Dopo questo vertice, i bilaterali di domani, e un ampio lavoro di scambio e condivisione – illustra a fine giornata – convocheremo la Cabina di regia, per la stesura definitiva e far partire in modo operativo le prime squadre, e per essere concreti immediatamente”. “Non ho – mette in chiaro – la pretesa di affrontare il tema da sola”, all’Africa “serve l’Europa”. Ma per lei “a partire da oggi possiamo fare la differenza”, e il fatto che il vertice Italia-Africa dia il via alla presidenza italiana del G7 dà la misura, rimarca, della centralità che il governo attribuisce al continente africano. Il Piano Mattei ne è la prova. Ma un “piano così ambizioso non potrà funzionare senza il coinvolgimento di tutto il sistema-Paese nel suo complesso, a partire dalla cooperazione allo sviluppo e dal settore privato che è fondamentale coinvolgere nella nostra strategia”, sottolinea Meloni. Per questo, spiega, “abbiamo intenzione di creare entro l’anno un nuovo strumento finanziario per agevolare insieme a Cassa depositi e prestiti gli investimenti del settore privato nei progetti del piano Mattei”.

E non è un caso che a Palazzo Madama trovino spazio non solo le istituzioni, gli Stati africani, l’Europa, ma anche i vertici delle più grandi partecipate di Stato: dall’Eni all’Enel, da Snam a Leonardo, solo per citarne alcune. E sempre ieri un altro successo per il governo è arrivato dell’Albania con il riconoscimento da parte della Corte costituzionale albanese dell’accordo sui migranti. “Nuova sconfitta per il Pd, anche in modalità transnazionale”, ironizza Fabio Rampelli, cofondatore di FdI, vicepresidente della Camera.

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