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Perché in Ucraina si teme una pace instabile

Forza e fragilità della Russia in vista di negoziati di pace. L'analisi di Ugo Poletti

L’elezione del nuovo presidente americano avrà un’impatto decisivo sulla risoluzione del conflitto in Ucraina. Non è un caso che Putin abbia fatto adesso la sua prima mossa con una proposta di pace, proprio nel momento di maggiore confusione della campagna elettorale americana. Le sue condizioni sono che, oltre ai territori già occupati, si prenda altri pezzi di regione, includendo due grandi città ancora in mano ucraina (Kherson e Zaporizhja), e che sostanzialmente la Russia non paghi nessun costo per aver scatenato la guerra e per i crimini di guerra commessi. La proposta è inaccettabile, sia per l’Ucraina che per la comunità internazionale. In casi simili, come l’occupazione israeliana della Palestina e l’invasione di Cipro da parte della Turchia, le Nazioni Unite non hanno mai riconosciuto legalmente l’annessione. Tuttavia, questa proposta costituisce una prima base per la trattativa.

Ma perché Putin si espone per la prima volta con una proposta di pace? Se, come ripetono quotidianamente TV e radio russe, non si fermeranno fino alla conquista di Kiev e di Odessa, perché trattare proprio ora che la Russia ha l’iniziativa sul fronte? Forse perché dietro la sua immagine di forza si nasconde una fragilità profonda.

La Russia ci ha sempre messo soggezione. La sua immensità geografica, la sua aggressività imperiale nei secoli, la storia dei suoi re e capi politici violenti e spietati. Ma anche la forza delle sue espressioni culturali, soprattutto in musica, cinema e in letteratura, insieme ai meriti scientifici. I tanti film sulla Seconda Guerra Mondiale e sulla Guerra Fredda ce l’hanno rappresentata sempre come una potenza invincibile. Diverse leader europei hanno provato a conquistarla, ma ne sono usciti con le ossa rotte: Carlo XII di Svezia, Napoleone, Hitler.

Questa visione della Russia, scolpita nell’immaginario collettivo, ha indotto tutti a pensare che l’invasione dell’Ucraina era una partita vinta in partenza: il secondo esercito più potente del mondo contro il ventiduesimo. Non solo tutti gli esperti militari del mondo davano per scontata la rapida vittoria della Russia, ma gli stessi ucraini, nelle prime settimane, non si facevano grandi illusioni sulla loro capacità di resistenza. L’esito è andato contro ogni pronostico. In questa guerra abbiamo assistito al crollo di un mito. Putin non è riuscito a soggiogare uno stato politicamente diviso, con scarsa tradizione militare, attaccando con uno Stato 28 volte più grande e tre volte e mezzo più popoloso, con una storia militare e di intelligence impressionante. Dopo l’umiliazione del Golia-Russia, da parte dal Davide-Ucraina, la Federazione russa si trova declassata  da un punto di vista militare, economico e diplomatico.

Per spiegare cosa è successo, occorre fare una premessa: nella storia le guerre non scoppiano per sbaglio o per reazione ad una offesa. Nascono da una strategia che mira ad ottenere una posizione migliore per la propria nazione: conquista di nuovi territori (per motivi etnici o economici), innalzamento del prestigio e del potere a livello internazionale, affermazione del proprio modello politico (come esportare della rivoluzione ai tempi dell’URSS). Se non si chiarisce questo concetto, rischiamo di ridurre la guerra al livello di una scazzottata tra adolescenti. Inoltre, una guerra di larga scala come quella in Ucraina è il frutto di una lunga pianificazione. Possiamo tranquillamente affermare che il piano di invasione dell’Ucraina era già pronto prima ancora che Zelensky venisse eletto. Bisognava solo aspettare il momento giusto, cioè quello di maggiore debolezza dell’America. E il momento giusto è arrivato con l’imbarazzante ritiro degli Americani dall’Afghanistan.

Se l’esercito russo fosse riuscito ad arrivare a Kiev e a decapitare il governo ucraino, nei tre giorni previsti dal piano di battaglia, la comunità internazionale sarebbe stata incapace di reagire in modo significativo, come era avvenuto per l’invasione-lampo della Crimea nel 2014.

Putin ha quindi mancato il suo obiettivo e si è trovato invischiato in una guerra lunga, per la quale non era preparato. Oggi la Russia si trova in una situazione decisamente peggiore rispetto al giorno prima dell’attacco del 24 febbraio 2022.

LOGORAMENTO MILITARE

L’invincibilità dell’esercito russo è stata infranta. Per la verità, anche la guerra in Afghanistan era andata male all’Armata Rossa. Ma in quel paese nel cuore dell’Asia si erano rotte le ossa anche l’Impero britannico e, più recentemente, gli Stati Uniti. Quindi non fa testo. Ma la fallita invasione dell’Ucraina ha rivelato un esercito disorganizzato e obsoleto, con addirittura gravi errori da parte del leggendario servizio segreto russo, che non ha preparato adeguatamente la campagna militare.

Inoltre, sul fronte ucraino è stato distrutto il meglio dell’esercito russo, cioè la sua componente di militari di professione. Sono state bruciate risorse competenti ed esperte, che non possono essere sostituite dall’arrivo delle nuove reclute, addestrate velocemente e inesperte.

È crollato anche il mito della disponibilità illimitata di risorse umane della Russia per il reclutamento. Si tratta di una leggenda nata durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Stalin mobilitò circa 30 milioni di soldati per respingere l’invasione tedesca. Se Putin fosse riuscito a mobilitare appena un quarto di quella cifra, diciamo 7-8 milioni, oggi l’Ucraina sarebbe già stata tutta occupata. Ma la Federazione Russa non è l’URSS. La popolazione è inferiore. Questo è confermato dal bisogno di reclutare mercenari stranieri (cubani, libici, nepalesi, indiani). La realtà è che l’organizzazione militare russa non riesce a vestire, armare, addestrare e sfamare un numero così elevato di uomini. Ecco perché non ci sono abbastanza truppe russe per sfondare il fronte e travolgere gli Ucraini.

Anche a livello di armamenti, abbiamo visto il riutilizzo di carri armati e artiglierie che erano da decenni fermi in deposito (le sigle dei carri armati “T72”, “T80”, indicano l’anno di progettazione: 1972, 1980). Un indicatore significativo della perdita di credibilità della potenza militare russa, è il crollo delle esportazioni militari. La Russia è il secondo esportatore di armi al mondo, ma la sua quota è in caduta.

LOGORAMENTO DIPLOMATICO

La diplomazia russa, sulla scia di quella sovietica, aveva creato una rete estesa di alleanze con paesi di diversi continenti, che oggi si è ridotta. Innanzitutto, la Russia manteneva una influenza politica e militare sulle ex- Repubbliche sovietiche, con cui aveva creato una mini-Nato. Con il peggiorare della guerra in Ucraina, questi Paesi si sono sempre di più dissociati e hanno negato un appoggio militare. In alcuni casi hanno anche rotto il protocollo diplomatico dell’uso del Russo, come lingua franca, rivolgendosi a Putin in lingua nazionale. Un affronto inaccettabile fino a poco tempo fa. L’Armenia, fino a ieri sotto la protezione militare russa, sta trattatando con gli Usa per forniture militari.

La Russia si è dovuta abbassare a chiedere una alleanza formale con un paese come la Corea del Nord, un tempo trattato come uno stato vassallo inferiore. L’immagine di questa collaborazione si è vista nei ritratti giganti di Putin accanto a quelli di Kim Jong-un, durante la visita a ‎Pyongyang. Un simbolismo grottesco se si pensa che il presidente russo ama confrontarsi con i ritratti di Pietro il Grande e Caterina II.

LOGORAMENTO ECONOMICO

La Russia ha trasformato la sua economia per adattare il Paese alla guerra. Oggi il Ministero della Difesa è il maggiore datore di lavoro della Federazione. Le aziende private russe, già in difficoltà per la carenza di forniture straniere, non riescono ad assumere lavoratori, perché molti sono stati mobilitati ed i salari delle aziende produttrici di armi sono più alti. La Russia, che ha un PIL poco più grande di quello della Spagna, sta bruciando il proprio tessuto di imprese medio-piccole. Le sanzioni economiche impattano sul costo della vita, con alta inflazione e riduzione dell’offerta di prodotti di consumo.

LOGORAMENTO GEOPOLITICO

Il Governo russo aveva, con la sua strategia di esportazione di risorse energetici (gas, petrolio, minerali), costruito una posizione egemone verso l’Europa. L’accordo del gasdotto North Stream con la Germania era stato un capolavoro. Di fatto si era creato un potere di ricatto energetico sull’Europa. La guerra ha aperto gli occhi ai paesi europei che hanno ridotto la loro dipendenza. Il sabotaggio del gasdotto nel Mare Baltico ha dato il colpo di grazia. La Russia ha perso lo sbocco in Europa ed è obbligata a vendere il gas alla Cina con uno sconto rilevante. La Gazprom ha subito una perdita in bilancio per la prima volta nella sua storia.

La Russia mantiene posizioni di forza in diversi Paesi africani, ricchi di risorse naturali, con la presenza di truppe mercenarie, come la tristemente nota Agenzia Wagner. Ma se questa presenza militare russa prima era sconosciuta ai non addetti ai lavori, oggi preoccupa i governi occidentali, che finalmente si sentono minacciati nell’approvvigionamento di risorse naturali strategiche (uranio, oro, etc.).

LOGORAMENTO SOCIALE

Pochi hanno studiato la fuga di cittadini russi all’estero. Non ci sono stime precise. Si parla di un flusso che oscilla da mezzo milione e un milione di espatriati. Chi sono? Molti in fuga dal servizio militare con destinazione al carnaio dell’Ucraina. Tra di loro, ricconi e volti noti dello spettacolo, che dissentono dalla guerra. Ma la maggior parte sono quei russi già abituati a viaggiare in Europa, che rappresentano l’élite economica della Federazione, manager e professioni. I colletti bianchi. Sono quelli preoccupati dalla deriva politica verso la repressione della libertà di espressione e della politicizzazione della giustizia, che mina autonomia professionale e libertà di mercato. Questa diaspora rappresenta un drenaggio di cervelli che difficilmente tornerà in patria a fine guerra.

LOGORAMENTO D’IMMAGINE

Infine, è cambiata l’immagine che avevamo russi, influenzati dallo stile di vita simil-europeo di città come Mosca e San Pietroburgo. Oggi la faccia della Russia è quella di un sistema che incoraggia i crimini di guerra (basta guardare qualche talk-show della TV di Stato Russia) e minaccia tutto il mondo. La limitazione della libertà di stampa non è una novità per la Russia, ma gli arresti in piazza per reati di opinione sono stati una novità. Infine, la morte in prigione di un detenuto famoso come Navalny, mostra un regime sprezzante per i diritti umani e che si sente di poter disporre della vita di un oppositore politico, noncurante delle ripercussioni di immagine all’estero.

Questa rappresentazione di una Russia fragile ci induce a pensare che Putin può essere sinceramente interessato a terminare la guerra, perché non può non aver visto lo sgretolamento delle posizioni acquisite dalla Russia a livello internazionale.

Rimane in mano alla Russia un’arma potente e un potente alleato: la capacità di fare paura all’occidente e il sostegno della Cina. Quando la Russia minaccia attacchi nucleari e stragi di civili, l’opinione pubblica dei paesi occidentali si spaventa. Ma gli ucraini non hanno paura. Sono abituati alle minacce di Putin e della sua cerchia. Quello di cui hanno paura è una pace instabile, a cui seguirà un altro attacco, non appena l’orso russo si sarà leccato le ferite. Un antidoto a questa paura potrebbe essere proprio la Cina, che dovrebbe fare da garante per un accordo di pace, anche perché questa guerra turba quel commercio internazionale, su cui si basa il piano di sviluppo cinese.

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