A piccoli passi. Il ministero dell’Ambiente caparbiamente mantenuto dai Cinquestelle tra il Conte 1 e il Conte 2 doveva essere uno dei centri di potere più qualificanti della rivoluzione pentastellata sin dai tempi dei vaffa… day.
Sergio Costa non è stato mai messo in discussione in quel ministero, principalmente in ragione della sua precedente esperienza nel Corpo Forestale dello Stato. Qualche voce lo indica come futuro candidato dei Cinquestelle alla carica di governatore della Campania, ma per ora è al suo posto.
L’efficacia del suo mandato, però, procede a piccoli passi. Se l’obiettivo era di rendere il MATTM l’architrave di una rivoluzione ecologista e rigeneratrice di un Paese devastato da scempi, eco-mafie, discariche e inquinamenti, quel traguardo non può dirsi raggiunto.
Prendiamo il caso delle aree marine, la cui salvaguardia è implicitamente racchiusa nella denominazione di ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Che il ministro partecipi in prima persona ad iniziative pubbliche di valorizzazione, di pulizia dei siti, è ammirevole. Diventa un po’ più complicato elogiarlo quando il governo gli lesina le risorse.
L’ultimo consiglio dei ministri del 2019 ha stanziato poco più di 2 milioni di euro per quattro nuove aree marine protette: Capri, Capo Spartivento e Isola San Pietro in Sardegna e Costa di Maratea in Basilicata. Zone incantevoli e soldi cui se ne devono aggiungere altri 700 mila e poi 600 mila dal 2021 per le spese di gestione e funzionamento delle aree stesse. Tutto qui? Sì, sono gli unici euro che il ministro è riuscito ad ottenere.
Ma si tratta di un passaggio “importante” – ha detto Costa – perché voglio far crescere le aree marine protette in tutta Italia e ciò costituirà un’eccezionale occasione di sviluppo ecosostenibile. Il guaio è che alla recente conferenza sulla protezione del Mediterraneo di Napoli gli ambientalisti hanno denunciato che le aree protette spesso si trovano solo sulla carta.
Le aree del Mediterraneo a vario titolo protette che hanno propri piani di gestione sono il 2,48% e quelle che hanno piani che assicurano una gestione efficace sono l’1,27%, ha documentato il WWF. È il punto vero della svolta per un mare realmente protetto.
Se crei le aree tutelate le devi sorvegliare e gestire. L’Italia “non si discosta dallo sconfortante quadro generale, considerato che la gestione viene effettivamente implementata solo nell’1,67% delle nostre acque marine”. C’era anche l’impegno dei Paesi del bacino a creare entro il 2020 una rete di aree protette. Non se ne scorge l’orizzonte. I Paesi hanno tutti problemi di bilancio.
Ma il governo della sostenibilità ambientale vuole davvero giocare la partita per la protezione del suo mare, risorsa economica e paesaggistica strategica? Vuole sul serio restituire alla collettività aree sottratte a offese di ogni tipo? Beh, non aspetti l’estate per scoprire che è indietro con i progetti e i soldi. Magari il governo non sarà nemmeno più lo stesso. Provi intanto a rovesciare la tesi secondo cui le aree marine italiane si trovano solo sulla carta.