La primaria sfida per il nuovo cancelliere tedesco sarà la ripresa della crescita economica. È inutile ricordare quanto noi stessi siamo interessati alla ripartenza del nostro primo mercato di esportazione.
Non sarà impresa facile perché, come ha osservato Mario Draghi, pesano sull’Europa intera il declino demografico, irrisolvibile nel breve termine, nonché le barriere interne e gli ostacoli normativi. Queste seconde cause, teoricamente rimovibili nel breve periodo, sono tuttavia il prodotto della radicata cultura di una terribile burocrazia di Bruxelles cui la Germania ha non poco contribuito nei decenni.
Soprattutto, le più recenti politiche anti-industriali dell’Unione hanno fatto crollare il Pil europeo e il reddito pro-capite dei suoi cittadini riducendo anche la attrattività per gli investitori esteri. Basti pensare alle nefaste conseguenze di un green deal ideologico che ha messo a repentaglio acciaio, chimica, automotive e intere filiere manifatturiere.
Le Associazioni industriali di Italia, Germania e Francia hanno recentemente prodotto una lettera congiunta con la quale auspicano “regole semplificate e snelle” per l’impresa superando direttive e regolamenti che comportano oneri insostenibili. In particolare, hanno chiesto di “mettere in pausa l’orologio normativo”.
Gli impegni della Von der Leyen, che ha presentato un pacchetto “Omnibus” di semplificazioni, sono stati sinora per lo più formali e non hanno investito la tagliola dei tempi brevi con cui scatteranno pesanti sanzioni.
Il leader popolare Merz dovrà chiedere quindi significativi ripensamenti non solo ai futuri alleati di governo ma anche a quella parte del suo stesso partito che può essere ancora condizionata dalla cancelliera Merkel. Non gli basterà l’allentamento dei vincoli di bilancio per una maggiore spesa a sostegno della crescita. Occorre vera discontinuità in tempi brevissimi.