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Meloni surclassa Nordio nell’attacco ai magistrati

Dalla reazione di Giorgia Meloni alla decisione del gip di rifiutare l’archiviazione chiesta dalla pubblica accusa per le indagini su abuso di violazione del segreto di ufficio da parte del sottosegretario alla Giustizia, Delmastro, emerge una rilevante sintonia del presidente del Consiglio con il ministro della Giustizia, anzi più di una sintonia... I Graffi di Damato

 

Alla faccia di quanti, a dispetto anche delle foto che li smentivano, si sono prodigati nei mesi scorsi a immaginare e rappresentare in articoli e titoli sui giornali la presidente del Consiglio Giorgia Meloni infastidita, allarmata e quant’altro per il rapporto troppo duro del suo ministro della Giustizia Carlo Nordio, già da lei candidato nella scorsa legislatura al Quirinale, con gli ex colleghi magistrati e la loro rappresentanza. Che da sindacale quale dovrebbe essere per un’associazione tende da molto tempo ad essere anche istituzionale scavalcando il Consiglio Superiore della Magistratura.

Prima la Procura di Milano – con la conferma delle indagini per falso in bilancio e bancarotta in corso da ottobre a carico della ministra del Turismo Daniela Santanchè, che pure continua a sostenere di non avere mai ricevuto un avviso di garanzia prima di riferire al Senato dei suoi problemi di imprenditrice in difficoltà- e poi il tribunale di Roma – col rifiuto del giudice delle indagini preliminari di rifiutare l’archiviazione chiesta dalla pubblica accusa per le indagini su abuso di violazione del segreto di ufficio da parte del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro – hanno provocato una reazione di Meloni a Palazzo Chigi di una durezza senza uguali.

In piena solidarietà politica e umana con entrambi gli amici, oltre che colleghi di partito e di governo, la premier ha fatto diffondere una nota che più esplicite nell’attacco non poteva essere. “E’ lecito domandarsi – dice – se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione e abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee”. Una campagna nella quale il governo in generale e la Meloni in particolare, col suo progetto di esportare in qualche modo il centrodestra a livello di Unione Europea, si giocano praticamente tutto.

La severissima nota di Palazzo Chigi, nella quale sul Corriere della Sera Massimo Franco ha visto riduttivamente, ma anche polemicamente, “la tentazione (sbagliata) del muro contro muro”, ormai diventata più di una tentazione, è stata tradotta dalla vignetta di Stefano Rolli sul Secolo XIX nella sottolineatura di un “ruolo di opposizione” assunto dalla magistratura perché “vacante” nella sostanza a causa delle divisioni fra i pur rumorosi e insofferenti gruppi e partiti del no alla fiducia parlamentare.

Il sindacato delle toghe non ha naturalmente gradito, non potendo evidentemente più contare su una dialettica, chiamiamola così, all’interno del governo addirittura fra la presidente del Consiglio e il Guardasigilli sul vecchio problema che si trascina da una trentina d’anni di un riequilibrio del rapporto fra politica e giustizia. Che fu “bruscamente cambiato” ai tempi delle indagini sul finanziamento illegale dei partiti, per ripetere una formula usata con ammirevole franchezza da Giorgio Napolitano quando era al Quirinale, e sperava che si potesse ristabilire la normalità costituzionale.

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