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L’ennesima telenovela della sinistra su Giorgetti

 Il solito tormentone mediatico sulle divergenze fra Giorgetti e Salvini. La nota di Paola Sacchi

 

Appesi all'”enigma” Giancarlo Giorgetti, stavolta in eurovisione per la clamorosa, ennesima puntata di una “telenovela” decennale, cui Beautiful sembra fare un baffo, in cui la sinistra lo vorrebbe vedere ogni volta contro il leader della sua Lega, Matteo Salvini. Il sequel praticamente di un altro tormentone del passato tutto made in sinistra e media vicini che tendeva a dividere Bobo Maroni da Umberto Bossi e l’asse di ferro con Silvio Berlusconi.

Nella “telenovela” decennale di una sinistra e centrosinistra, cui invece sul Mes è scomparso il campo largo – dopo la piroetta di Giuseppe Conte, ormai da giocatore libero in competizione con il Pd – sempre alla ricerca della famosa e mai trovata “costola padana”, torna di scena il “Gianka”, come lo chiamano in Lega.

Dal “moderato, europeista”, “lui sì che è la Lega buona” a una sorta di “irresponsabile” accompagnato dal grido-refrain “dimissioni, dimissioni” da parte di opposizioni, che non sanno diventare vero fronte alternativo alla maggioranza. Il tutto in una narrazione in cui esplode la delusione, l’indignazione delle opposizioni sul ministro dell’Economia e Finanze che lo vedevano ormai alter ego della cosiddetta “corrente sovranista”, come se il segretario federale di un partito, peraltro rimasto nello schema “leninista”, fosse, appunto, espressione di corrente.

Nella migliore delle ipotesi ora, secondo questa vulgata mediatica mainstream, il titolare del Mef sarebbe “un uomo solo”. E via fantasticando di Lega e Giorgetti. Come ai tempi del “famigerato” Papeete quando se ne studiavano sui media persino i gesti e un certo inarcare di sopracciglia diventava un titolo. E quella cortese e semplice, chissà forse anche ironica, visto che l’ironia non gli manca, stretta di mano in parlamento a Conte, cui era stata appena staccata la spina, diventava un “ecco, è il segno che Giorgetti non voleva”. Quando, invece, i ben informati sapevano che Giorgetti, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, da mesi aveva le scatole piene di quel premier e il suo onnipresente portavoce. Fino a definire con la sottoscritta il Conte2 “Il Casalino1”.

“E così “giorgettando”, “giorgettando” opposizioni e media vicini si ritrovano spiazzati rispetto all’infinita telenovela tutta tesa a dividere Giancarlo il “buono” da Salvini, “il cattivo”. Ovvero colui di cui lo stesso Giorgetti, che è anche vicesegretario, uno dei pilastri della stessa Lega, giorni fa ha rivendicato di essere stato regista dell’elezione alla guida del partito, in un patto con Maroni e Salvini stesso sottoscritto sotto un tendone. Il tutto raccontato dallo stesso Giorgetti in un video diffuso in questi giorni dalla Lega per i “10 anni del Capitano”.

La strana opposizione di opposizioni che non incidono, divise, alla perenne ricerca della “quadra”, avrebbe però voluto vedere, a giudicare da certe reazioni di Pd e alleati, paradossalmente un Giorgetti più duro e sovranista sul Patto di Stabilità e più europeista, invece, sul Mes. Claudio Borghi, l’economista, parlamentare leghista, bollato come “l’euroscettico” da “ritorno alla lira” (lui ride: “Al ‘Corriere’ hanno fatto qualche copia incolla di vari anni fa”) che, con Alberto Bagnai, responsabile del dipartimento economia del partito, ha più martellato pure sui social (il suo video con oltre 4 milioni di visualizzazioni) sul No al Mes, afferma in tv a “Stasera Italia”: “Giorgetti ha fatto il massimo per il Patto di Stabilità. Altrimenti saremmo tornati con il primo gennaio alle condizioni di prima, peggiori”.

Ma cosa ha detto davvero il titolare del Mef da suscitare uno scandalo a sinistra da dimissioni? Facendo un’ipotesi di scuola, parlando del titolare del Mef, in quanto istituzione, in terza persona, ha affermato che ” il ministro” aveva l’interesse a dire sì alla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (l’organismo di cui ricorda Borghi lo stesso Mef fa parte) per “ragioni economiche e finanziarie”, ma che “non c’era l’aria” dopo la richiesta di un “Giurì d’onore e cose così “. Tradotto, come è apparso subito a osservatori che un po’ conoscono il ministro: il Mes non poteva essere usato per ottenere di più per il Patto di Stabilità, e neppure nella guerra di Conte al governo di Giorgia Meloni.

La conferma viene a stretto giro di posta dallo stesso Salvini, che ribadisce le stringate parole di Giorgetti, contrariamente a chi vede la sua come una replica al titolare del Mef: “Certo, se il Mes fosse stato usato come merce di scambio per altro…”. Il vicepremier, ministro di Infrastrutture-Trasporti, a margine della tradizionale consegna dei regali di Natale ai ricoverati all’Ospedale dei Bambini “Buzzi”, a Milano, blinda Giorgetti: “Mai litigato con Giorgetti, la bocciatura del Mes è stata scelta coerente. La Lega ha sempre avuto la stessa idea da dieci anni a questa parte”. Sottolinea, Salvini: “Giorgetti indebolito? Assolutamente no. Abbiamo condiviso, scelto e fatto tutto per il bene degli italiani. Ne sono e ne siamo orgogliosi. Ero con lui ieri, lascio che i giornali scrivano quello che desiderano. Abbiamo fatto una grande cosa per l’Italia. Non è stato un voto ideologico: avrebbe messo in crisi i risparmi degli italiani”. Quanto a FI: “Si è astenuta, coerentemente con le sue posizioni”. Che, come ribadisce il segretario azzurro Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri: “È stata sempre contraria alla mancaza di controllo del Mes da parte degli organismi europei”. L’organismo infatti, come Tajani ha sempre sottolineato, non risponde al presidente della commissione Ue e al Parlamento Europeo. E “la riforma del Mes avrebbe aiutato anche le banche in difficoltà, ma in Italia i nostri istituti di credito sono solidi”, spiega Borghi che ricorda il precedente della Grecia, “quando i risparmiatori italiani pagarono i crediti in gran parte di banche tedesche”. “La manovra è stata approvata e questa è la dimostrazione della fiducia del parlamento al governo e a Giorgetti”, ha tagliato corto l’altra sera dopo l’ok del Senato, Maurizio Gasparri, capogruppo azzurro a Palazzo Madama. Giorgetti aveva detto sulla richiesta di dimissioni:”I consigli delle opposizioni sono sempre utili. Ma, se permettete, decido io”.

Evidente la sfida: se avete i numeri, allora venite in parlamento. Intanto, alcuni account leghisti su X trasmettono il video di metà dicembre in cui, a margine del Consiglio europeo, afferma che sul Mes doveva decidere il nostro parlamento, quindi nessun ok da parte sua come invece gli rimproverano le opposizioni. Oggi Giorgetti a “Il Giornale” conferma: “Non mi dimetto. Da mesi le opposizioni preparavano l’apocalisse sul Mes”. “Apocalisse” finita a Spread giù e Borsa su il giorno dopo la bocciatura.

Ieri mattina il Mef ha diffuso l’immagine sorridente del ministro in visita al nostro contingente della Guardia di Finanza in Libia. E una nota ha assicurato, a proposito della Manovra, che “il ministro sarà presente il 27 dicembre ai lavori della commissione Bilancio della Camera, come richiesto dalle opposizioni”. Ma non si parlerà di Mes.

Intanto, dalle opposizioni l’accusa che Giorgetti e Salvini farebbero “due parti in commedia”. Divisi certo lo sono oggettivamente dai ruoli (Borghi: “Giorgetti ha a che fare in Europa con tutti gli altri favorevoli al Mes”), ma si potrebbe dire: marciare divisi, colpire uniti sul piano politico del partito. Mentre alle opposizioni restano solo le divisioni. Senza “colpire”.

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