Skip to content

kim putin

Perché Putin e Kim Jong-un amoreggiano?

Vladimir Putin e Kim Jong-un hanno sottoscritto quello che hanno definito “il trattato più forte di sempre”. Ecco come evolverà la cooperazione tra Russia e Corea del nord.

Come ai bei tempi di Kruscev, che nel 1961 firmò un trattato con la Corea del Nord che prometteva l’intervento militare di Mosca a difesa del regno eremita allora retto dal fondatore della dinastia dei Kim, Putin e Kim Jong-un hanno sottoscritto ieri quello che hanno definito “il trattato più forte di sempre”. Ecco l’ultima sfida lanciata all’Occidente da due leader che si avvicinano in nome della comune volontà di dare forma a quel mondo multipolare in cui limitare o neutralizzare l’egemonia di Washington.

La visita di Putin a Kim

Come spiega Bbc, non si conoscono i dettagli dell’accordo siglato in occasione della visita dello zar a Pyongyang, ma solo la clausola in base alla quale Russia e Corea del Nord concordano di fornirsi “mutua assistenza in caso di aggressione”, il sigillo ala comune volontà di rafforzare la cooperazione in materia non solo militare ma anche di commercio e investimenti oltre che nei campi culturale e umanitario.

Un abbraccio solennizzato da un’accoglienza fastosa e scenografica ad un leader che non si faceva vedere da quelle parti da ben 24 anni, ossia dal tempo in cui erano trascorsi pochi mesi dall’insediamento di Putin al Cremlino dopo l’uscita di scena del primo presidente della Federazione Russa Boris Eltsin.

Ma al di là del trattamento fraterno che si concedono i protagonisti di questo nuovo asse del male, a preoccupare l’Occidente è un’intesa che già da tempo vede Kim fornire alla Russia ingenti quantitativi di munizioni oltre che di missiliimpiegati nei campi di battaglia ucraini in cambio di un’assistenza tecnologica che, date le predisposizioni bellicose della Corea del Nord, non potrà che accentuare la minaccia strategica posta dal Paese al suo vicino del Sud e ai nemici di Giappone e Usa.

Amici per la pelle

Putin ha sicuramente apprezzato anche il bagno di folla riservatogli dal collega dittatore che ha fatto precettare migliaia di figuranti che hanno salutato il corteo presidenziale con scene che non hanno sorpreso gli esperti di un Paese molto noto per questo genere di spettacoli.

E così, dopo aver solcato il red carpet dinanzi alla guardia d’onore, Putin è stato introdotto da Kim alla leadership coreana nelle persone della sorella Kim Yo Jong, del ministro degli Esteri Choe Son Hui e del segretario di partito Jo Yong Won.

E nei colloqui tra i due capi supremi è stato tutto un tripudio di slogan contro “le politiche imperialistiche ed egemoniche degli Usa e dei suoi satelliti”, per usare le parole di Putin citate dall’Associated Press.

Di nuovo alleati

Ma al di là delle amorevoli sintonie ideologiche, ad essere in primo piano a Pyongyang è la nascita, anzi la rinascita se si considera il trattato del 1961, di quella che viene chiamata esplicitamente “alleanza” e che si fonda anzitutto sulla cooperazione militare e tecnologica evocata dallo stesso capo del Cremlino.

La vaghezza in cui è avvolta la promessa di prestarsi reciproco soccorso è tale da far sospettare uno specialista della Corea del Nord come Chad O’ Carroll che includa la possibilità per Kim di inviare propri soldati in Ucraina.

Il costo di un’alleanza

È il New York Times a sottolineare la drammatica implicazione di questo patto di ferro che porta con sé un drastico mutamento di posizione della Russia rispetto alla minaccia nucleare e balistica posta dal regime di Kim.

Fino a non molto tempo fa, infatti, Mosca era tra coloro che condannavano le ambizioni atomiche del Paese più sanzionato al mondo, in quella che era forse una delle pochissime sintonie e ambiti di cooperazione tra Russia e Occidente.

Ora però che quello stesso Occidente l’ha messo in un angolo a causa dell’aggressione all’Ucraina, lo zar si vede costretto a implorare un soccorso militare pagando il prezzo di accettare per l’alleato l’ambito status di potenza nucleare dando anzi una fattiva mano perché raggiunga questo traguardo non solo simbolico.

La Corea del Nord è infatti dotata di decine di testate nucleari, ma ha il tallone d’Achille di una tecnologia balistica non ancora adeguata.  Di qui la preoccupazione dell’Occidente che sia ora Mosca a fornire all’alleato il know how necessario nel campo non solo dei missili ma anche dei satelliti e dello spazio.

L’ennesima sfida all’Occidente

Ed è ancora il New York Times a dare la parola ad un esperto che evidenzia la portata nefasta del nuovo accordo.

Accordo che secondo Leif-Eric Easley, docente di Studi internazionali a Seul, offre agli osservatori “il caso senza precedenti di un membro permanente del Consiglio di Sicurezza Onu dotato di armi nucleari che non solo accetta ma si impegna addirittura a difendere un regime che viola spudoratamente” le risoluzioni dello stesso Consiglio oltre a tutte le norme internazionali sulla non proliferazione.

“Tutto ciò”, ha detto non a caso il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale Usa commentando l’intesa, “dovrebbe preoccupare qualsiasi Paese che ha a cuore il mantenimento della pace e della stabilità nella penisola coreana”.

Uno schiaffo e una sfida aperta dunque a quell’ordine internazionale che sta stretto ad ambedue gli alleati anche perché tenta di ostacolarne la smisurata volontà di potenza.

Come spiega a Bbc il direttore del James Martin Center sugli Studi sulla non proliferazione, l’accordo è in sostanza il “tentativo di ridurre la pena derivante dalle sanzioni internazionali attraverso la creazione di una rete alternativa di amici e partner schermata dalle sanzioni”.

Un passo in avanti insomma, osservano altri analisti alla testata britannica, verso quel mondo multipolare che significa in soldoni fine dell’egemonia Usa.

Torna su