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Il mio ricordo di Giorgio Ruffolo

Il profilo culturale e politico di Giorgio Ruffolo morto a 96 anni. Il ricordo di Giuliano Cazzola

 

Con Giorgio Ruffolo se n’è andata una personalità di alto profilo culturale e politico. Era nato nel 1926, un anno in cui la Provvidenza ebbe la mano felice, perché in quello stesso anno e limitandomi alle mie dirette conoscenze nacquero due grandi sindacalisti come Bruno Trentin e Sergio Garavini, ma vero e proprio primus inter pares, anche Giorgio Napolitano. 

1926, L’ANNO IN CUI LA PROVVIDENZA EBBE LA MANO FELICE

Della sua vita, della sua attività politica, delle sue opera, dei suoi scritti si potrebbe parlare a lungo senza riuscire ad esprimere quanti ci sarebbe da dire di una personalità tanto ricca di doti, di impegno e di meriti. Se dovessi dare un giudizio sintetico di Giorgio direi che corrispondeva alle caratteristiche di un allievo dell’ENA, la famosa  istituzione francese che da decenni ha formato la classe dirigente d’Oltralpe, preparata per transitare dall’Alta Amministrazione alla politica. Non è un caso che si dica – infatti – che la Francia è un Paese che non si governa ma si amministra.

Ruffolo iniziò il suo cursus honorum da tecnocrate, dapprima in grandi istituti di credito e in importanti imprese parastatali, poi iniziò da civil servant il rapporto con la politica come segretario generale della programmazione, dove collaborò con diversi ministri tra cui Ugo La Malfa e Antonio Giolitti (che era un collettore dell’intellighenzia socialista e punto di riferimento di Giorgio nel Partito). La ‘’programmazione economica’’ era uno degli obiettivi proposti (anzi rivendicati) dal Psi per la sua partecipazione ai primi governi di centro sinistra, ma che si rivelò poi la grande illusione di quanti si erano portati appresso l’idea di una politica di piano. Io conobbi Giorgio quando svolgeva quel ruolo. Ricordo che venne a Bologna, all’Università (ero allora uno studente che lo andò ad ascoltare) a presentare il Rapporto sulla programmazione e tenne testa con argomenti solidi a quanti lo attaccavano da sinistra per motivi meramente ideologici. In seguito, approdato al sindacato, mi trovai a prendere parte al rilancio, ad opera di Federico Coen. della storica rivista Mondoperaio fondata da Pietro Nenni. Giorgio Ruffolo era una delle grandi firme di quel gruppo di persone che, nel contesto della sinistra (lui era ‘’lombardiano’’), svolsero un ruolo di ricerca e di innovazione.

IL SOCIALISMO DI RUFFOLO

Ruffolo fu sempre vicino alla componente socialista della Cgil e partecipava alle sue iniziative. Ricordo che una volta, in un giorno di luglio molto caldo, Ottaviano Del Turco convocò una riunione nazionale di sindacalisti socialisti in un hotel romano dove non funzionava l’aria condizionata. Capitò che mentre Giorgio interveniva, uno si alzò nel fondo della sala e gridò rivolto alla presidenza: ‘’Non vedete che sta male!’’. Ruffolo si fermò (poi raccontò che credeva che quel compagno contestasse il suo discorso), ma un secondo dopo crollò svenuto per un colpo di calore. Per fortuna si riprese presto. Pochi minuti dopo la stessa cosa capitò a Fausto Vigevani che, invece, dovette allontanarsi in ambulanza. Quando divenne ministro dell’Ambiente (incarico mantenuto in diversi governi) Ruffolo diede una struttura al Dicastero che fino ad allora era stato una sine cura. Ne fece un ministero importante, anche attraverso la pubblicazione di un Rapporto sull’ambiente che rendeva partecipi e informati di quelle problematiche chiunque lo leggesse. Lo ricordo perché io ero stato incaricato, nell’ambito della segreteria della Cgil, di occuparmi del settore.

Poi mi capitò di gestire con il ministro e il suo capo di gabinetto (anch’esso storico socialista) Manin Carabba una vertenza importante; teatro di una delle prime contestazioni ambientaliste ad uno stabilimento chimico. Era l’Acna di Cengio. Ruffolo tentò di gestire d’accordo con i sindacati una politica di risanamento per evitare la chiusura degli impianti. Fu un’esperienza esemplare che, tuttavia, non resse negli anni successivi alle pressioni delle comunità circostanti. Da ministro, però, Ruffolo ‘’diede la linea’’: non si doveva scegliere quali interessi difendere (i lavoratori o i cittadini) ma avvalersi delle tecnologie disponibili per mantenere in attività delle fabbriche risanate. In seguito stabilii un rapporto più stretto con Ruffolo quando il Psi si sfaldò.

Aderimmo entrambi ad Alleanza democratica, una formazione che in quei tempi sembrava avere un solido futuro soprattutto durante un breve periodo in cui fu effettuata un’alleanza con Mario Segni, allora in grande spolvero dopo aver vinto il referendum sulla legge elettorale. Poi Segni fece altre scelte e Alleanza democratica ‘’l’hanno rimasta sola’’. Così alle elezioni politiche – in coalizione con i Progressisti  nel 1994 – dovette accontentarsi di 500mila voti. E chiudere bottega. Giorgio continuò a fare politica nel Parlamento europeo come indipendente nelle liste organizzate dal PDS-DS. Candidato nel mio collegio non esitai a votarlo anche se quella fu la prima e l’ultima volta in cui diedi il mio voto ad una formazione ex Pci. 

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