In un editoriale pubblicato in prima pagina dal Messaggero il 24 ottobre 2024, Luca Ricolfi, mette in fila i veri costi della missione in Albania.
Ricolfi parte dalle risposte a diversi sondaggi pubblicati negli ultimi giorni secondo cui la maggior parte degli intervistati che si dichiarano contrari ai centri per i migranti realizzati appunto in Albania non lo sono non per ragioni di principio, ma per scetticismo sulla riuscita, o per via dei costi troppo elevati. La sensazione che si buttassero i soldi, scrive Ricolfi, “è stata sicuramente aiutata da due cifre ampiamente circolate sui media: l’operazione Albania sarebbe costata 1 miliardo di euro, che sarebbe potuto essere meglio impiegato rafforzando il disastrato comparto sanitario; le trasferte dei 16 migranti sarebbero costate, da sole, 250 mila euro (15 mila euro a migrante)”.
Ricolfi rileva la totale assenza di qualsiasi tentativo di condurre una seria analisi costi-benefici del progetto Albania ma osserva anche che la stragrande maggioranza dei cittadini (compresi alcuni giornalisti e commentatori) non ha la minima percezione degli ordini di grandezza in gioco, al punto che non è raro sentire anche illustri opinionisti confondere i milioni con i miliardi. Nel caso dei centri in Albania, sottolinea, è spesso successo che i 650 milioni di euro in 5 anni (costo ufficiale dell’esperimento) venissero presentati come se l’ammontare fosse di 1 miliardo e in un solo anno, e come se quella cifra, percepita come enorme, potesse alterare significativamente il bilancio annuale della sanità (in realtà lo altererebbe dello 0.09%). Poi Ricolfi passa a snocciolare i numeri, quelli veri cioè ripuliti dalla “narrazione”. Offrendo ai lettori qualche termine di paragone fra voci di spesa:
Il valore annuo della spesa sanitaria è di circa 2300 euro per abitante (compresi bambini e i neonati).
Il costo annuo del superbonus è stato di circa 500 euro per abitante.
La spesa totale per l’accoglienza è dell’ordine di 50 euro all’anno per ogni abitante.
E il costo dell’esperimento Albania? 2.2 euro per abitante all’anno (il costo di 2 caffè).
E il costo dell’intera operazione Albania, spalmato su 5 anni? 11 euro per abitante.
Di qui il dubbio di Ricolfi: siamo sicuri che gli intervistati che si sono dichiarati contrari all’operazione Albania perché troppo dispendiosa avessero idea che il costo per abitante era di 2 euro l’anno? O sapessero di averne sborsati 500 (ossia 250 volte tanti) per permettere a 1 famiglia su 20 di ristrutturare case e ville?
Domande assai lecite. Che i lettori – ma anche i commentatori e i giornalisti – si dovrebbero porre in molti altri casi. Perché i numeri sono numeri. Eppure anch’essi possono essere manipolati. Chiamatela propaganda mediatica oppure, per fare quelli bravi, “guerra cognitiva”. Ma ci siamo dentro in pieno.
Nel 1954 Darrell Huff, giornalista appassionato e interessato alla statistica, ha scritto un libro dal titolo “Mentire con le statistiche” che è uscito nell’edizione italiana curata da Giancarlo Livraghi e Riccardo Puglisi solo nel 2009. Nel libro Darrell Huff ricorda che “molte manipolazioni, e anche distorsioni, sono possibili restando nei limiti della correttezza”, perché “nonostante la sua base matematica, la statistica è un’arte quanto è una scienza” ed è usata “per sensazionalizzare, gonfiare, confondere e sovrasemplificare”, a volte per mancanza di onestà, altre volte per pura incompetenza. Se, da un lato, la statistica offre parecchie informazioni che si prestano ad essere manipolate, dall’altro dobbiamo fare i conti con la scarsa dimestichezza del pubblico con il linguaggio della matematica, tanto che i numeri e i grafici possono essere percepiti, dall’uomo medio, nello stesso modo in cui il latinorum giuridico di Azzeccagarbugli confondeva Renzo. Spesso tendiamo a impigrirci e a lasciar prevalere i nostri pregiudizi, mentre dovremmo essere consapevoli e attivi. Non solo. L’accesso alle informazioni, che con tv e internet è diventato molto più facile ma anche molto più superficiale, rende ancor più necessaria la nostra capacità di interpretare correttamente i dati che ci vengono proposti.
Lo stesso libro di Huff, come l’articolo di Ricolfi, obbligano il lettore ad una partecipazione attiva.
Insomma, ad usare il cervello. E a non credere alle favole.