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Conte Riarmo Taverna

La guerra pacifista di Conte

Conte del Movimento 5 Stelle si è incoronato da solo sullo sfondo della Roma imperiale leader dell’opposizione. I Graffi di Damato

Giuseppe Conte e Matteo Salvini, una volta insieme nel governo col primo a Palazzo Chigi e l’altro al Viminale, si sono contesi ieri spazio e attenzione nei loro ruoli di capi di partito. Conte come presidente del MoVimento 5 Stelle, e promotore della manifestazione romana per la pace promossa da Marco Travaglio a “Oceano Pacifico”, Salvini come segretario della Lega al congresso federale a Firenze.

Sul piano della visibilità, e forse anche della curiosità, è prevalso Salvini con quella sua sorpresa del collegamento con Elon Musk e con la profezia clamorosa che gli ha strappato di un’Italia, anzi di un’Europa destinata a subire una terribile stagione terroristica. Di fronte alla quale impallidirà la paura appena procurata dalla guerra dei dazi dell’amico e superiore di Musk: il presidente americano Donald Trump.

Musk a voce e in immagini a Firenze come il vice presidente americano Vance al telefono nei giorni scorsi, sempre con Salvini, che ha voluto in qualche modo precederne l’arrivo a Roma in visita ufficiale. Il leader leghista è notoriamente in gara da tempo con la premier Giorgia Meloni per essere, apparire e quant’altro il più trumpista d’Italia, diciamo così.

Eppure, considerando anche i rapporti di forza elettorale che distanziano Salvini da Meloni tanto da non poterlo scambiare di certo per un inseguitore, Conte è stato ieri più protagonista del leader leghista. Ha inciso di più sulla situazione politica. Lo ha fatto con quella sua manifestazione –“La prima buona”, ha titolato il manifesto – alla quale alla fine si è prestato come partecipe anche il Pd, con una delegazione ufficiale guidata, su incarico della segretaria Elly Schlein, dal capogruppo del Senato Francesco Boccia. E più ancora con quel suo discorso violento contro “la farlocca luna di miele costruita sulle menzogne” dalla Meloni. Che meriterebbe di finire “nei cannoni”, secondo i cartelli del pubblico. Disarmata del suo “elmetto”, sempre secondo la folla, insieme con l’amico e ministro che fa rima chiamandosi Crosetto.

Conte si è incoronato da solo sullo sfondo della Roma imperiale leader dell’opposizione. E candidato di fatto alla guida dell’”alternativa” ormai “nata”.

L’ex premier è così ostinato nelle sue ambizioni e nella sua autostima che avrà probabilmente riso leggendo ieri mattina sul Messaggero il giudizio che ha dato di lui e del suo pubblico Giuseppe De Rita. Che ha detto, in particolare: “Potrà esserci il vecchio partigiano comunista e la tiktoker napoletana che ha trascinato tutti in pullman a Roccaraso. Ci potrà essere di tutto, perché il pacifismo è l’aria che respiri. Siamo tutti paciosi e pacifisti. Ma una piazza di paciosi e pacifisti non avrà mai una linea politica. La parola pace non è traducibile in politica”.

Più che avvicinarla, Conte ha allontanato l’alternativa nella quale si è avvolto come in una bandiera davanti a “100 mila” tifosi, come se li avesse contati personalmente uno per uno.

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