Beppe Grillo, con “un buco nello stomaco” annunciato da casa sua, non ha retto alla liquidazione fatta da Giuseppe Conte dei rapporti con lui come una questione “marginale”, comprensiva del sostanziale licenziamento da consulente a 300 mila euro annui. E in un video diffuso dal blog personale lo ha accusato di avere fatto ormai “evaporare” il MoVimento 5 Stelle, che “non c’è più”. Sopravvive solo nel nome dei gruppi parlamentari composti da deputati e da senatori formalmente eletti, in realtà scelti da Conte senza coinvolgere davvero gli iscritti, dei quali sarebbe stata compiuta in agosto anche una sostanziale epurazione verificandone arbitrariamente l’operatività per comporre in un certo modo l’assemblea costituente di novembre, caricata anche del compito di ridurre o persino eliminare il ruolo di garante del fondatore.
Dalla “democrazia dal basso” che Grillo ritiene di avere introdotto e garantito, appunto, si è arrivati secondo lui ad una “bassa democrazia”, a misura e al servizio personale dell’ex presidente del Consiglio. Al quale il comico genovese, deridendone peraltro la collocazione tra i progressisti, cioè a sinistra, è tornato a dare del “mago Oz”, come in una precedente rottura ricomposta all’ultimo momento. Questa volta il rapporto si è rotto definitivamente, si vedrà se ricorrendo anche a qualche vertenza giudiziaria, pur se Grillo ha detto, mostrandosi rassegnato, che non intende “fare casini”, forse dissuaso, secondo indiscrezioni di stampa non smentite, da una lunga consulenza legale tanto sgradita da non essere stata retribuita.
Sotto le 5 Stelle è accaduto e accade ormai di tutto: anche che il fondatore e ancora garante per statuto rivendichi “il diritto all’estinzione” di un movimento “compostabile” come certa monnezza. E pensare che per una decina d’anni, da quando sfiorò nelle elezioni politiche del 2013 la vittoria, conseguita in quelle del 2018 sino a rivendicare e ottenere Palazzo Chigi, quello che ci eravamo abituati a chiamare “il movimento grillino” ha condizionato la politica, più di quanto forse non fosse riuscito a fare dopo il 1994 Silvio Berlusconi: “lo psiconano” secondo la definizione dello stesso Grillo. Eppure, anche se anche adesso cerca di attribuirne la responsabilità tutta a Conte, il comico prestatosi alla politica ha contribuito quanto meno al passaggio da un centrodestra a trazione berlusconiana, appunto, ad un centrodestra a trazione meloniana, cioè ad una coalizione di destra-centro della quale si fatica, a dir poco, a costruire un’alternativa.
Lo stesso Conte -in un’intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera, la medesima alla quale Grillo ha reagito sul suo blog- invitato a dire se il campo di questa alternativa debba definirsi “largo” o “giusto”, ha risposto. “Asteniamoci dal chiamarlo”. Testuale. Neppure di campo sembra quindi possibile parlare.