Ormai non può esserci più alcun colpo di scena: questa è la settimana del ritorno di Donald Tusk. Dopo il voto di sfiducia al cosiddetto governo delle due settimane di Moraviecki (266 voti contrari di fronte a 190 a favore), ora tocca all’ex presidente del Consiglio europeo, già capo del governo dal 2007 al 2014, il compito di formare il nuovo esecutivo. È stato nominato dallo stesso parlamento nella serata di ieri con 248 voti a favore e 201 contrari.
E gli ci vorrà poco a presentare programma e ministri, giacché nei giorni in cui il presidente della Repubblica Andrzej Duda dispiegava la sua melina infilandosi nel vicolo cieco di un Morawiecski-bis senza numeri, Tusk tesseva il filo della sua maggioranza, concordando con gli altri due partiti dell’ex opposizione strategie e nomi.
In un paio di giorni i passaggi istituzionali potrebbero essere conclusi. In mattinata il nuovo incaricato presenta il programma ai deputati, in serata otterrà da loro il via libera. Quindi mercoledì la cerimonia di giuramento davanti a colui che si prospetta come il suo principale antagonista nei prossimi mesi, il presidente Duda.
COSA HA DETTO SU TUSK LA COMMISSIONE ANTI-RUSSIA
Nei giorni scorsi, poco prima di essere congedata dal Sejm, la commissione “anti influenze russe”, una trovata del Pis per gettare discredito sull’ex presidente del Consiglio europeo, aveva emesso un parere parziale secondo cui Tusk e altri quattro ministri del suo precedente governo non avrebbero dovuto ricoprire cariche pubbliche perché sospettati di intelligenza con Mosca. Il parere è appunto un parere, essendo venuta a cadere la disposizione relativa all’interdizione dai pubblici uffici presente nella prima versione dell’apposita legge, ma permette comunque al Pis di proseguire la sua narrazione di Tusk nemico della patria.
Negli ambienti politici di Varsavia si era addirittura speculato sull’ipotesi che il presidente della Repubblica Duda potesse proseguire la sua azione ostruzionistica, appellandosi al parere parziale della commissione e rifiutandosi di accettare il giuramento di Tusk. Ma se finora Duda si è comunque mosso all’interno della Costituzione (ha rotto con la prassi che aveva visto i presidenti affidare l’incarico a colui che poteva ottenere una maggioranza, cosa che nel caso del Mazowiecki-bis era esclusa, ma non è vietato nominare in prima battuta un esponente del partito che ha raccolto più voti), un rifiuto nei confronti di un primo ministro incaricato dal Sjm e da questi votato aprirebbe uno scontro istituzionale carico di rischi.
PAROLE CONCILIANTI DALLA PRESIDENZA
Dalla presidenza, dopo che Duda nei giorni scorsi aveva usato toni bellicosi fino a dire che Tusk non sarebbe mai stato il suo primo ministro, sono peraltro arrivate parole concilianti. “Dopo che il candidato primo ministro avrà ottenuto la maggioranza dei voti al Sejm, la raccomandazione della commissione non avrà alcun impatto sul suo giuramento”, aveva detto ai media polacchi Marcin Mastalerek, capo di gabinetto di Duda e suo massimo consigliere politico, “se un primo ministro ottiene la maggioranza, il presidente certamente accetterà il giuramento e il giuramento avverrà”.
Sarà un governo tripartito, genericamente di centro con un po’ di sinistra, composto dai liberal-conservatori di Tusk (Coalizione civica), dai centristi dell’attuale presidente del Sejm Szymon Holownia (Terza via) e dai socialisti di Nuova Sinistra.
LE DIFFICOLTÀ DEL GOVERNO TUSK
Dopo otto anni di governi nazional-conservatori e dopo un mese e mezzo di ostruzionismo da parte del presidente Duda, il cambiamento promesso da Tusk è dunque pronto a lasciare gli ormeggi. Ma non sarà una navigazione tranquilla, soprattutto nei primi mesi. “Dire addio al vecchio establishment sarà un processo molto doloroso e assai costoso per la Polonia”, ha dichiarato il prossimo primo ministro, “il Pis ha deciso di sfruttare le ultime settimane per devastare e distruggere lo Stato polacco, uno spreco di tempo e denaro in cui si è tentato di installare una sorta di quinta colonna del Pis in tutti i settori possibili”.
Il primo punto sarà quindi quello di ricrearsi una squadra affidabile all’interno dell’amministrazione pubblica. “Dovremo affrontare il risanamento molto rapidamente e con molta decisione”, ha promesso Tusk, “sistemeremo tutto insieme e rimedieremo ai torti in modo che tutti, nessuno escluso, possano sentirsi a casa”.
Intanto l’esordio del nuovo premier dovrebbe essere su un terreno amico. Se le cose andranno come previsto, e il presidente Duda farà quello che il suo capo di gabinetto ha assicurato, domani si chiuderà il lungo passaggio di consegne che consentirà a Tusk di rappresentare la Polonia al Consiglio dell’Unione europea di giovedì 14 dicembre. A Bruxelles sono convinti che il cambio di potere porrà fine alla disputa di lunga data tra l’Ue e la Polonia, ad esempio sulla controversa riforma giudiziaria e sullo stanziamento di miliardi di fondi Ue congelati. Tusk, anche grazie alla sua esperienza di presidente del Consiglio europeo dal 2014 al 2019, ha costruito e mantenuto buoni rapporti e in campagna elettorale ha più volte sottolineato di voler “ricostruire” la posizione della Polonia in Europa. A Bruxelles sarà festa, mentre il rientro a Varsavia si prospetta pieno di impegni e anche di ostacoli.