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L’oblio del gender nel nuovo libro di Giulio Meotti

"Gender" (Liberilibri), il nuovo libro di Giulio Meotti, letto da Antonio de Grazia

Giulio Meotti non ama le idee dominanti.

Appena ventenne, nel 2003, inizia a collaborare con Il Foglio – i primi leggendari anni, con i pezzi anonimi e il logos dell’Elefantino -, ove tuttora scrive.

Ha una newsletter e si esercita quotidianamente su Twitter (ora X): per la brevità, il tweet è forma eclettica, a tratti aforistica e anche epigrammatica.

I libri di Giulio Meotti, coraggiosi e solidi, privilegiano una prosa simmetrica, ricca di fonti e riferimenti: Meotti è un perfezionista, non lascia nulla al caso.

La sua ultima opera – dopo “Il dio verde” e i “Nuovi barbari” – è “Gender. Il sesso degli angeli e l’oblio dell’Occidente”, edito dalla benemerita Liberilibri di Macerata, con prefazione dello scrittore maudit Richard Millet.

Dice Millet: “L’oblio dell’essere, il compimento del nichilismo, è ciò che si annida e si diffonde nel gender”.

Il gender: manipolazione del sesso biologico e dell’identità di genere, sesso percepito e fluido e non binario. L’ideologia intende imporsi alla Natura, con sprezzo delle nostre facoltà mentali. Siamo nella cornice di “Brave new World” di Aldous Huxley, bizzarro e non più fantascientifico romanzo del 1939, ove la questione genetica ed eugenetica regola tutti i rivoli della vita dei post-esseri umani.

Moltissime le citazioni di Meotti: descrive innumerevoli esempi di oscurantismo, di sacrifici della logica e dell’intelletto. Il suo commento è severo: “Si va costruendo un regime culturale mentalmente carcerario, una grande prigione intellettuale”.

E poi: “Questa ideologia è applicata da parte di quegli uffici da burocrazia totalitaria che si occupano di diversità, equità e inclusione, e che spadroneggiano in tutto il mondo accademico”. “L’ideologia dominante fa passare per sciocchi, reazionari o psicopatici coloro che non la accolgono”.

Vengono alla mente la prosa vigorosa, quasi nietzschiana, di “Grande Ospizio Occidentale” dell’iconoclasta Eduard Limonov e le sottigliezze ed eleganze intellettuali del filosofo in maschera Boni Castellane.

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