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Fratelli d’Italia sarà la nuova Dc?

Commenti, curiosità e suggestioni sul futuro di Fratelli d'Italia. I Graffi di Damato

 

La “promozione in comunicazione”, assegnata ad una Giorgia Meloni pur “pasticciona e rancorosa” da Piero Ignazi sull’insospettabile e debenedettiano Domani, ha contribuito probabilmente ad alimentare tendenze già emerse da qualche tempo a convogliare a destra l’eredità della pur lontana ma non certo dimenticata Democrazia Cristiana. Della cui maggiore corrente, quella “dorotea”, ha trovato traccia nel linguaggio e nel comportamento della Meloni alla conferenza stampa d’inizio d’anno Antonio Polito oggi nell’editoriale del Corriere della Sera. E ciò pur in chiave critica, per contestarle troppa condiscendenza, disponibilità, copertura dell’alleato e concorrente Matteo Salvini. “Una lunga disfida a destra” è il titolo dell’editoriale del più diffuso giornale italiano.

“Una lunga rincorsa a destra”, ha insistito il Corriere nella titolazione interna, sempre basandosi sul rapporto privilegiato con la Lega attribuito ad una Meloni affrettatasi, per esempio, ad esonerare il vice presidente del Consiglio e ministro delle infrastrutture dall’obbligo o dalla semplice opportunità, reclamata invece dalle opposizioni, di riferire in Parlamento, sull’onda di una inchiesta giudiziaria in corso, sui rapporti affaristici fra l’Anas e il padre e il fratello, entrambi agli arresti domiciliari, della sua fidanzata Francesca Verdini.

Anche se il Corriere della Sera è stato sfortunato nell’aspetto polemico della sua analisi perché proprio oggi i giornali riportano, come Il Foglio in prima pagina, la rottura consumatasi in Sardegna fra la Meloni e Salvini sulla candidatura del centrodestra a governatore nelle elezioni regionali del mese prossimo, permane l’impressione e un po’ anche la spinta a vedere e interpretare la Meloni in chiave post-democristiana. D’altronde, pur da “partito di centro che guarda a sinistra”, come la definì Alcide De Gasperi, la Dc qualche occhiata a destra non se la risparmiava, anche per eleggere in Parlamento qualcuno dei suoi presidenti della Repubblica. E non solo per definire “voti in libera uscita dalla Dc” quelli che Giulio Andreotti una volta vide trasferirsi numerosi a Catania verso il partito di Giorgio Almirante. Dove rimasero per un po’ di tempo prima di “tornare a casa”, sempre secondo Andreotti.

Gianfranco Fini ha ricordato proprio oggi in una intervista al Foglio che anche lui nel 1993, a Dc quasi sciolta, ne convogliò parecchi voti nella corsa al Campidoglio sostenuta a distanza pure da Silvio Berlusconi ma ugualmente persa contro Francesco Rutelli . Ed ha condiviso lo scenario di “un partito unico conservatore” guidato da una Meloni “preparata e abile”, che ora deve “aprire il FdI”.

Alla domanda se sia possibile una rinuncia alla “fiamma” ereditata dalla destra e tanto spesso contestata anche da moderati, oltre che dalla sinistra, Fini ha risposto a beneficio della titolazione: “Se ne può discutere”. Non è poco per l’ex allenatore della Meloni, diciamo così, con tanto di documentazione fotografica.

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