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Ecco come il Fmi vede grigio pure per l’economia tedesca

Che cosa ha messo nero su bianco il Fondo monetario internazionale (Fmi) con le nuove previsioni macroeconomiche

Nell’aggiornamento al World Economic Outlook diffuso ieri, il Fondo monetario internazionale stima una crescita del Pil italiano al ritmo del +1% nel 2018, del +0,6% nel 2019 e del +0,9% nel 2020.

Il dato relativo al 2019 è rivisto al ribasso di 0,4 punti percentuali.

“All’interno dell’area euro revisioni significative riguardano la Germania, dove le difficoltà di produzione nel settore auto e la domanda esterna più bassa peseranno sulla crescita nel 2019, e per l’Italia, dove il rischio sovrano e quello finanziario, e i collegamenti tra i due, aggiungono venti contrari alla crescita”, spiega la capo economista del Fmi, Gita Gopinath.

CHE COSA SUCCEDERA’ A ITALIA, GERMANIA E FRANCIA

I tassi di crescita sono stati ridotti – ha rimarcato Policy Maker – per molte economie, in particolare quella tedesca (a causa dei fiacchi consumi privati, debole produzione industriale in seguito all’introduzione di standard di emissione auto revisionati e domanda estera contenuta); L’italiana (a causa della debole domanda interna e dei maggiori costi di finanziamento in quanto i rendimenti dei titoli di stato restano elevati); e quella francese (a causa dell’impatto negativo delle proteste di piazza e delle azioni industriali).

’INCERTEZZA PROLUNGATA SULLA BREXIT

Vi è una sostanziale incertezza sulla proiezione di base di circa l’1,5% di crescita nel Regno Unito nel 2019-20. La proiezione invariata rispetto al report rilasciato a ottobre 2018 riflette l’effetto negativo compensativo dell’incertezza prolungata sul risultato Brexit e l’impatto positivo dello stimolo fiscale annunciato nel bilancio 2019. Questa proiezione di base presuppone che un accordo Brexit sia raggiunto nel 2019 e che il Regno Unito transiti gradualmente verso il nuovo assetto. Tuttavia, a partire da metà gennaio, i contorni che assumerà alla fine la Brexit rimangono altamente incerti.

LO SPREAD PESA SULLE BANCHE ITALIANE

Gli spread italiani si sono ridotti rispetto ai picchi di ottobre-novembre ma rimangono alti. Un protratto periodo di rendimenti elevati stresserebbe ulteriormente le banche italiane, peserebbe sull’attività economica e peggiorerebbe la dinamica del debito. Altri fattori specifici per l’Europa che potrebbero generare una più ampia avversione al rischio includono la crescente possibilità di una Brexit senza accordo con ricadute negative a livello transfrontaliero e un maggiore scetticismo verso l’euro che incide sui risultati delle elezioni parlamentari europee.

 

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