Caro direttore,
eccomi nuovamente a parlarti del caso Equalize.
Lo so, non lo fa più nessuno ormai.
Se già la politica prima sembrava più imbarazzata o infastidita che preoccupata e allarmata, figurarsi ora con le elezioni in Emilia-Romagna.
Ma se il silenzio dei politici era quasi scontato – e lascia persino campo a inquietanti dietrologie che qui non farò, dato che tu non le ami -, sono altri i silenzi che mi sono parsi “assordanti”, per usare un’espressione retorica sicuramente inflazionata. E a quanto pare non sono l’unico: ho infatti visto questo tuo tweet, ed è stato quel cinguettio a farmi venire la curiosità di cercare in Rete le analisi di uno dei massimi esperti del ramo cyber e servizi che da decenni è molto attivo sui giornali su questi temi, illuminando con analisi e commenti ogni minimo aspetto legato al fantasmagorico mondo degli spioni.
Risultato? Niente. Il nulla più assoluto. Non pervenuto.
Parlo del professore Mario Caligiuri, docente ordinario all’Università della Calabria, che su Equalize non ha ancora vergato alcunché. E mi è dispiaciuto parecchio, perché mai come ora noi profani avremmo bisogno del punto di vista degli esperti.
Parlo di un esperto di indubbia caratura, di colui il quale ha scritto la voce “Intelligence” nella X Appendice della “Enciclopedia Italiana”, edita dall’Istituto Treccani. Colui che – leggo dalla sua biografia – presso l’Università della Calabria nel 2007 ha fondato il Master di II livello in Intelligence, su sollecitazione del Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga.
Comprenderai bene che il suo parere fornirebbe le dovute coordinate per capire di più su eventuali falle del sistema. Ma il professore, sempre molto attivo sui quotidiani, a quanto pare era preso su tutt’altri fronti: la politica.
No, almeno lui non si è fatto avviluppare dai tentacoli delle regionali emiliane, ma recentemente ha scritto un pezzo per Formiche sulle recenti presidenziali americane. Un pezzo che, sarò onesto, ho trovato un po’ troppo criptico per le mie meningi. Riporto qua alcuni stralci: “Una delle tecniche più interessanti dell’intelligence, che a mio parere è anche uno strumento pedagogico fondamentale, è la capacità di individuare i segnali sociali deboli, poiché quelli forti li percepiscono tutti e a volte portano da tutt’altra parte. Abbiamo ribadito che i segnali deboli non sono affatto sconosciuti, ma vengono comunemente sottovalutati”.
Chiaro, no? Quasi quanto Shakespeare…
Il professore poi continua: “L’effetto scotoma, invece, consiste in un fenomeno che altera la percezione visiva, facendo concentrare l’attenzione su alcuni aspetti a scapito di altri. Nel caso in questione, un segnale debole era evidentemente rappresentato dal sostegno aperto di Elon Musk e Jeff Bezos a favore di Donald Trump: oltre ad aver investito somme ingentissime, avevano promosso iniziative per aumentare il sostegno al candidato repubblicano”.
Per il professore, insomma – ammesso e non concesso io abbia compreso ciò che scrive – l’intera stampa americana (anzi, che dico: mondiale) sarebbe vittima di un abbaglio: tutti a guardare il dito, ovvero i milioni con cui Elon Musk ha finanziato la campagna elettorale di Donald Trump, anziché non so quale luna…
Mi chiedo poi come si possa identificare come “segnale debole” il sostegno di Musk per Trump, tra i finanziamenti, le lotterie, i continui post su X (che, ricordiamo, un algoritmo modificato ad hoc a favore dell’attuale proprietario dovrebbe indirizzare a tutti gli iscritti, donando a ogni suo intervento una eco senza pari). E come si possa parificarlo persino alla volontà di Bezos di non far schierare coi Democratici anche quest’anno il Washington Post?
Musk, obiettivamente, era nella mischia, tant’è che pare che a Hollywood le sue Tesla non vendano più granché tra gli ambientalisti che prima andavano con le Prius; mentre il secondo, evitando alla sua testata l’appello a favore della candidata data perdente, ha forse conservato qualche lettore in più (anche se ha registrato una certa emorragia di abbonati). E stop. Sfido infine chiunque a sostenere che il WP sposti masse tali che, in caso di endorsement, le urne avrebbero dato altri responsi. Dunque le condotte di Musk e Bezos in campagna elettorale hanno pesi molto differenti, almeno a mio avviso.
Ma sto divagando. So che detesti quando faccio così perché vorrai tornare a immergerti quanto prima nel tuo flusso di notizie. A ogni modo, al posto di questa analisi un po’ sghemba, avrei realmente preferito che il professore ci dicesse la sua su Equalize.
Spero che il suo silenzio non lo si debba al fatto che il prof. presiede la Società italiana di intelligence, che mi pare abbia anche fondato, e che premia il capo supremo dei Servizi… E non è finita qua, perché il prolifico Caligiuri – scriveva il Fatto Quotidiano lo scorso primo novembre nell’articolo “Cybersecurity, collocamento per parenti e amici: nell’agenzia più dirigenti che esperti di sicurezza” – sarebbe consulente remunerato dell’Acn, ovvero quella stessa Agenzia per la cybersicurezza nazionale che si sarebbe fatta fare il gol a porta vuota dalla banda di spioni milanesi mentre i suoi cyberesperti (nell’ipotesi migliore) guardavano da tutt’altra parte! Ma post dell’Acn assicurano che la medesima agenzia ha zero competenze a riguardo. Boh.
Ti metto anche il link di un sito che riporta l’articolo per intero per i tuoi lettori, se te ne volessi servire. Scriveva a inizio mese il quotidiano di Travaglio: “Spicca il caso di Mario Caligiuri, assunto dall’esterno con uno stipendio annuale di 370.000 euro”.
Forse si spiega l’imbarazzo a vergare qualsiasi cosa, a favore o – più probabilmente – contro l’Agenzia e i Servizi. Meglio pontificare, intelligentemente, di elezioni americane.
Un allibito (ma mai silenzioso),
Claudio Trezzano