Di seguito la quinta parte di un approfondimento di Teo Dalavecuras (la prima, la seconda, la terza e la quarta parte si possono leggere qui, qui, qui e qui)
Non è senza significato, forse, che sia proprio Politico, tradizionalmente vicino alla Commissione, a dare voce al fastidio e alla preoccupazione che nei confronti di questo “stile” unilaterale comincia a manifestarsi. E anche qualcosa di più. Emily O’Reilly, la Ombudsman europea, una sorta di “guardiano” delle altre istituzioni UE previsto dai Trattati, si prepara a lasciare il proprio ufficio dopo più di dieci anni di servizio, è meno diplomatica e in un podcast citato da Politico dice cose che in un mondo meno anormale di quello in cui abbiamo il privilegio di vivere alimenterebbero non il solito chiasso polemico di breve momento ma una seria iniziativa politica degli Stati membri.
Lasciami dare la parola a O’Reilly che, come vedrai, non le manda a dire: “La Ombudsman UE ha descritto una cultura potente non eletta e opaca al vertice della Commissione Europea, e ne attribuisce la colpa, senza perifrasi, alla sua presidente Ursula von der Leyen. Emily O’Reilly, che per oltre un decennio è stata a capo dell’organo di controllo dell’UE in materia di responsabilità e trasparenza delle istituzioni comunitarie, ha detto al podcast di Politico “EU Confidential” che nel tempo l’opacità della Commissione si è accentuata. O’Reilly, che in febbraio lascerà il posto, dice che negli 11 anni del suo mandato non ha mai incontrato von der Leyen, che non era “mai a proprio agio” con i “consiglieri” (in italiano anche nel testo inglese, ndr) che siedono nel gabinetto della presidente. “Consiglieri” puntualizza Politico, “in inglese è un termine che si usa comunemente per indicare i consulenti dei boss mafiosi”.
Ma nella testimonianza di O’Reilly ce n’è anche per il Parlamento Europeo. La “Mediatrice Europea”, che lascerà posto a febbraio alla neoeletta Teresa Anjinho, critica il Parlamento che non richiama la Commissione alle sue responsabilità e esorta il corpo legislativo a ricordarsi dei propri importanti poteri di controllo. “In diverse occasioni”, ha detto, “I membri del Parlamento Europeo mi hanno chiesto: in che modo potremmo chiamare la Commissione a rendere conto? Oppure, come possiamo riuscire a ottenere I documenti di cui abbiamo bisogno? O ancora, come facciamo a ottenere informazioni su questo, su quest’altro? Mentre li ascoltavo tra me e me pensavo: a me lo chiedono? Io sono l’0mbudsman, con ottanta persone, loro sono l’istituzione che ha la competenza di chiamare a rispondere la Commissione, sicchè se sono ridotti a chiedere a me come fare, temo che ci sia da preoccuparsi. Se il Parlamento si affeziona all’idea che non è in grado di esercitare come si deve la supervisione sulla Commissione, questa tendenza non potrà che consolidarsi”.
Che dici direttore? Occorre altro per esser autorizzati ad affermare che il Parlamento Europeo, dal punto di vista dei cittadini dei territori sui quali si esercita il potere di Ursula e della sua schiera di intelligentissimi mandarini, è pura finzione?
(5. segue: la prima, la seconda, la terza e la quarta parte si possono leggere qui, qui, qui e qui)