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repubblica centrafricana

Le 10 lezioni delle elezioni regionali in Francia

Il corsivo di Pietro Romano sul primo turno delle elezioni regionali in Francia

 

Si va verso una democrazia senza elettori? La domanda è più che legittima alla luce dell’assenteismo record registrato in Francia al primo turno delle elezioni regionali, domenica 20 giugno.

Il 66% per cento degli aventi diritto non è andato alle urne. Ed è questo il dato più eclatante della tornata più che l’arretramento del partito di Marine Le Pen, il Rassemblement National (RN), come emerge oggi dalle analisi a senso unico del “giornalista collettivo”.

Questa tornata, invece, permette molte osservazioni, utili non solo nel caso transalpino. Limitiamoci a dieci.

  1. L’assenteismo record è senz’altro un aspetto più che rilevante della domenica elettorale. Un dato che pone un problema di legittimità democratica agli eletti e che rischia di acuire la pericolosa dicotomia tra “Paese reale” e “Paese legale” che in Francia in passato ha fatto ben pochi danni. Come battere, allora, la sensazione di inutilità del voto? Per ora l’unica proposta pervenuta è tecnica: permettere il voto digitale…
  2. L’astensionismo record e soprattutto l’andamento di RN – nemmeno percepiti alla vigilia del voto – suonano come due clamorosi ceffoni in faccia ai sondaggisti. Una frattura tanto profonda non si era registrata finora nemmeno in Italia (dove pure i flop ai sondaggi non sono mancati negli anni) e va posta ormai come un autentico problema per la democrazia. Nessuno potrà mai calcolare quanto sondaggi così fallaci abbiano potuto incidere sul risultato reale.
  3. Più che il voto ai singoli partiti emerge la continuità amministrativa. Gli uscenti, tanto rappresentanti della destra istituzionale (gli ex gollisti di Les Républicans) quanto dell’intesa socialcomunista (i cinque presidenti socialisti uscenti fin dal primo turno sono stati appoggiati dagli alleati comunisti), sono in genere stati premiati dalle urne. Merito del loro riconosciuto buon governo? O, piuttosto, di un clientelismo ben gestito che ha trainato al voto le “truppe cammellate” di elettori grati ad amministratori e padrini? Nessuno può dirlo con certezza.
  4. Passando all’andamento dei partiti, senza dubbio il risultato in termini percentuali premia LR. In parte, il voto ha gratificato la continuità (e fino a prova contraria la competenza) amministrativa di personaggi rilevanti quali Valérie Pecresse nella regione di Parigi, Xavier Bertrand, Laurent Wauquiex. Ma ha inciso non poco anche la svolta a destra del partito che, dopo aver perso verso La République En Marche (LREM, il partito del presidente Emmanuel Macron) l’ala centrista e notabilare, in molti campi è irriconoscibile da RN. Non è un caso che, nonostante il capitale amministrativo a disposizione, LR abbia a sua volta “nazionalizzato” il voto. Esattamente come hanno fatto i lepenisti.
  5. Sicuramente il primo turno delle elezioni regionali ha sancito l’emarginazione elettorale di LREM. Dimostrando che i partiti veramente di plastica si sciolgono con facilità non solo in Italia (com’è capitato a Scelta Civica di Mario Monti, che aveva un personale politico alquanto limitato) ma anche in un Paese come la Francia dove a corroborare LREM è stata una parte cospicua della classe dirigente, a tutti i livelli.
  6. Alla magmatica sinistra francese il voto amministrativo ha fornito una nuova boccata di ossigeno, dopo quella delle elezioni municipali del 2020. Non solo. Domenica 20 giugno segna l’apparente risveglio del Parti Socialist, tornato primo partito della gauche grazie al suo “usato sicuro”. Nella Nouvelle Aquitaine il suo esponente Alain Rousset si appresta a diventare presidente regionale per la quinta volta consecutiva. Quanto incidano le clientele e quanto l’orientamento politico su questi risultati bisognerà verificare quando, e se, al voto non ci andranno solo i direttamente interessati. In democrazia, però, chi diserta le urne non decide alcunché e i conti si fanno con i voti validi.
  7. Forse è presto per dirlo, ma sembra emergere già la stanchezza per gli écolos di EELV, la novità delle elezioni municipali dello scorso anno, complice anche in quel caso un forte assenteismo. Più probabilmente il voto agli écolos è soprattutto un fenomeno metropolitano, limitato alle città principali. Quando l’elezione si espande al territorio rurale l’incidenza degli EELV, anche solo sulla sinistra, si diluisce in maniera significativa.
  8. Benché il voto amministrativo sia tendenzialmente portato a frammentare l’elettorato dalle urne emerge piuttosto un asciugamento del panorama politico nazionale. L’asticella del 10% dei voti validi per essere ammessi in autonomia al secondo turno non è stata superata da nessuna lista locale, perlomeno nella Francia Metropolitana. Non solo. I suffragi dei partiti nazionali minori (a destra, a centro, a sinistra), da Debout la France a La France Insoumise e Lutte Ouvriere si sono ulteriormente assottigliati
  9. Ancora una volta il risultato del voto amministrativo delude Marine Le Pen. Da un lato c’è l’incidenza sul partito della sua leader: quando si candida in prima persona traina anche RN, viceversa risulta quasi dappertutto impossibile anche solo paragonare le intenzioni di voto per lei e i risultati del partito. Forse Marine Le Pen lavorare più per la sua immagine che per il partito. Inoltre, in RN persiste un ineludibile problema di classe dirigente che rischia di metterne a repentaglio il ruolo nella politica francese.
  10. Al di là di quanto scaturirà dalle urne la prossima domenica 27 giugno, che in parte potrebbe modificare il risultato di sette giorni prima (dal quale sono scaturite le precedenti osservazioni), è evidente che questa tornata, a circa un anno dal voto presidenziale, è destinata ad avere conseguenze, perlomeno sulla preparazione alla corsa per l’Eliseo. Ma attenzione a non sopravvalutare il risultato del 20 giugno. Oggi sembra che il duello annunciato tra Macron e Le Pen (il bis del 2017) sia difficilmente replicabile. Ma sottostimare le loro personalità e, soprattutto, la presa che hanno sul popolo francese, a parere di chi scrive ben superiore a quella esercitata dai propri partiti, potrebbe essere un grave errore.

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