Mentre Giuseppe Conte riflette – si fa per dire – sulle prossime mosse, sfogliando la margherita della possibile crisi, il mondo politico italiano è già entrato in una fase di fibrillazione. Il pericolo è l’effetto domino. Se l’avvocato decidesse di togliere la spina, anche nella forma più soft dell’appoggio esterno, le altre forze politiche – non solo la Lega, ma lo stesso PD – non potrebbero rimanere indifferenti. Si rischia, in altre parole, di ripetere quanto accadde con il governo Monti, ad un passo dalle prossime elezioni. Allora chi sostenne il Governo, fino in fondo, pagò, anche ingenerosamente, un prezzo elettorale particolarmente elevato.
Ma come si concilia questa situazione con tutto il resto? Putin, almeno per ora, sta vincendo la sua battaglia politico – militare. Il Donbass, in Ucraina, è stato quasi tutto conquistato. Un immenso deserto, raso al suolo dall’artiglieria pesante delle truppe russe di occupazione che non hanno risparmiato alcunché : edifici, infrastrutture, fabbriche; ma soprattutto centinaia di uomini inermi, di donne e bambini. Il volto più truce di una guerra combattuta con gli schemi del ‘900, ma con la potenza di fuoco del Terzo millennio. Risultati catastrofici dal punto di vista umanitario. Incommensurabili i danni recati all’ambiente. Drammatiche le sofferenze inflitte ad un popolo che, nonostante tutto, continua a lottare e combattere per la propria terra.
Non meno importanti le conseguenze politiche, a partire dagli equilibri militari, che in Europa, con l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO, sono drasticamente cambiati. Una tensione che non si era vista nemmeno nei momenti più drammatici della “guerra fredda”. Durante i quali quei due Paesi avevano, comunque, scelto di giocare, fino in fondo, la carta della neutralità. Del resto le élite russe non fanno mistero – basti pensare a Medvedev – del loro odio nei confronti dell’Occidente. Odio motivato dalla loro incapacità di reggere la competizione di un mondo fin troppo globalizzato. Sebbene avessero a disposizione le grandi risorse energetiche, oggi utilizzate come political commodoty, proprio per abbattere il nemico. Per costringere l’Occidente a cedere le armi.
Un disegno cinico, quanto si vuole, ma destinato ad incidere sulla carne viva soprattutto dei cittadini europei. Gli americani hanno, invece, altri problemi. Per capirlo, basta non prendere sottogamba le dichiarazioni del ministro Cingolani: “i prezzi del gas aumenteranno, perché purtroppo il mercato del gas tende a speculare sulla mancanza”. E la Russia ha già deciso di fermare per manutenzione il gasdotto Nord Stream dall’11 al 21 luglio, con la motivazione di un guasto alle turbine, prodotte da Siemens ed ora bloccate a seguito delle sanzioni imposte per l’invasione dell’Ucraina. Perfidia pura: contro chi vorrebbe contrastare il disegno imperiale del nuovo Zar.
C’è quindi da aspettarsi che quell’inflazione, che in tutta Europa ha già superato la soglia dell’8 per cento, sia destinata a subire ulteriori rilanci. Un effetto pernicioso. Costringerà infatti la BCE a seguire la scia della FED americana, com’era già avvenuto agli inizi degli anni ‘80, sotto la regia del suo Presidente Paul Volcker. Allora le conseguenze per l’Italia, in termini di crescita del rapporto debito – Pil, furono drammatiche. Oggi sarebbero addirittura peggiori. Una mistura tra gli anni ‘80 e ‘70, con un’inflazione tendente verso le due cifre ed una caduta del Pil ugualmente consistente. In parole povere, l’insorgere nuovamente di quella stagflation, che si sperava sepolta sotto i cascami del “secolo breve”.
Di fronte ad una prospettiva così cupa, era lecito aspettarsi che le principali forze politiche italiane si misurassero con la sua drammaticità. Ed invece, a quanto pare, il malessere contiano è soprattutto motivato dal presunto giudizio negativo che il Presidente Draghi, in un colloquio privato con Beppe Grillo, avrebbe espresso nei suoi confronti. Circostanza per altro negata dai due protagonisti. Ma anche se fosse vera, di che tipo di gente stiamo discutendo? Sembra di assistere al gioco del telefono senza fili, che andava in voga nella povera Italia del dopoguerra. Si sussurra una cosa al proprio vicino. Che veniva poi ripetuta, seguendo lo stesso schema, per tutti i giocatori. Ed alla fine si misurava lo scarto tra le parole originali e quelle finali.
Ma è mai possibile che l’Elevato confidi ad un illustre professore universitario, nonché sociologo di punta, le proprie confidenze? E che quest’ultimo, invece di tenersele per sé, le spiattelli in un’intervista, prima ad un “Giorno da pecora” e poi, non contento, a Il Fatto quotidiano? Per poi aggiungere, in una successiva intervista a La Repubblica che “la riservatezza è un elemento fondamentale tra galantuomini.” Altro che Repubblica delle banane, qui siamo all’asilo infantile ed alla beota incoscienza, stante la situazione interna ed internazionale, appena descritta.
Comunque sia, si sperava che Giuseppe Conte fosse stato in grado, superando un pur legittimo risentimento, di offrire un contributo, in termini di analisi se non di proposte, in sintonia con la gravità della crisi. Ed invece, a quanto è dato da sapere, insisterà sul reddito di cittadinanza, nonostante i suoi vizi congeniti; sul provvedimento del 110 per cento, che ha drogato il mercato dell’edilizia, contribuendo ad inflazionare i costi relativi; sul salario minimo, misura condivisa dal PD; sul NO al termovalorizzatore previsto dal sindaco Gualtieri per Roma ed infine sul blocco dell’invio di armi all’Ucraina. Titoli (salvo quello delle armi) più che minimalisti, quanto meno controversi, comunque destinati a dar fuoco alla miccia della crisi. Ma anche riflesso di quella pochezza culturale, che poi è all’origine del suicidio politico dei 5 stelle.