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Ecco come la Turchia si gaserà nel Mediterraneo

La partita del Mediterraneo Orientale, l'aggressività della Turchia e il silenzio di Russia e Italia. L'approfondimento di Fabrizio Anselmo

L’AGGRESSIVITA’ TURCA

Ankara sconta una posizione di (forte) isolamento con riferimento al possibile sfruttamento delle ingenti risorse di gas scoperte nell’area nel corso dell’ultimo decennio. A schierarsi apertamente a fianco della Turchia oggi è solamente la Libia di Fayez Al-Serraj, con la quale nel novembre dello scorso anno Ankara ha firmato un accordo, ancora sulla carta, che prevede, tra l’altro, l’avvio di attività di esplorazione e perforazione nelle zone inquadrate dall’accordo sulla demarcazione dei confini marittimi con la Libia. Non sono mancate, poi, in passato alcune azioni aggressive e provocatorie nel Mediterraneo orientale: dal blocco della nave da perforazione italiana Saipem nel febbraio 2018 fino alle perforazioni nelle acque antistanti la costa settentrionale dell’isola di Cipro, che ha sollevato forti critiche da parti dell’Unione Europea, passando per la grande esercitazione navale militare svoltasi nell’area nel maggio 2019.

LA PARTITA DEL MEDITERRANEO ORIENTALE

Alla base di questa aggressività vi è la volontà del presidente turco Erdogan di giocare un ruolo di primo piano nella partita del gas nel Mediterraneo orientale. Ankara, infatti, anche grazie al possibile sfruttamento del gas estratto nell’area, mira a rafforzare la propria ambizione di diventare un vero e proprio “corridoio energetico” per il gas diretto verso il vecchio continente. Già oggi, attraverso il territorio turco, passano i tubi del Turk Stream, che, una volta completato, porterannoil gas russo in Europa così come quelli del Corridoio Meridionale del Gas, che collega l’Europa con i giacimenti dell’Azerbaijan. Per questo motivo Erdogan spera di riuscire a convogliare in Turchia almeno parte del gas presente nel Mediterraneo orientale, tanto da prevedere la possibile costruzione di un gasdotto  tra Turchia e Repubblica turca di Cipro settentrionale: una condotta lunga appena 80 km, con costi quindi largamente inferiori rispetto a Eastmed, il progetto sostenuto da Bruxelles. L’ambizione del presidente turco, però, sembra scontrarsi in questo momento proprio con il fatto che, ad inizio gennaio, Grecia, Israele e Cipro si sono incontrati ad Atene per siglare un accordo per l’avvio dei lavori di costruzione del nuovo gasdotto “europeo”.

NON SOLO EASTMED

Non c’è solo la possibile realizzazione di Eastmed ad agitare la Turchia. Il grande avversario nell’area è l’Egitto di Al Sisi, rivale di Erdogan anche nella guerra civile libica, dal momento che il presidente egiziano, a differenza di quello turco, sostiene il generale Haftar. Ad oggi, nella partita del Mediterraneo orientale, l’Egitto è sicuramente in vantaggio, soprattutto grazie alla possibilità di utilizzare gli impianti di liquefazione, presenti al largo delle proprie coste, di Idku e Damietta per trasportare il gas estratto. Ne è la dimostrazione l’avvio delle esportazioni israeliane di gas naturale verso l’Egitto in esecuzione del contratto per la vendita e il trasporto di 85,3 miliardi di metri cubi di gas nel corso di 15 anni firmato lo scorso anno tra i due paesi. A ciò si aggiunga, poi, che la Turchia (così come il Libano) è stata esclusa, a causa delle persistenti tensioni con Grecia e Cipro, dall’East Mediterranean Gas Forum (EMGF), un’organizzazione creata nel gennaio 2019 che ha lo scopo di facilitare la creazione di un mercato del gas regionale nel Mediterraneo orientale.

IL SILENZIO RUSSO (E QUELLO ITALIANO)

In questo contesto, il presidente russo Putin, oggi soprattutto impegnato a contrastare la diffusione della pandemia nel paese, evita di pronunciarsi. Seppure su posizioni diverse con riferimento alla situazione libica, dove Mosca sostiene, così come l’Egitto e gli Emirati Arabi (altro paese firmatario del comunicato dei giorni scorsi), il generale Haftar, Putin evita di scontrarsi con Ankara nella partita del gas. La Turchia, infatti, rappresenta un perno della strategia energetica russa, che mira a portare il gas in Europa aggirando il territorio ucraino, come dimostra la realizzazione del Turk Stream. Se poi la Turchia riuscisse in qualche modo, a causa delle tensioni presenti nella zona, a bloccare la realizzazione di Eastmed, il presidente russo Putin vedrebbe abortire sul nascere l’ennesimo tentativo europeo di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento energetico a scapito di quelle di Mosca.

Non stupisce, poi, il silenzio dell’Italia, che già nel recente passato non aveva firmato alcune dichiarazioni contro la Turchia. È infatti probabile (e forse auspicabile) che il nostro paese stia tenendo una posizione di “neutralità”, in quanto paese profondamente interessato a quell’area, cercando magari in futuro di porsi quale negoziatore o, almeno, facilitatore (qualora realizzato, Eastmed porterebbe, di fatto, il gas proprio in Italia). Ma, soprattutto, difficilmente il nostro paese avrebbe firmato un comunicato così duro proprio all’indomani del fondamentale apporto fornito dai servizi segreti turchi alla liberazione di Silvia Romano.

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