Abbiamo parole per vendere,/parole per comprare,/parole per fare parole./Andiamo a cercare insieme/le parole per pensare./Abbiamo parole per fingere, parole per ferire,/parole per fare il solletico./Andiamo a cercare insieme/le parole per amare./Abbiamo parole per piangere, parole per tacere,/parole per fare rumore./Andiamo a cercare insieme/le parole per parlare.
(Gianni Rodari)
Poco prima della sua morte (2017), Tullio De Mauro consegnava alla Commissione parlamentare “sui fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo” un Rapporto in cui il grande linguista censiva le “parole per ferire” circolanti in Italia. Se ne era occupato già alcuni decenni prima, in un capitolo dedicato all’educazione linguistica democratica, nel volume “L’Italia delle Italie” (Nuova Guaraldi, 1979).
Le parole per ferire appartengono alla categoria che va sotto il nome di “hate words”. Aaron Peckham, lo studente di informatica californiano che nel 1999 ha fondato il sito “Urban dictionary”, ne ha dato questa definizione: “Gli hate words, come implica l’aggettivo stesso, sono termini odiosi che provocano dolore perché sono dispregiativi per natura. Sono le parole peggiori che si possano usare, soprattutto se si appartiene a un gruppo che esercita il potere su un altro perché costituisce una minoranza o perché ha alle spalle una lunga storia di discriminazione (gli eterosessuali lo esercitano sugli omosessuali, i bianchi sulle minoranze razziali, gli uomini sulle donne, i cristiani sui fedeli di altre religioni, le persone cosiddette normali sulle persone con disabilità, e così via).
Elencare le parole dell’odio e dell’intolleranza è certamente istruttivo, ma a tratti può essere ripugnante. Per renderne meno sgradevole la lettura De Mauro ha posto all’inizio del suo catalogo l’allegra e filosofica filastrocca di Rodari. Di seguito, propongo al lettore le prime tre classi del suo censimento.
Termini che evocano stereotipi negativi
In gran parte sono di origine etnica: albionico, “britannico “perfido”; americanata, “grossolanità vistosa e superficiale”; ascaro, “seguace di basso rango”; baluba lomb., “persona rozza e incivile”; barbaro (una sorta di iperonimo generalissimo, ereditato dalle lingue classiche), “rozzo, incolto”, ma anche “feroce, crudele, efferato”; beduino, “incivile”; calmucco, “persona goffa o imbacuccata in modo ridicolo”; bulgaro, “che presenta caratteri di statalismo ottusamente burocratico e poliziesco”; cinese, “scritto, scrittura, discorso incomprensibile”; crucco, dal serbocroato kruh “pane”, nomignolo dato dai soldati italiani prima (1939) ai militari altoatesini e trentini, poi (1942) anche agli slavi meridionali, infine ai tedeschi; ebreo, “avido di guadagno”; guascone, “spaccone”; levantino “astuto”, mammalucco “sciocco” (nome di una milizia turca battuta da Napoleone); meteco, “straniero” nell’antica Grecia; meticcio, “nato da genitori di razza diversa”; mongoloide, “idiota, deficiente”; ostrogoto, “rozzo, incivile”; scozzese, “avaro”; spagnolesco, “borioso, sussiegoso”; turco “scritto, discorso incomprensibile”; watusso, “rozzo, incivile”; zingaro, “persona senza fissa dimora o dall’aspetto trasandato e sporco”; zulù,“rozzo, incivile”.
Termini che indicano professioni o attività socialmente disprezzate.
Accademia, “chiacchiere inutili e pretenziose”, accademico, “pomposo, verboso”, accademismo “inutile esibizione di erudizione”; ammazzasentenze, “giudice incline ad annullare giudizi di gradi inferiori”; avvocaticchio, leguleio, paglietta, parafanghista, “avvocato dedito a cause per incidenti stradali”; ayatollah, “fanatico”; barotto piem., “contadino”, anche agg., “rozzo”; beccaio, “carnefice”, “cattivo chirurgo”; beccamorto; biscazziere; bonzo, “monaco buddista” ma anche “persona, specie autorevole, che si comporta con eccessiva e ridicola solennità”; bottegaio; burosauro “alto burocrate”; cafone (originariamente e in dialetti meridionali “contadino”) con i derivati cafonaggine, cafonata, cafonesco, cafoneria; caporale “militare di minimo grado nella gerarchia militare capo di una piccola squadra di uomini”.
Ancora: persona prepotente, autoritaria”, come evidenziano i derivati caporalesco “prepotente, autoritario, (diffusosi dal 1914-1915 con l’inizio del conflitto mondiale),“persona prepotente, autoritaria” come evidenziano i derivati caporalesco “prepotente, autoritario, (diffusosi dal 1914-1915 con l’inizio del conflitto mondiale), caporalismo, (l’accezione è alla radice del celebre dilemma di Totò: “Siamo uomini o caporali”); carrettiere, “volgare, sgraziato” e anche “ignorante”; cattedratico, “che ostenta inutile erudizione”; cavadenti, “dentista di scarso valore”; cavasangue, “medico di scarso valore”; cerusico, “chirurgo di scarso valore”; conciaossa “chirurgo di scarso valore”; norcino, “chirurgo di cattiva qualità”; parrucchiere, “chiacchierone incolto”; pasdaran, “fanatico”; pecoraio, “ignorante” (stereotipo particolarmente falso: nell’Italia preunitaria, sepolta nell’analfabetismo, proprio i pecorai, spostandosi nelle transumanze e leggendo nelle soste a compagni ignoranti i “libri de pelliccia”, cioè i grandi poemi cavallereschi che portavano con sé nelle tasche delle pellicce, furono agenti di promozione di italianità linguistica); pellaio tosc., “violento, volgare”; pescivendolo; portinaia, “donna pettegola”; scannagalli, “chirurgo di nota incapacità”; segaossi, “chirurgo di scarso valore”, vastaso, “rozzo, volgare”.
Termini che servono a denigrare e insultare
Per diversità e disabilità fisiche: antropoide, abnorme, bamberottolo, brutto, cecato, crozza, deforme, gibboso, gobbo, handicappato, minorato, nanerottolo, omucolo tosc., pulcioso, orbo, racchio, scartina, scartellato nap. “gobbo”, sciancato, sgraziato, trucio tosc. , trucido rom. “rozzo, volgare, sporco”, zoppo.
Per diversità e disabilità psichiche, mentali, intellettuali: analfabeta; babbeo, babbaleo, babbalone, babbalucco; balordo; bambinesco; beota; bestia, anche “moralmente spregevole” con i derivati bestiaccia, bestiale, bestialità, imbestialito, bestione; cerebroleso; ciarlatano; ciula, “sciocco” di area settentrionale con il derivato ciulare; chiacchierone; coatto rom.; cottolengo, dal nome del benemerito ospedale intitolato a S. Giuseppe Cottolengo, usato come aggettivo e sostantivo comune per “scemo, stupido”; credulone; cretino, cretinismo, cretineria, cretinata, cretinaggine, cretinesco, rincretinirsi; deficiente; ebete; idiota, idiozia; ignorante; imbecille, imbecillità, imbecillaggine, rimbecillirsi; incapace; inetto anche in senso morale e intellettuale, inettitudine; inintelligente (parola cara a Benedetto Croce); insano; macrocefalo; mentecatto; microcefalo; puerile; ritardato; scemo, scemenza; sciocco; spaghettaro, “cialtrone inconcludente” (usato da Alberto Arbasino); stolido; stolto: stupido; subnormale; testone; tonto; umanoide.
Per difetti morali e comportamentali: abietto, col derivato abiezione, amorale, bacchettone “persona che ostenta l’adesione a pratiche religiose”, ma anche “moralista partcolarmente ottuso;
bigotto o bizzoco, “persona che ostenta l’adesione a pratiche religiose”, buffone, bugiardo, cialtrone, delinquente, disdicevole, disetico (usato da Carlo Emilio Gadda), disgraziato, “privo della grazia divina, moralmente turpe”, disonesto, dissoluto, elastico, falso, fannullone, farabutto, fetente, fetido con il derivato fetidume, gretto, imbroglione, immorale, impostore, incivile, indecente, indolente, ipocrita, lazzerone, lutulento, malandrino, maleducato, malvagio, mascalzone, mentitore, menzognero, neghittoso, osceno,omiciattolo, ominicchio, omuncolo, ozioso, pagliaccio, perdigiorno, perditempo, pigro, pinzochero “persona che ostenta l’adesione a pratiche religiose”, riprovevole, reprobo, malavitoso, malvissuto, scansafatiche, schiappa, sciagurato, scostumato, scioperato, sfaccendato, sfaticato, sozzo, sporcaccione, spregevole, squallido, tristo, truffatore, turlupinatore (da turlupinare “imbrogliare”, che viene da turlupino, “seguace di setta predicante la povertà evangelica e praticante dissolutezze”), turpe, vagabondo, voltagabbana, “chi cambia idea o partito seguendo bassi interessi privati”.