L’Università La Sapienza ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti della docente Donatella Di Cesare, ordinario di Filosofia Teoretica presso il Dipartimento di Filosofia della Sapienza Università di Roma e membro del Collegio di Dottorato, responsabile di un post, cancellato in tutta fretta, in cui ricordava con rammarico la comune battaglia combattuta con “compagna Luna”, la brigatista Barbara Balzerani recentemente scomparsa. “La dichiarazione resa pubblica e poi rimossa dalla professoressa Donatella Di Cesare è stata trasmessa già da ieri alla valutazione e al giudizio dei competenti organi di ateneo – fa sapere l’Ateneo -. Sulla base di quanto previsto dalla normativa che regola il funzionamento dell’università la Sapienza ha avviato un iter di cui è stato informato il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini”.
IL TWEET DELLA PROF. DI CESARE: IL COMMIATO A COMPAGNA LUNA (BARBARA BALZERANI)
La deflagrazione del clamore mediatico ha convinto la prof. Di Cesare a cancellare il tweet “incriminato”. Chi frequenta i social sa che una volta che si lascia un messaggio, che si condivide un contenuto, cancellarlo un attimo dopo è inutile. “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna #barbarabalzerani”. Questo il tweet cui sono seguite prima le polemiche e poi le spiegazioni della docente della Sapienza. “Ho rimosso il post temendo potesse essere frainteso, cosa che peraltro è avvenuta”, ha scritto Di Cesare.
CHI ERA BARBARA BALZERANI LA “COMPAGNA LUNA” DELL’AGGUATO DI VIA FANI RICORDATA DALLA PROF. DI CESARE
È bene ricordare che Barbara Balzerani era una terrorista, dirigente della colonna romana delle brigate rosse, collaborò all’agguato di via Fani (in cui morirono i cinque uomini della scorta di Aldo Moro, Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino) e rivendicò l’omicidio dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti. Era stata condannata a sei ergastoli ma dal 2011 era tornata in libertà, dopo aver scontato la sua pena. “Era in via Gradoli, era la compagna di Moretti, ha compiuto una serie di omicidi. Non era centrale, era centralissima. Il problema è un altro, che lei non si è mai pentita. Ha sempre rivendicato a sé e ai suoi amici l’intera vicenda del rapimento Moro – ha ricordato l’on. Gero Grassi, componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro -. Qualche tempo fa Balzarani ha addirittura chiesto che qualcuno la ospitasse all’estero per sottrarsi alle celebrazioni del quarantennale della morte di Aldo Moro. Fu completamene inopportuna. Un po’ come la professoressa Di Cesare che l’ha descritta come una persona da ricordare. Per cosa? Per i morti? Per il dolore che ha prodotto? Per le stragi che ha fatto? Credo che sia completamente sbagliato”.
LE SPIEGAZIONI DELLA PROF.SSA DI CESARE PER IL TWEET SU BALZERANI
Il post, in realtà, non lasciava molte zone d’ombra. “Ho ricordato la morte di Barbara Balzerani – ha detto la docente -, da cui sono sempre stata distante. In quel contesto ho accennato a quella trasformazione radicale a cui la mia generazione aspirava. Alcuni hanno scelto la lotta armata; io ho preso la strada del femminismo”. Dopo qualche giorno, e dopo i primi provvedimenti dell’ateneo i toni con cui la prof.ssa ha difeso il suo diritto a ricordare con affetto una brigatista condannata a sei ergastoli, sono un po’ cambiati. “Ho sempre condannato ogni forma di lotta politica violenta e l’ho fatto pur appartenendo io alla generazione degli anni Settanta, avendo vissuto in quel periodo – ha detto la prof.ssa Di Cesare in un’intervista a La Stampa -. Ho scritto molto su come in Italia si discute di quel periodo – o meglio non si discute. Non sono stati soltanto gli anni di piombo ma molto altro. Io, e come moltissimi altri e moltissime altre, ho scelto vie ben diverse dalle armi. La mia generazione guardava al futuro e pensava al cambiamento, a un mondo senza discriminazioni, senza guerre, senza ingiustizie sociali, e mi chiedo cosa sarebbe l’Italia di oggi senza le lotte di quegli anni. Io scelsi il femminismo, quegli anni non possono essere ridotti al terrorismo”.
E la libertà di insegnamento? L’autonomia dell’università? Contenuti della mia lezione ripresi da giornalisti presenti a mia insaputa dentro l’aula e riportati (con foto non autorizzate) su un quotidiano nazionale. pic.twitter.com/LMXK2p6bha
— Donatella Di Cesare (@DiDonadice) March 7, 2024
CHI È DONATELLA DI CESARE: LA PASSIONE PER LA FILOSOFIA TEDESCA
La prof.ssa Di Cesare ha dedicato il suo percorso accademico all’approfondimento della filosofia continentale: dall’ermeneutica alla decostruzione, da F. Nietzsche a M. Heidegger. Ha compiuto percorsi di studio all’Università di Tubinga e in quella di Heidelberg. In particolare, ha approfondito il tema della relazione e della responsabilità della filosofia nei confronti dello sterminio. A questi temi ha dedicato i testi “Se Auschwitz è nulla. Contro il negazionismo”, ed Il Melangolo e “Heidegger e gli ebrei. I “Quaderni neri”, ed Bollati Boringhieri. La prof.sssa Di Cesare si è occupata anche di altri temi come la sovranità (“Il complotto al potere, ed Einaudi), il terrore nell’età della globalizzazione (“Terrore e modernità”, Einaudi e “Terrorismo y guerra civil global, Gedisa) e gli interrogativi filosofico-politici sul tema dell’estraneità (“Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione”, Bollati Boringhieri).
IL RAPPORTO CON IL POTERE E LA STAMPA
La prof.ssa Di Cesare ha, negli anni, intessuto un buon rapporto di collaborazione con la stampa. Ha collaborato a diversi programmi televisivi di approfondimento culturale su Rai Cultura, ed è stata ospite di programmi di approfondimento politico su Rai 3 e La 7. Ha sostenuto, da posizioni pacifiste, il ritiro degli aiuti militari all’Ucraina e, durante la pandemia, si è esposta a favore del green pass. Dal 2016 al 2022 ha fatto parte del Consiglio scientifico del CIR – Centro Rifugiati Italiano e dal 2023 è membro della giuria del Tribunale Permanente dei Popoli.
LA DIFESA DEL FILOSOFO CACCIARI E LA TEORIA DELL’ALBUM DI FAMIGLIA DELLA SINISTRA
Se le parole della prof.ssa Di Cesare hanno sconcertato e generato numerose reazioni di sdegno (da Salvini a Foti, da Cuperlo a Rosy Bindi), a difendere le parole della professoressa della sapienza c’è il collega Massimo Cacciari. L’ex sindaco di Venezia tira fuori dal cassetto dei ricordi una vecchia teoria: quella dell’album di famiglia della sinistra di cui farebbero parte anche i brigatisti. “Che intendeva dire – anche se certo non lo ha espresso con chiarezza – si chiede il filosofo su La Stampa -? Esattamente ciò che allora, in quegli anni tragici che hanno segnato in negativo tutta la nostra storia fino a oggi, disse Rossana Rossanda: anche il terrorismo rosso, piaccia o no, nasce da un humus comune, da un confusissimo ma reale crogiuolo di lotte, speranze, illusioni che ha segnato gli anni tra i ’60 e i ’70. Anche il terrorismo, che ha agito potentemente nel disintegrare quelle speranze di riforma della scuola, delle istituzioni, della cultura tutta di questa nazione, nasceva dagli anni della contestazione, dal ’68 italiano e europeo. Non era necessario finisse così”.
UN LINGUAGGIO VECCHIO
Le parole della docente della Sapienza hanno scatenato una ridda di polemiche, politiche e non solo. Ironicamente, ricordano le parole di una canzone di “Amici del Vento”, un gruppo di musica alternativa di destra. “E fu una rabbia diventata violenza, fu troppa coerenza [..] Fu un amore deviato, un coraggio sbagliato [..] Ma la vostra rabbia è uguale alla mia in questa democrazia”. La canzone, dal titolo inequivocabile, “Nar”, è dedicata, senza citarli, a due terroristi di destra Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. Un linguaggio vecchio, fatto di distinguo, di prese di posizione ambigue, di fascinazioni pericolose.