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calenda renzi

Così i soldi hanno diviso (ma tengono ancora uniti) Renzi e Calenda

I soldi dividono Renzi e Calenda, i soldi tengono uniti i gruppi: circa 50mila euro a parlamentare all’anno, per 1,5 milioni di finanziamento pubblico

Tanto tuonò che piovve. E infatti nella giornata di ieri un video di Carlo Calenda sembra aver messo la parola ‘fine’ all’alleanza tra due dei più rumorosi esponenti della politica italiana: il leader di Azione, appunto e Matteo Renzi.

Tutto finito? Calenda è categorico, ma difficile dirlo, dato che già in passato se le diedero di santa ragione per poi sperimentare la via della fusione. «Il progetto del partito unico è definitivamente morto», la presa di posizione dell’ex numero 1 del Mise sotto Renzi.

 

I SOLDI ALLA BASE DEL DIVORZIO TRA RENZI E CALENDA?

Il motivo del redde rationem è da rintracciare in un’agenzia Ansa piombata l’altro ieri, all’ora di pranzo, esattamente 24 ore prima dello strappo di Calenda.  «L’unico problema dirimente oggi per la costruzione del partito unico dei liberal-democratici è che Renzi non vuole prendere l’impegno a sciogliere Italia Viva e a finanziare il nuovo soggetto e le campagne elettorali», le parole di un anonimo dirigente del partito di Calenda che ha definito «inaccettabili i tatticismi durati mesi» dell’ex premier.

 

«Matteo Renzi – sottolineava la fonte ad Ansa nel dialogo che fa deflagrare la nuova crisi tra i coinquilini – ha sostituito a sorpresa Rosato alla guida del partito, per controllarne direttamente i soldi e la struttura. In questo modo ha delegittimato anche il comitato politico della federazione del Terzo Polo dove oggi non siede nessun rappresentante di IV in grado di prendere impegni. Calenda ritiene inaccettabile questo atteggiamento in quanto contrario agli impegni presi con gli elettori».

Per concludere con un ultimatum indirizzato all’alleato toscano: «La pazienza del gruppo dirigente di Azione si è esaurita. In settimana si capirà se questo nodo si potrà sciogliere. Se così non sarà il partito unico non potrà nascere».

SOLDI SPESI PER “IL VOLTO DI CALENDA”

Immediata la replica del fronte opposto. Francesco Bonifazi rammentava: «Giova ricordare che Italia Viva ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del Terzo polo. La scelta di come destinare i soldi è stata presa dal senatore Calenda che ha optato nella stragrande maggioranza dei casi per affissioni recanti il suo volto e il suo nome. Italia Viva ha contribuito al momento per oltre un milione e 200mila euro. Quanto al futuro 2 per mille, andrà ovviamente alla struttura legittimata dal congresso democratico».

LA DENUNCIA DI CALENDA

Se ieri le accuse che tra Renzi e Calenda si fossero messi i soldi erano anonime, oggi è il leader di Azione a dirlo apertamente, in un vero e proprio sfogo raccolto da Repubblica. «I soldi c’entrano il giusto, perché se fai un partito nuovo lo devi finanziare, è logico. Invece lui voleva tenere in piedi Iv, fare la Leopolda nel 2024, proprio a ridosso delle Europee, mentre noi di Azione magari finanziavamo i suoi candidati. Ma così è una follia. La verità è che Renzi strutturalmente non può fare un passo di lato. Si è visto dopo il referendum. È fatto così».

Calenda inoltre sibila: «Credevo che si potesse fare il partito unico e ingenuamente che Renzi facesse un passo di lato, dato che guadagna 2 milioni in giro per il mondo». In effetti come ricordavamo ieri la situazione patrimoniale dei due è parecchio differente. L’ex premier, dai documenti depositati al Senato, relativi all’anno fiscale 2021, risulta uno degli eletti più ricchi con un reddito imponibile di 2,56 milioni di euro; Calenda, invece, coi suoi 63.990 nemmeno prova a competere (ci sarebbe da aggiungere il reddito da parlamento europeo percepito fino a ottobre 2022 che non è soggetto alla tassazione in Italia).

 

Da qui la richiesta all’ex alleato di sciogliere prima di fondere e non prima fondere e poi sciogliere i partiti: «Noi avevamo fissato clausole molto chiare: sciogliere Iv e Azione, condividere i soldi, una clausola anti-lobby, che non sarebbe valsa solo per lui, ma per tutti. Serve uno scrutinio etico». E subito, sempre via Twitter, Calenda dà il via alla nuova campagna per il tesseramento.

I SOLDI ULTIMO CORDONE TRA RENZI E CALENDA

Poi, però, sempre il leader di Azione aggiusta il tiro: «Andremo avanti con due partiti e, se ricomporremo il clima, ci alleeremo dove sarà possibile». Tant’è che, per quanto riguarda i gruppi parlamentari, la via dell’alleanza al momento resta la sola tracciata: «Certo c’è un problema di fiducia reciproca e su questo bisognerà lavorare perché comunque abbiamo dei gruppi parlamentari comuni».

Una separazione in casa che porterà a una coabitazione forzosa in Parlamento. Così come i soldi dividono Renzi e Calenda, i soldi tengono uniti i gruppi: circa 50mila euro a parlamentare all’anno. Alla Camera occorrono 15 esponenti per costituire un gruppo e su 21 deputati i renziani sono 9.

Al Senato i renziani sono 5, per costituire un gruppo ne servono 6, ma il ver ostacolo è che il simbolo Azione \ Italia viva è in comune e il regolamento di Palazzo Madama prevede che i gruppi siano cristallizzati a quelli delle liste elettorali. In tutto, il mai nato Terzo polo conta 30 onorevoli: 50mila euro a cranio e il conto è presto fatto: 1,5milioni di euro annui di finanziamento pubblico. L’ultimo cordone che ancora unisce i due. Col rischio che si riveli un cappio. Ma per chi?

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